In questi giorni, dopo l’approvazione alla Camera della nuova legge elettorale grazie al ricorso allo strumento della fiducia, da più parti si è acceso il dibattito sulle qualità e sui difetti del nuovo dispositivo.
Sul ricorso alla fiducia credo vi sia poco da aggiungere: l’ineffabile Renzi due giorni fa in un’intervista alla Repubblica ricordava il precedente di De Gasperi nel 1953 con la famosa legge truffa, omettendo però di citare il fatto che fu applicata solo al Senato dopo che la Camera aveva approvato la legge secondo la normale prassi, e che il Presidente del Senato, contrario alla decisione, dopo le votazioni si dimise.
Naturalmente il fenomeno toscano non ha citato il precedente del 1923 con Mussolini, chissà perchè, nè il fatto che egli stesso nel 2014 sosteneva la necessità che la legge elettorale fosse varata con modalità tali da garantire la pluralità delle opinioni da parte di tutte le forze politiche presenti in Parlamento (come ho ricordato in un precedente post).
Nè ricorda che nel 2013 la Giunta per il Regolamento della Camera definì una specifica procedura nella quale si proponeva esplicitamente di vietare di porre la fiducia sulle leggi elettorali: tra i relatori Gianclaudio Bressa, del PD, sottosegretario nei governi Renzi e Gentiloni, e tra i firmatari Luigi Zanda, capogruppo al Senato per il PD.
Quando si dice la coerenza…
Ma sperare nella sincerità di Renzi è assolutamente tempo sprecato, il personaggio è geneticamente impedito a dire la verità.
Tuttavia, è bene sapere come funziona il Rosatellum, con il quale andremo a votare la prossima primavera se passerà anche all’esame del Senato (io spero di no, ma certamente troveranno qualche stratagemma per ottenere i voti necessari, magari ricorrendo ancora una volta alla fiducia, non c’è due senza tre…).
La scheda elettorale prevede che si possa votare indifferentemente per il candidato al collegio uninominale, o per la lista collegata al partito per la quota proporzionale o solo per il partito, in ogni caso mi porto a casa l’intero pacchetto.
Non è possibile il voto disgiunto: quindi se voglio votare per un candidato che stimo ma non per il partito, cosa che accade ad esempio in Germania, non posso farlo, quindi devo accettare che il mio voto venga automaticamente associato alla lista e quindi vada attribuito anche a quei candidati prescelti dal partito e che magari non godono della mia fiducia.
Il risultato è che io voto per Caio, e quel voto se lo pappa pure Sempronio, Tizio e compagnia cantante, in barba alla mia volontà che non posso esprimere compiutamente.
E così il prossimo Parlamento sarà composto per il 63% o giù di lì di nominati, scelti dal capo partito e chiaramente a lui fedeli, perchè sennò niente elezione.
Facendo ancora una volta scempio dei reiterati pronunciamenti della Corte Costituzionale.
Quella che ho appena espresso non è la mia opinione, ma la semplice esposizione dei fatti, per quelli che sono e niente di più.
E invito tutti ad andare a leggere ciò che di questa legge pensano, tanto per citarne alcuni, Paolo Mieli, solitamente pacato e misurato ma stavolta piuttosto “su di giri” nel contestarla aspramente, Massimo Cacciari, il costituzionalista Gianluigi Pellegrino, e, dulcis in fundo, il Presidente Emerito della Corte Costituzionale Gustavo Zagrebelsky in un analitico articolo comparso ieri sulla Repubblica.
Non resta che farsi sentire firmando la petizione predisposta da Change.org, arrivata a quasi 150.000 firme, nella speranza che il Presidente Mattarella, ricordandosi di essere stato Giudice Costituzionale e in quanto tale di avere contribuito ad affossare il pessimo Porcellum, dica qualcosa su questa legge che ancora una volta ci priva della possibilità di esprimere liberamente il nostro voto ed esercitare compiutamente i nostri diritti, forse non è ancora troppo tardi…
Di seguito il link: