Sono nato a Taranto, e vi ho vissuto fino a quando sono entrato in Accademia Navale, all’età di 18 anni.
La vita militare mi ha portato in tanti posti, ma la mia città natale è sempre rimasta nel mio cuore e ancora oggi, che vivo a Roma, ci torno sempre volentieri: non si possono recidere le proprie radici, sono parte di noi stessi.
Taranto è una città bellissima, Dio le ha regalato una natura che è difficile trovare altrove, le sue bellezze sono state celebrate da Gabriele D’Annunzio «Taranto, sol per àncore ed ormeggi assicurar nel ben difeso specchio, di tanta fresca porpora rosseggi? A che, fra San Cataldo e il tuo più vecchio muro che sa Bisanzio ed Aragona, che sa Svevia ed Angiò, tendi l’orecchio? Non balena sul Mar Grande né tuona. Ma sul ferrato cardine il tuo Ponte gira, e del ferro il tuo Canal rintrona. Passan così le belle navi pronte, per entrar nella darsena sicura, volta la poppa al ionico orizzonte. »
Ma negli anni ’60 una improvvida decisione ne decretò il destino, quando si decise di mutarne la fisionomia insediandovi il più grande centro siderurgico d’Europa, l’Italsider, furbamente rifiutato da Bari che probabilmente capì quanto pericolosa fosse questa scelta.
Dopo cinquant’anni, quel mostro ha prodotto danni incalcolabili, minando drammaticamente la salute dei tarantini che sono costretti a dover sottostare al vile ricatto che li pone di fronte al dilemma: lavoro o salute?
Il caso Taranto è arrivato dopo decenni di colpevole silenzio a essere raccontato dai media, quasi con stupore e meraviglia: ma già vent’anni fa i dati dell’OMS denunciavano quale tragica situazione di crisi interessasse la città, ma le autorità locali e nazionali non se ne sono mai date per intese.
Oggi quel mostro, ceduto nel tempo prima alla famiglia Riva per un piatto di lenticchie e ora dal destino incerto, vive una profonda crisi e tante famiglie di onesti lavoratori vivono nel terrore di perdere il proprio posto, e i ripetuti interventi dei Governi nazionali non sono serviti a nulla, se non a definire velleitarie strategie per la bonifica degli impianti, dopo che la magistratura ne ha disposto più volte il sequestro per il disastro ambientale del quale sono responsabili.
Non voglio tirarla per le lunghe, ma porre solo qualche domanda:
- perchè nella gara per la vendita dell’ILVA alla cordata Arcelor Mittal-Marcegaglia non ha tenuto conto della proposta di Jindal, che proponeva la decarbonizzazione degli impianti per ridurre significativamente l’impatto inquinante?
- che fine hanno fatto i 50 milioni promessi dal governo Renzi alla sanità tarantina per l’assunzione di medici e infermieri? http://bari.repubblica.it/cronaca/2016/12/07/news/taranto_emendamento_cancellato_emiliano-153611959/
- è giusto che il Sindaco di Taranto debba ordinare la chiusura delle scuole nei cosiddetti wind days per evitare che i bambini respirino le polveri nocive trasportate dal vento? Bene ha fatto, intendiamoci, ma non è di un Paese civile una situazione del genere http://bari.repubblica.it/cronaca/2017/10/24/news/taranto_le_polveri_dell_ilva_portate_dal_vento_invadono_la_citta_il_sindaco_chiude_le_scuole_ai_tamburi-179230117/?ref=search
- quando inizieranno i lavori di bonifica, promessi mille volte e che non si vedono ancora? La gente di Taranto, e in particolare quella del rione Tamburi, non ha diritto a una vita normale, senza rintanarsi in casa per paura di respirare l’aria che la uccide?
Queste domande meritano una risposta e i tarantini ricordino di essere stati alleati di Sparta, quando la città era una delle meraviglie della Magna Grecia, e facciano sentire la propria voce perchè i politici smettano una volta per tutte di giocare con la loro pelle, e si attivino per restituire alla città un futuro migliore e giusto.