Legge di bilancio e campagna elettorale

Non vi è alcun dubbio che elaborare una legge di bilancio, o finanziaria che dir si voglia, in piena campagna elettorale non sia cosa facile, e che qualsiasi Governo si trovi in una simile situazione contingente, di destra o di sinistra, non troverebbe niente di meglio da fare che prodursi in spericolate promesse e mirabolanti dichiarazioni, cercando di acquisire meriti agli occhi dell’elettorato, alla disperata caccia di voti.

Ed è certamente il deprimente spettacolo al quale stiamo assistendo in questi giorni, con il Governo che sta varando la legge di bilancio 2018, tra una fiducia e l’altra com’è suo consolidato costume, infarcendola di improbabili bonus a destra e a manca che definire mancette non è certamente azzardato.

Ma quello che mi è capitato di sentire quest’oggi durante una trasmissione televisiva è veramente intollerabile, e dà il segno dello definitiva perdita di senso della realtà che ormai pervade la nostra inqualificabile classe politica, i cui rappresentanti davvero sembrano essere convinti della dabbenaggine che a a loro parere connoterebbe la cosiddetta gente comune.

Mi riferisco al contributo economico  riconosciuto a coloro i quali si trovano nella drammatica situazione di dover assistere un congiunto, o comunque un familiare, bisognoso di continua assistenza per motivi di salute: iniziativa senz’altro lodevole, già in atto in numerosi altri paesi Europei, volta a sostenere in maniera sostanziale quella parte di popolazione alle prese con fatti sulla cui drammaticità spesso siamo soliti glissare.

Ebbene, l’iniziativa rischia di diventare la solita presa in giro, il classico specchietto per le allodole, perchè il fondo che sarà istituito all’uopo sarà dotato per il 2018 di una cifra che consentirà di elargire ad ogni richiedente che sia in possesso dei requisiti previsti dalla legge della fantasmagorica cifra di 7 €!!!

Avete letto bene, 7 €, ovvero circa 60 centesimi al mese!!! Avreste dovuto vedere la faccia dell’onorevole Simona Malpezzi del PD, interpellata sull’argomento, mentre cercava di argomentare, devo ammettere con innegabile coraggio, che si tratta di una iniziativa nuova, che finora un simile fondo non esisteva, che negli anni a venire il fondo stesso è destinato a ricevere nuove risorse, e tante altre risibili considerazioni di analogo tenore.

“Ma mi faccia il piacere”, avrebbe detto Totò… non so come la pensiate, ma questi stanno superando ogni limite dell’umana decenza: quello che mi indigna non è la misura in sè, che come ribadisco trovo doverosa nella sua motivazione ancorchè assolutamente inconsistente nei fatti, giusto per usare un eufemismo, ma la protervia con la quale ci viene propogandata con squilli di tamburi e facce contrite, a dimostrare una commozione e un tormento interiore così dilaniante da indurre i nostri sensibilissimi politici a prendere l’iniziativa.

A loro mi rivolgo, a coloro i quali avranno l’ardire di presentarsi alle prossime elezioni per chiederci di votarli: ponete fine a questo tormento, basta con le bugie, altro che campagna di sensibilizzazione sulle fake news che Renzi sta portando avanti, dimenticando di esserne il monarca incontrastato!

Il predicatore e teologo statunitense James Freeman Clarke disse che “un politico guarda alle prossime elezioni, uno statista guarda alla prossima generazione. Un politico pensa al successo del proprio partito, uno statista a quello del proprio paese.”

Ora, pensare di attribuire a gente come Renzi, Berlusconi o Di Maio l’appellativo di statista è assolutamente improprio, ma è possibile che nessuno di questi senta la necessità, ogni tanto, mica sempre, di evitare di dare libero sfogo alla fantasia e promettere manovre economiche shock (Di Maio), 80 € a tutti senza distinzioni e bonus anche solo per respirare (Renzi), abolizione del bollo auto e flat tax (Berlusconi), senza mai dire dove prenderebbero i soldi in un Paese che cresce meno di ogni altro in  Europa, che non riesce ad assicurare un lavoro stabile ai giovani destinandoli a un futuro di povertà, che non è capace di porre in essere una seria lotta all’evasione fiscale che fa sì che in Italia le tasse le paghino sempre e soltanto i soliti fessi?

Niente da fare, vivono sulla luna, a distanza siderale dalla quotidianità di chi vive un’esistenza normale, fatta di sacrifici e di dignità, concetti a loro del tutto ignoti e sconosciuti.

Ricordiamoci di loro quando saremo nell’urna per votare, meritano che un segnale significativo venga dato loro perchè comprendano, se ne sono capaci, che prendere in giro la gente va bene finchè dura…

Populismo e fake news

Siamo ormai in piena campagna elettorale, e tra Leopolde e contro Leopolde, tutti i partiti cercano argomenti per cercare di attrarre quella larga parte dell’elettorato che non crede più in loro, e che da tempo si astiene al momento di votare.

Da una classe politica responsabile e cosciente delle reali difficoltà del Paese ci si aspetterebbe un franco e leale richiamo alla situazione oggettiva, con proposte serie e ragionevoli che spieghino nel merito la loro strategia: e invece assistiamo a una triste e inadeguata rincorsa all’annuncio roboante e privo di senso.

In particolare, c’è questa a mio parere sterile contesa per affibbiare a questo o a quel partito la patente di populista, che a parole tutti aborrono ma che a ben vedere andrebbe assegnata ex aequo quasi a tutti!

Intanto non mi è chiaro cosa voglia dire essere populista: forse accusare i partiti di non intervenire sui problemi veri e reali che attanagliano la gran parte della popolazione, quali l’economia che nonostante la supposta crescita della quale tuttavia tantissimi non si accorgono e continuano a vivere con stipendi e pensioni da fame?

O il fenomeno dell’immigrazione, che se non correttamente gestita provoca paura e timore, nonostante certamente non si possa parlare, numeri alla mano, di invasione ma che comunque è un problema che va studiato e per il quale devono essere individuate soluzioni serie che compatibilizzino il dovere dell’accoglienza con il diritto alla serenità e alla sicurezza di ciascuno di noi?

O la drammatica mancanza di lavoro, al di là delle trionfanti dichiarazioni a proposito delle proprietà taumaturgiche del famigerato jobs act, che una volta esaurita la spinta dopante degli sgravi alle imprese per le nuove assunzioni, ha visto l’aumento spropositato dei contratti a tempo determinato, avendo intanto privato i lavoratori di diritti faticosamente conquistati con le lotte sindacali che segnarono gli anni settanta?

Potrei continuare con tanti e tanti ulteriori esempi, ma il concetto è chiaro: se essere populisti significa denunciare quello che non  funziona al di là di ciò che i partiti propagandano per un miope bisogno di raccogliere proseliti che poi fatalmente non arrivano, ebbene, allora io sono un populista, ma credo di essere in buona compagnia, con buona pace dei benpensanti e dei radical chic che nei loro ovattati salotti televisivi si crogiolano al cospetto del ras politico di turno!!!

E nessuno venga a dirmi che Renzi, Berlusconi, Di Maio e il resto della compagnia non amino solleticare la pancia degli elettori con argomenti demagogici e scevri di ogni riferimento oggettivo: i primi populisti sono proprio loro!!!

Renzi poi alla Leopolda che si conclude oggi attacca sulle fake news, questa moda perversa che mira alla diffusione di notizie false e prive di qualsiasi fondamento atte a screditare l’avversario politico di turno.

Ha ragione, è un sistema barbaro, non si può cercare di ingannare la gente con informazioni false e tendenziose, è una pratica barbara e indegna di una classe dirigente degna di questo nome: ma che lo denunci Renzi è paradossale, perchè il personaggio non è certamente avvezzo a dire la verità, e quanto a bugie può tenere docenze sulla materia nei più prestigiosi atenei del mondo, non ha rivali.

Non credo vi siano sostanziali differenze tra bugie e fake news, sono due facce della stessa medaglia, sono entrambi maniere poco corrette per cercare di ingannare gli altri, con ogni probabilità vanamente perchè quelli che hanno l’anello al naso sono in numero minore di quanto i nostri ineffabili politici pensano.

Quelli di voi che hanno la pazienza di leggere quel che scrivo provino ad andare su un qualsiasi motore di ricerca e digitino “le bugie di Matteo Renzi”, troveranno decine e decine di siti nei quali vi sono vignette, trascrizioni e soprattutto filmati nei quali sono riportate le mirabolanti promesse e dichiarazioni di Renzi e le puntuali smentite dei fatti poi verificatisi.

Per risparmiarvi la fatica vi propongo un paio di video che ho trovato su Youtube

 

Sapete che non nutro particolare simpatia per Renzi, ma premesso che anche i suoi competitori non sono mostri di sincerità, quasi nessuno escluso, credo fermamente che l’esercizio della politica debbe essere connotato dalla sincerità e dalla coerenza, e che sia noi elettori che soprattutto i cosiddetti opinion makers dovrebbero provare a fare quello che gli inglesi chiamano fact checking, ovvero la puntuale verifica basata su dati di fatto oggettivi e riscontrabili di quato accade in relazione a quanto viene promesso in campagna elettorale, salvo poi fare il contrario una volta al Governo o comunque in Parlamento.

Qualcuno può aiutarmi a capire quali sono le vere proposte attuabili e sostenibili che i partiti stanno avanzando in vista delle prossime elezioni? Io ci sto provando ma non ne trovo traccia, e intanto la Commissione Europea ci avverte che i conti dell’Italia non sono in ordine, che la manovra fininziaria appena presentata piena zeppa di bonus non è nè chiara nè sufficiente, e che nella prossima primavera bisognerà definire un ritocco di almeno 3,5 – 4 miliardi di Euro, per evitare di attivare la clausola di salvaguardia con l’aumento dell aliquote IVA, e tutto questo mentre i nostri politici ci raccontano che la ripresa è pienamente in atto, che l’Italia riparte, non si sa per andare dove però, che l’occupazione aumenta (andatelo a raccontare ai giovani che non trovano lavoro neanche a morire), e via così.

Voterò per chi avrà il coraggio di essere sincero, e so bene che il mio potrebbe rivelarsi un auspicio vano e destinato a non realizzarsi, ma una campagna elettorale basata su promesse vaghe e che chiaramente saranno disattese è triste e non potrà sortire risultato diverso da un ulteriore allontanamento di larga parte dell’elettorato dalle urne a rimpolpare il primo partito italiano, quello dell’astensione.

 

 

 

 

“The big sick”

Ieri sono stato al cinema e ho visto “The big sick”, un piccolo film lontano dalle mega produzioni americane che mi ha consigliato mio figlio Andrea, un vero esperto della settima arte, una bella sorpresa che mi induce a scrivere per la prima volta di cinema in questo mio blog.

Interpretato da attori per niente conosciuti al grande pubblico, eccezion fatta per la sempre grande Holly Hunter, narra la storia vera dell’attore protagonista, che nel film interpreta sè stesso, un giovane pakistano trapiantato a Chicago con la sua famiglia, composta dalla rigida e austera madre, il padre un pò buffo e il fratello disincantato e ironico.

Il giovane protagonista, un attore pakistano di nome Kumail Nanjiani, autista di Uber, cerca di farsi strada come attore comico, e lotta tra la voglia di integrarsi nella moderna società americana e il rispetto delle tradizioni della terra d’origine, al quale lo richiamano con insistenza i familiari, tra i quali la madre in particolare cerca in tutti i modi di combinargli un matrimonio con una delle tante ragazze di origini pakistane della comunità di Chicago che invita ripetutamente a cena senza però che il figliolo ceda alle sue insistenze.

Fino a quando il ragazzo, durante una sua esibizione, conosce una giovane americana (l’attrice Zoe Kazan, nipote del leggendario regista Elia Kazan) della quale si innamora ricambiato, e inizia con lei una relazione che procede spedita fino a un episodio spiacevole dopo il quale i due si allontanano.

Poi all’improvviso il giovane viene avvertito che la ragazza si è gravemente ammalata e corre al suo capezzale per assisterla, senza che lei se ne avveda perchè i medici la pongono in coma indotto per curarla meglio, e lui ne convoca i genitori ignari della vicenda.

A questo punto, invece che indulgere a un facile registro drammatico e strappalacrime, il regista Michael Showalter sceglie una cifra ironica e divertente, pur senza trascurare la delicatezza dell’argomento, e in questa fase domina la figura della madre della ragazza, interpretata da Holly Hunter, che dopo un breve periodo di iniziale freddezza nei confronti del protagonista, comincia ad apprezzarne le qualità, assecondata in questo dal marito, personaggio stralunato e divertente, un efficace Ray Romano.

Non vado oltre nella descrizione della trama per non svelare la fine della storia: il film scorre sempre leggero e gradevolissimo, e come già detto la vicenda drammatica della grave malattia che colpisce la ragazza viene trattata con leggerezza e garbo, senza cadere nel melodrammatico, e particolarmente riuscita è la descrizione delle difficoltà che il protagonista deve affrontare per non allontanarsi dalla famiglia d’origine legata indissolubilmente al rispetto delle tradizioni pakistane (il matrimonio combinato, un lavoro rispettabile, il rispetto delle prescrizioni legate alla religione musulmana), senza però rinunciare alla irrefrenabile voglia di integrarsi nella società americana e di realizzare le proprie aspirazioni, fino all’amore che prova per la ragazza e al quale non vuole rinunciare.

Uno scontro di culture trattato con stile, cura e una cifra stilistica divertente e ironica, senza appesantirne i contenuti ma mai banalizzandoli.

A parte i due principali protagonisti, voglio ricordare la splendida prova d’attrice di Holly Hunter, a dimostrazione che la classe non è acqua, e del simpaticissimo padre del ragazzo, l’attore indiano Anupam Kher, che deve combattere tra la necessità di assecondare la tremenda moglie alla ricerca di una nuora  e l’affetto che prova per il figlio al quale mostra una facciata rigida e convenzionale, lasciando trasparire tuttavia una goliardia poco pakistana e indotta dall’amore paterno che prova per lui.

Un bel film, a dimostrazione della vitalità della cinematografia americana, quando non si abbandona alla ricerca dei blockbuster e ci concede invece piccole opere come questa, gradevoli, raffinate, ben interpretate da attori quasi tutti alle prime prove ma certamente all’altezza della situazione.

The big sick

 

 

Scalfari, l’oligarchia e la democrazia

Leggo la Repubblica fin dall’uscita del primo numero, nell’ormai lontano 1976. e di conseguenza conosco bene il pensiero politico di Eugenio Scalfari, fondatore e per lungo tempo direttore del giornale sul quale ancora oggi, a più di novant’anni di età, continua a scrivere interessanti editoriali.

Da tempo Scalfari ha ingaggiato una battaglia ideologica con Gustavo Zagrebelsky, suo amico e noto costituzionalista, su cosa sia meglio, al giorno d’oggi, quale forma dello Stato,  tra oligarchia e democrazia.

Zagrebelsky è dell’opinione che la migliore forma di Stato sia quella basata sulla democrazia, che affida al popolo sovrano le scelte strategiche, avvalendosi di strumenti che gli consentano di esprimersi liberamente, quali ad esempio il referendum.

Al contrario, Scalfari predilige il modello oligarchico, ovvero quello che affida a un gruppo selezionato di persone le scelte che determinano le norme per il vivere comune: ciò in quanto, a parere di Scalfari, non sempre il popolo ha la capacità di discernere tra ciò che è giusto e ciò che non lo è, perchè non è detto che tutti possiedano l’insieme delle informazioni e delle competenze sufficienti alla comprensione di problemi per loro natura complessi.

Come si vede, si tratta di due visioni diametralmente opposte, entrambe fondate su criteri logici e condivisibili, propugnati peraltro da personaggi sulla cui onestà intellettuale e competenza specifica non è certamente lecito dubitare.

La contesa iniziò durante la campagna elettorale per il referendum costituzionale del 4 dicembre dell’anno scorso, che vide Scalfari schierato per il sì e Zagrebelsky per il no: a scanso di equivoci, io sono stato convintamente per il no e ho votato appunto in quel senso.

Veniamo al dunque: sul numero della Repubblica di ieri Scalfari ha pubblicato un editoriale a margine della riunione della Direzione del PD tenutasi lunedì scorso, nel quale, commentando positivamente l’apertura che Renzi ha offerto alle forze alla sinistra del PD per un’alleanza elettorale, ha richiamato quanto accadde il 4 dicembre scorso, dimostrando con i fatti di non aver ancora metabolizzato la sonora sconfitta subita dal fronte del sì.

In particolare, ed è questo il motivo che mi ha indotto a scrivere queste righe, si domanda come abbiano potuto,  coloro i quali hanno votato no (per memoria, più di venti milioni di elettori…), non comprendere che quella riforma avrebbe dato all’Italia un sistema monocamerale, così come accade nelle più evolute democrazie europee, tale da consentire un processo di definizione delle leggi più veloce e incisivo.

Ebbene, senza che Scalfari se ne abbia a male, è bene che gli si ricordi che la riforma Renzi-Boschi non avrebbe assolutamente eliminato il Senato della Repubblica, ma ne avrebbe ridisegnata la composizione, affidandolo a Senatori non eletti dal popolo, tanto per cambiare,  ma designati dai partiti e scelti tra i Consiglieri Regionali, a doppio incarico.

E le leggi definite dalla Camera sarebbero comunque passate per il Senato così ridisegnato, il quale avrebbe avuto la facoltà di emendarle, rimandandole indietro per le modifiche, su una serie ampia di argomenti: altro che monocameralismo perfetto, con la vittoria del sì ci saremmo trovati in presenza di un bicameralismo “incasinato”, come d’altronde bene ci spiegarono i numerosissimi costituzionalisti schierati per il no, ai quali per fortuna il 60% dei votanti hanno dato ascolto, e io sono tra quelli che hanno votato no esaminando le questioni nel merito, leggendo e rileggendo la nuova Costituzione e decidendo intimamente che quella attuale rimane migliore e di gran lunga.

Insomma, un giornalista del calibro di Scalfari può decidere di assumere la posizione politica che preferisce, ci mancherebbe altro, ma proprio perchè accreditato di un’autorevolezza tale da poter in qualche misura determinare la scelte di chi lo legge e di influenzarne le opinioni,  deve in ogni occasione essere assoliutamente preciso e dire le cose per quelle che sono.

Che poi prediliga l’oligarchia alla democrazia è un suo libero convincimento e non c’è da discutere: io la penso come Zagrebelsky, anche perchè affidare le scelte all’attuale classe politica, formata da rappresentanti sulle cui capacità e preparazione ormai tutti dubitiamo, non mi pare opportuno, e allora meglio votare ed esprimere l’opinione con gli strumenti democratici che quasi sempre dimostrano che il popolo è meno ignorante di quanto certi intellettuali pensano, con malcelata spocchia e snobismo.

Dovere di un giornalista è presentare le cose che accadono e commentarle dicendo sempre e comunque la verità: rispettare la volontà popolare è un dovere, anche quando va contro le convinzioni personali di ciascuno, e non è corretto ergersi su di uno scranno e pontificare in nome di una supposta superiorità intellettuale.

“E’ stato detto che la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora”, come disse Winston Churchill, uno che la verità la diceva sempre, anche quando non era facile farlo.

 

La crisi della sinistra

Le elezioni siciliane si sono celebrate domenica scorsa e, come ormai è conclamato, sono state vinte dalla coalizione di centro-destra, rispettando le previsioni della vigilia.

I Cinque Stelle sono il primo partito ma non hanno conquistato la Presidenza della Regione, il che costituisce per loro un problema in vista delle politiche.

Il PD ha subito una cocente e pesante sconfitta, piazzandosi al terzo posto in questa competizione, e la sinistra extra PD non ha raggiunto quote sulle quali aveva fatto affidamento.

La crisi generale della sinistra italiana sembra aver imboccato una strada senza via d’uscita e io, che non ho mai votato nè il PCI nè le liste che da quel partito sono nate nel corso del tempo, credo che questo costituisca un vulnus per il sistema politico italiano.

Il nostro non è un Paese normale dal punto di vista del sistema politico: dopo Mani Pulite, negli anni ’90, i partiti tradizionali, che si fondavano sulle grandi famiglie europee della social democrazia, del comunismo, del cattolicesimo, del liberalismo ecc, ecc., furono spazzati via dalle inchieste e da allora abbiamo visto il proliferare di nuove liste basate per lo più sul personalismo dei rispettivi leaders, ma senza quel respiro tale da farne sicuro punto di riferimento per un elettorato frastornato e disorientato.

Fenomeno che si è verificato anche in altri Paesi ma che in Italia è diventato dominante e che sembra non cessare: a ciò si aggiunga la tremenda difficoltà a concretizzare un rinnovamento della classe politica dal punto di vista soprattutto qualitativo.

Intendo dire cioè che il rinnovamento al quale assistiamo è solo anagrafico, ma sulla qualità e sulla preparazione dei nuovi politici italiani è facile fare ironia, alla quale mi sottraggo ma oggettivamente costoro non brillano per capacità e competenza, tanto da indurre ad avere quasi nostalgia dei politici della vituperata prima Repubblica.

In questo desolante panorama la sinistra italiana, che tanto ha contribuito alla costruzione della democrazia del nostro Paese e all’affermazione di diritti irrinunciabili nel mondo del lavoro e del vivere sociale, sembra aver abdicato al proprio ruolo per dedicarsi ad attività sterili, autoreferenziali tali da far segnare una marcata distanza tra sè stessa e l’elettorato di riferimento.

E il risultato è la lunga serie di sconfitte accumulate negli ultimi tre anni, dopo l’ubriacatura del 40,8 % conseguito nelle Europee del 2014, sulle ali dell’entusiasmo per l’avvento sulla scena di Renzi ma ormai svanito come neve al sole, alla luce dei non mirabolanti risultati ottenuti dai Governi dei quali il PD costituisce da tempo il perno.

Martedì sera Renzi è stato intervistato nella trasmissione de LA7, e neanche tanto incalzato dai giornalisti che, pur ponendogli domande pertinenti, al suo cospetto sembrano agire sempre di fioretto e mai di spada, come sarebbe opportuno, ha fornito una visione della realtà distorta e ancora una volta auto acclamatoria, quasi che quanto ormai sistematicamente accade nelle urne ad ogni tornata elettorale non lo riguardasse e senza fare alcuna autocritica, non sia mai!

E’ talmente paradossale questo atteggiamento che ieri, sulla Repubblica, Massimo Cacciari è arrivato a dubitare della salute mentale del personaggio, riferendosi alla sua convinzione che il 40% delle Europee e quello conseguito al Referendum di un anno fa, rovinosamente perduto, siano tutta roba sua e facilmente raggiungibile in occasione delle prossime politiche.

La verità è che la gente, dopo aver pensato che Renzi e e le sue truppe potessero finalmente rappresentare una ventata d’aria nuova e pura nell’asfittico panorama politico italiano, una volta vistolo all’opera, con iniziative che con  le tradizioni e i valori della sinistra poco o nulla hanno a che fare, non sembrano avere più voglia di concedergli una fiducia che probabilmente egli ha tradito.

La legge del Job Acts sul lavoro (perchè poi questo malvezzo di adoperare termini inglesi per leggi italiane…) e la conseguente abolizione dell’art. 18,  la cosiddetta buona scuola, l’eccessiva vicinanza ai poteri forti, l’opaca questione delle banche e i vantaggi ad esse concessi, l’inchiesta CONSIP, e chi più ne ha più ne metta, e infine la lunghissima sequela di promesse fatte e non mantenute e l’altrettanto infinita serie di giravolte in campo nazionale ed europeo, hanno svelato l’equivoco: ma il problema non è la sorte politica di Renzi, della quale personalmente non mi interessa, ma il fatto che la sinistra che smarrisce il proprio ruolo fa sì che al sistema politico italiano viene negata la possibilità di uno sviluppo organico e convincente che si basi sulla contrapposizione di proposte programmatiche alternative, nelle quali sia  possibile distinguere chiaramente tra le forze in campo.

E così ci ritroviamo a dove scegliere tra un centro destra il cui deus ex machina è ancora l’immarcescibile Berlusconi, nonostante le condanne e tutto ciò che sappiamo su di lui, un Movimento Cinque Stelle sulla cui consistenza è opportuno nutrire dubbi, visti i risultati fin qui ottenuti laddove governa, un PD tutto incentrato sulla figura del proprio leader il cui unico interesse è quello di tornare a Palazzo Chigi alla spasmodica ricerca di un potere perduto, costi quel che costi, e che definire di sinistra è un ossimoro, e la galassia dei partiti a sinistra del PD che stentano a trovare una visione unitaria e che rischiano di rappresentare una posizione di testimonianza senza alcuna vera prospettiva di governo.

E’ una visione qualunquista la mia? Può darsi, ma oggettivamente il quadro è questo, e a pochi mesi dalle elezioni politiche non si vede all’orizzonte una reale prospettiva di cambiamento, alla quale affidare le sorti del Paese in una fase storica nella quale occorre una politica seria e rigorosa per evitare che le tempeste che già si presentarono nel 2011 possano tornare, con effetti che rischiano di essere devastanti con conseguenze sulla vita di tutti noi.

 

 

 

Liason dangereuse

Avevo in animo di scrivere il mio prossimo post domani, a risultati della consultazione elettorale in Sicilia conclamati, ma una notizia diramata stamattina mi ha indotto a farlo già oggi.

Ieri, presso una sede pubblica, quella del Consiglio Regionale della Toscana, il privato cittadino Matteo Renzi (ad oggi non riveste alcuna carica pubblica nè elettiva, se non quella di Segretario del PD) ha incontrato a porte chiuse il Presidente della Commissione Parlamentare d’inchiesta sulla banche, il Senatore Pierferdinando Casini, a porte chiuse.

Ora è bene ricordare che nel corso della prossima settimana proseguiranno le audizioni della Commissione per fare chiarezza su quanto è accaduto negli ultimi anni sulla questione delle banche, che evidentemente tanto a cuore stanno a Renzi che probabilmente ha visto cominciare il proprio declino, dopo un periodo durante il quale sembrava avere acquisito agli occhi della pubblica opinione meriti poi improvvisamente evaporati, esattamente quando le faccende del Monte dei Paschi di Siena e quindi di Banca Etruria hanno cominciato a emergere in tutta la loro gravità.

Renzi e le bancheCredo che questo incontro, giustificato dagli interessati come a margine di un evento durante il quale si presentava un libro su Giorgio La Pira, sia stato inopportuno e assolitamente improprio in questo particolare momento: la Commissione d’inchiesta sulle banche, insediata recentemente dopo tentennamenti durati più di un anno e mezzo, deve fare luce su vicende torbide e sulle quali è in atto una guerra per niente simulata tra il sistema politico e la Banca d’Italia, i cui esiti rischiano di nuocere all’immagine e alla credibilità dell’Italia, con riflessi negativi sulla tenuta complessiva del nostro sistema economico.

E i politici, i quali nessuno escluso, di tutte le parti in gioco, destra, sinistra e 5 Stelle, possono chiamarsi fuori nel gioco dello scarico delle responsabilità su quanto è avvenuto, devono tenersi lontani dal mondo delle banche, dopo averlo frequentato e blandito da sempre: ricordiamo tutti Fassino e  il suo “abbiamo una banca?”. pronunciato al telefono a Giovanni Consorte, allora Amministratore Delegato di Unipol.

E lo stesso Renzi, che prima a Porta a Porta suggerisce a tutti gli italiani di acquistare azioni del Monte dei Paschi di Siena definendolo “un ottimo affare”, perchè a suo dire trattavasi di una banca pienamente risanata e solida: mai dichiarazione fu più improvvida, dato che quelle azioni si svalutarono clamorosamente dopo pochi mesi, danneggiando chi aveva seguito il suo consiglio, tanto da costringere il suo stesso governo a intervenire, peraltro con colpevole ritardo per non turbare l’atmosfera intorno al referendum costituzionale dello scorso 4 dicembre.

Per tacere infine del caso Banca Etruria, nel quale è pesantemente coinvolto Pierluigi Boschi, a suo tempo Vice Presidente dell’Istituto e padre del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Maria Elena Boschi, della quale stiamo ancora aspettando l’annunciata querela nei confronti di Ferruccio de Bortoli, che in un suo libro riferì di una telefonata tra la stessa Boschi, all’epoca Ministro, e l’AD di Unicredit per sollecitarne l’intervento per l’acquisizione di Banca Etruria. A dire della Boschi, si trattava di una notizia falsa, ma sì è guardata bene da presentare la minacciata querela, e francamente non avevo dubbi in merito.

Tornando all’incontro di ieri tra Renzi e Casini, e partendo dal fatto che a guardare le prime pagine di quasi tutti i quotidiani più diffusi la notizia pare non interessare nessuno (il che la dice lunga sul livello di obiettività e indipendenza degli stessi), personalmente credo che sia l’ennesima dimostrazione della protervia e del delirio di onnipotenza dei  nostri politici, i quali sembrano essere convinti della loro impunità, e della loro altrettanto imperdonabile assenza di qualsiasi pudore e senso delle istituzioni.

Se da un lato si può osservare che un Senatore della Repubblica e il Segretario di un Partito possano incontrarsi tutte le volte che vogliono per discutere di quello che gli pare, è certo che farlo in questo momento, nel pieno dei lavori di una Commissione Parlamentare chiamata a fare luce su oscure vicende che hanno visto peraltro la rovina di migliaia di onesti risparmiatori, gabbati da funzionari e dirigenti bancari fraudolenti, è almeno inopportuno, intempestivo e tale da indurre a pensare che argomento vero dell’incontro possano essere stati i lavori stessi della Commissione.

Difficile pensare che abbiano invece discusso della odierna giornata di campionato di calcio, non abbiamo l’anello al naso…

Speriamo che al momento del voto, la prossima primavera, gli elettori abbiano buona memoria e dimostrino a questi personaggi che la cosa pubblica non appartiene a loro, ma che sono chiamati ad amministrarla “con disciplina e onore” (Costituzione docet)…

E speriamo anche che i giornali più importanti ricordino che il loro dovere è quello di informare i lettori su ciò che accade e che ha rilevanza pubblica, e non di portare acqua al mulino del potente di turno, in attesa di saltare appena possibile sul carro del nuovo vincitore…

 

Le elezioni siciliane

Domenica prossima si vota in Sicilia per eleggere  il nuovo Presidente della Regione che succederà a Rosario Crocetta, eletto per il PD, che non ha ripresentatato la propria candidatura.

Elezioni Sicilia      E’ una tornata elettorale di estrema importanza, per almeno due motivi:

  • sono chiamati alle urne quasi quattro milioni e mezzo di elettori, un numero sufficientemente grande perchè si possa conferire all’evento una valenza di grande rilievo
  • sarà l’occasione per valutare la tenuta delle  coalizioni che si proporranno agli elettori, in vista delle elezioni politiche nazionali che si celebreranno nella prossima primavera e che saranno gestite con la nuova legge elettorale, quel famigerato e pessimo Rosatellum che proprio oggi il Presidente della Repubblica ha promulgato e sul quale mi sono già espresso, con toni certamente negativi e sui quali tuttavia non  tornerò.

In questa sede piuttosto vorrei esprimere una mia opinione sulle forze che si fronteggeranno domenica prossima, cominciando dal PD, partito che attualmente vanta la maggioranza relativa in Parlamento.

Il Segretario del PD, Matteo Renzi, ha più volte dichiarato che queste elezioni hanno valenza puramente locale e che in alcun modo avranno riflessi sulla sua leadership, quale che sia il risultato che sortirà dalle urne, alle quali si presenta alleato con AP di Alfano, il quale dopo circa un migliaio di giravolte ha deciso di coalizzarsi con il PD.

Evidentemente il nostro sente puzza di bruciato, visti i sondaggi ai quali è particolarmente sensibile: a differenza dei leader degli altri schieramenti, si è fatto vivo in Sicilia per un’ora (cronometrata, non per modo di dire), senza tenere neanche un comizio e lasciando di fatto in balia di sè stesso il malcapitato Micari, presentato al momento di ratificarne la candidatura quale “prossimo Presidente della Regione” dallo stesso ineffabile Renzi.

Il quale, dopo aver conseguito il famoso e clamoroso 40 % alle ultime elezioni europee, ha poi perso tutte le tornate successive, amministrative, regionali  e non: ricordiamo  Torino, Roma, Livorno, la stessa Arezzo, feudo della Boschi, Monfalcone e Genova (storiche città di sinistra), la regione Liguria, e chi più ne ha più ne metta, senza parlare poi dello schiaffone del 4 dicembre scorso, con la sonora bocciatura della riforma costituzionale presentata a referendum.

Dovesse fallire anche in Sicilia, come tutti i sondaggi sembrano prefigurare, sarà difficile negare che il distacco tra il PD e il suo elettorato rischia di diventare irreversibile, e chissà che i suoi avversari interni non tornino a far sentire la propria voce per invocare un cambio strategico senza del quale il PD di vedrà definitivamente mutata la propria fisionomia.

E questo è un problema perchè l’Italia ha bisogno di una forza effettivamente di sinistra per programmi e ideali, ciò che questo PD certamente non è più.

Poi il centrodestra: Forza Italia, Lega Nord e Fratelli d’Italia sembrano aver trovato un accordo per appoggiare il candidato Musmeci, già sconfitto la volta precedente da Crocetta, e fin qui tutto sembra andare in ordine, ma a ben vedere le cose non vanno proprio come sembra.

La coalizione sembra più un mero cartello elettorale, con una somma aritmetica di voti, che non una effettiva unione di intenti e di programmi, stanti le profonde differenze che i tre partiti presentano in termini di idee e prospettive. A ciò si aggiunga una desolante sensazione di deja vù, con Berlusconi che ricomincia con le vecchie stantie promesse (ha rispolverato financo il mitico Ponte sullo Stretto, del quale francamente non se ne può più…), meno tasse per tutti, dentiere gratis per gli anziani, via il bollo auto, insomma nastro riavvolto e via così.

Salvini invece, da parte sua, dimentico di aver detto le peggiori cose sul Sud pelandrone e ladro dei soldi del Nord, ora si scopre fervente meridionalista e parte alla conquista delle lande assolate e placide del Mezzogiorno d’Italia.

E tra i due la povera Meloni che cerca di ritagliarsi uno spazio per affermare le proprie convinzioni, con una coerenza che gli altri due probabilmente non possono vantare ma la cui forza elettorale non è certamente sufficiente per condizionare i suoi alleati.

Certo l’occasione è propizia per il centro destra per valutare la tenuta dell’accordo, che probabilmente sarà riproposto per le politiche della prossima primavera.

Ed ecco il Movimento Cinque Stelle, che corre da solo, avendo come è noto la fissa del non allearsi con nessuno. Il suo candidato Cancelleri sta conducendo una campagna elettorale estremamente aggressiva e grintosa, e potrà sfruttare probabilmente l’onda lunga della delusione di tanti elettori incerti e che intendono punire i partiti “tradizionali”.

Che dire dei Cinque Stelle, se non tutto e il suo contrario. Là dove governa i risultati sono francamente poco qualificanti: io vivo a Roma, e della Raggi penso che sia una persona onesta ma oggettivamemnte inadeguata al ruolo che ha assunto con una buona dose di inconsapevolezza, con il risultato che la città, Capitale della Nazione, è praticamente non governata.

Non citerò gli altri casi, basta leggere i giornali per farsi un’idea, ma certo la prospettiva di un governo 5 Stelle in Sicilia è abbastanza inquietante,  e sullo sfondo ci sono le elezioni politiche del 2018, nelle quali il Movimento potrebbe sfruttare l’onda lunga di un’eventuale affermazione nella tornata di domenica: insomma, un Governo Di Maio mi spaventa quasi quanto un nuovo Governo Renzi, tra i due non saprei francamente chi scegliere…

Infine, la galassia a sinistra del PD, tra MDP di Bersani e D’Alema, SI di Fratoianni  e del redivivo Vendola, CP dell’amletico Pisapia e il Movimento Libertà e Giustizia della Falcone e di Montanari, che personalmente sto seguendo con interesse ma del quale non è ancora chiaro se e in quale forma si presenteranno alle elezioni, e mi riferisco in questo caso alle politiche della prossima primavera.

Questo insieme di forze sottrarranno probabilmente suffragi al PD ma non avranno la possibilità di portare alla vittoria Claudio Fava, forse il migliore tra i candidati, e questo costituirà un  forte segnale in vista delle elezioni per eleggere il prossimo Parlamento.

In conclusione, domenica le elezioni siciliane ci diranno qualcosa sullo stato di salute delle forze politiche in campo, le quali tutte però dovranno prendere atto del fatto ormai conclamato che l’elettorato è lontano dai loro giochi di potere e dalle loro beghe.

E se il partito dell’astensionismo si rivelerà essere il più corposo tra tutti, i partiti non abbiano a lamentarsene ma facciano un sincero esame di coscienza: la gente non si lascia più ingannare da falsi tour in treno, da millanterie e promesse da non mantenere, da slogan inneggianti all’onestà, come se fosse una virtù e non un dovere.