Domenica prossima si vota in Sicilia per eleggere il nuovo Presidente della Regione che succederà a Rosario Crocetta, eletto per il PD, che non ha ripresentatato la propria candidatura.
E’ una tornata elettorale di estrema importanza, per almeno due motivi:
- sono chiamati alle urne quasi quattro milioni e mezzo di elettori, un numero sufficientemente grande perchè si possa conferire all’evento una valenza di grande rilievo
- sarà l’occasione per valutare la tenuta delle coalizioni che si proporranno agli elettori, in vista delle elezioni politiche nazionali che si celebreranno nella prossima primavera e che saranno gestite con la nuova legge elettorale, quel famigerato e pessimo Rosatellum che proprio oggi il Presidente della Repubblica ha promulgato e sul quale mi sono già espresso, con toni certamente negativi e sui quali tuttavia non tornerò.
In questa sede piuttosto vorrei esprimere una mia opinione sulle forze che si fronteggeranno domenica prossima, cominciando dal PD, partito che attualmente vanta la maggioranza relativa in Parlamento.
Il Segretario del PD, Matteo Renzi, ha più volte dichiarato che queste elezioni hanno valenza puramente locale e che in alcun modo avranno riflessi sulla sua leadership, quale che sia il risultato che sortirà dalle urne, alle quali si presenta alleato con AP di Alfano, il quale dopo circa un migliaio di giravolte ha deciso di coalizzarsi con il PD.
Evidentemente il nostro sente puzza di bruciato, visti i sondaggi ai quali è particolarmente sensibile: a differenza dei leader degli altri schieramenti, si è fatto vivo in Sicilia per un’ora (cronometrata, non per modo di dire), senza tenere neanche un comizio e lasciando di fatto in balia di sè stesso il malcapitato Micari, presentato al momento di ratificarne la candidatura quale “prossimo Presidente della Regione” dallo stesso ineffabile Renzi.
Il quale, dopo aver conseguito il famoso e clamoroso 40 % alle ultime elezioni europee, ha poi perso tutte le tornate successive, amministrative, regionali e non: ricordiamo Torino, Roma, Livorno, la stessa Arezzo, feudo della Boschi, Monfalcone e Genova (storiche città di sinistra), la regione Liguria, e chi più ne ha più ne metta, senza parlare poi dello schiaffone del 4 dicembre scorso, con la sonora bocciatura della riforma costituzionale presentata a referendum.
Dovesse fallire anche in Sicilia, come tutti i sondaggi sembrano prefigurare, sarà difficile negare che il distacco tra il PD e il suo elettorato rischia di diventare irreversibile, e chissà che i suoi avversari interni non tornino a far sentire la propria voce per invocare un cambio strategico senza del quale il PD di vedrà definitivamente mutata la propria fisionomia.
E questo è un problema perchè l’Italia ha bisogno di una forza effettivamente di sinistra per programmi e ideali, ciò che questo PD certamente non è più.
Poi il centrodestra: Forza Italia, Lega Nord e Fratelli d’Italia sembrano aver trovato un accordo per appoggiare il candidato Musmeci, già sconfitto la volta precedente da Crocetta, e fin qui tutto sembra andare in ordine, ma a ben vedere le cose non vanno proprio come sembra.
La coalizione sembra più un mero cartello elettorale, con una somma aritmetica di voti, che non una effettiva unione di intenti e di programmi, stanti le profonde differenze che i tre partiti presentano in termini di idee e prospettive. A ciò si aggiunga una desolante sensazione di deja vù, con Berlusconi che ricomincia con le vecchie stantie promesse (ha rispolverato financo il mitico Ponte sullo Stretto, del quale francamente non se ne può più…), meno tasse per tutti, dentiere gratis per gli anziani, via il bollo auto, insomma nastro riavvolto e via così.
Salvini invece, da parte sua, dimentico di aver detto le peggiori cose sul Sud pelandrone e ladro dei soldi del Nord, ora si scopre fervente meridionalista e parte alla conquista delle lande assolate e placide del Mezzogiorno d’Italia.
E tra i due la povera Meloni che cerca di ritagliarsi uno spazio per affermare le proprie convinzioni, con una coerenza che gli altri due probabilmente non possono vantare ma la cui forza elettorale non è certamente sufficiente per condizionare i suoi alleati.
Certo l’occasione è propizia per il centro destra per valutare la tenuta dell’accordo, che probabilmente sarà riproposto per le politiche della prossima primavera.
Ed ecco il Movimento Cinque Stelle, che corre da solo, avendo come è noto la fissa del non allearsi con nessuno. Il suo candidato Cancelleri sta conducendo una campagna elettorale estremamente aggressiva e grintosa, e potrà sfruttare probabilmente l’onda lunga della delusione di tanti elettori incerti e che intendono punire i partiti “tradizionali”.
Che dire dei Cinque Stelle, se non tutto e il suo contrario. Là dove governa i risultati sono francamente poco qualificanti: io vivo a Roma, e della Raggi penso che sia una persona onesta ma oggettivamemnte inadeguata al ruolo che ha assunto con una buona dose di inconsapevolezza, con il risultato che la città, Capitale della Nazione, è praticamente non governata.
Non citerò gli altri casi, basta leggere i giornali per farsi un’idea, ma certo la prospettiva di un governo 5 Stelle in Sicilia è abbastanza inquietante, e sullo sfondo ci sono le elezioni politiche del 2018, nelle quali il Movimento potrebbe sfruttare l’onda lunga di un’eventuale affermazione nella tornata di domenica: insomma, un Governo Di Maio mi spaventa quasi quanto un nuovo Governo Renzi, tra i due non saprei francamente chi scegliere…
Infine, la galassia a sinistra del PD, tra MDP di Bersani e D’Alema, SI di Fratoianni e del redivivo Vendola, CP dell’amletico Pisapia e il Movimento Libertà e Giustizia della Falcone e di Montanari, che personalmente sto seguendo con interesse ma del quale non è ancora chiaro se e in quale forma si presenteranno alle elezioni, e mi riferisco in questo caso alle politiche della prossima primavera.
Questo insieme di forze sottrarranno probabilmente suffragi al PD ma non avranno la possibilità di portare alla vittoria Claudio Fava, forse il migliore tra i candidati, e questo costituirà un forte segnale in vista delle elezioni per eleggere il prossimo Parlamento.
In conclusione, domenica le elezioni siciliane ci diranno qualcosa sullo stato di salute delle forze politiche in campo, le quali tutte però dovranno prendere atto del fatto ormai conclamato che l’elettorato è lontano dai loro giochi di potere e dalle loro beghe.
E se il partito dell’astensionismo si rivelerà essere il più corposo tra tutti, i partiti non abbiano a lamentarsene ma facciano un sincero esame di coscienza: la gente non si lascia più ingannare da falsi tour in treno, da millanterie e promesse da non mantenere, da slogan inneggianti all’onestà, come se fosse una virtù e non un dovere.