Leggo la Repubblica fin dall’uscita del primo numero, nell’ormai lontano 1976. e di conseguenza conosco bene il pensiero politico di Eugenio Scalfari, fondatore e per lungo tempo direttore del giornale sul quale ancora oggi, a più di novant’anni di età, continua a scrivere interessanti editoriali.
Da tempo Scalfari ha ingaggiato una battaglia ideologica con Gustavo Zagrebelsky, suo amico e noto costituzionalista, su cosa sia meglio, al giorno d’oggi, quale forma dello Stato, tra oligarchia e democrazia.
Zagrebelsky è dell’opinione che la migliore forma di Stato sia quella basata sulla democrazia, che affida al popolo sovrano le scelte strategiche, avvalendosi di strumenti che gli consentano di esprimersi liberamente, quali ad esempio il referendum.
Al contrario, Scalfari predilige il modello oligarchico, ovvero quello che affida a un gruppo selezionato di persone le scelte che determinano le norme per il vivere comune: ciò in quanto, a parere di Scalfari, non sempre il popolo ha la capacità di discernere tra ciò che è giusto e ciò che non lo è, perchè non è detto che tutti possiedano l’insieme delle informazioni e delle competenze sufficienti alla comprensione di problemi per loro natura complessi.
Come si vede, si tratta di due visioni diametralmente opposte, entrambe fondate su criteri logici e condivisibili, propugnati peraltro da personaggi sulla cui onestà intellettuale e competenza specifica non è certamente lecito dubitare.
La contesa iniziò durante la campagna elettorale per il referendum costituzionale del 4 dicembre dell’anno scorso, che vide Scalfari schierato per il sì e Zagrebelsky per il no: a scanso di equivoci, io sono stato convintamente per il no e ho votato appunto in quel senso.
Veniamo al dunque: sul numero della Repubblica di ieri Scalfari ha pubblicato un editoriale a margine della riunione della Direzione del PD tenutasi lunedì scorso, nel quale, commentando positivamente l’apertura che Renzi ha offerto alle forze alla sinistra del PD per un’alleanza elettorale, ha richiamato quanto accadde il 4 dicembre scorso, dimostrando con i fatti di non aver ancora metabolizzato la sonora sconfitta subita dal fronte del sì.
In particolare, ed è questo il motivo che mi ha indotto a scrivere queste righe, si domanda come abbiano potuto, coloro i quali hanno votato no (per memoria, più di venti milioni di elettori…), non comprendere che quella riforma avrebbe dato all’Italia un sistema monocamerale, così come accade nelle più evolute democrazie europee, tale da consentire un processo di definizione delle leggi più veloce e incisivo.
Ebbene, senza che Scalfari se ne abbia a male, è bene che gli si ricordi che la riforma Renzi-Boschi non avrebbe assolutamente eliminato il Senato della Repubblica, ma ne avrebbe ridisegnata la composizione, affidandolo a Senatori non eletti dal popolo, tanto per cambiare, ma designati dai partiti e scelti tra i Consiglieri Regionali, a doppio incarico.
E le leggi definite dalla Camera sarebbero comunque passate per il Senato così ridisegnato, il quale avrebbe avuto la facoltà di emendarle, rimandandole indietro per le modifiche, su una serie ampia di argomenti: altro che monocameralismo perfetto, con la vittoria del sì ci saremmo trovati in presenza di un bicameralismo “incasinato”, come d’altronde bene ci spiegarono i numerosissimi costituzionalisti schierati per il no, ai quali per fortuna il 60% dei votanti hanno dato ascolto, e io sono tra quelli che hanno votato no esaminando le questioni nel merito, leggendo e rileggendo la nuova Costituzione e decidendo intimamente che quella attuale rimane migliore e di gran lunga.
Insomma, un giornalista del calibro di Scalfari può decidere di assumere la posizione politica che preferisce, ci mancherebbe altro, ma proprio perchè accreditato di un’autorevolezza tale da poter in qualche misura determinare la scelte di chi lo legge e di influenzarne le opinioni, deve in ogni occasione essere assoliutamente preciso e dire le cose per quelle che sono.
Che poi prediliga l’oligarchia alla democrazia è un suo libero convincimento e non c’è da discutere: io la penso come Zagrebelsky, anche perchè affidare le scelte all’attuale classe politica, formata da rappresentanti sulle cui capacità e preparazione ormai tutti dubitiamo, non mi pare opportuno, e allora meglio votare ed esprimere l’opinione con gli strumenti democratici che quasi sempre dimostrano che il popolo è meno ignorante di quanto certi intellettuali pensano, con malcelata spocchia e snobismo.
Dovere di un giornalista è presentare le cose che accadono e commentarle dicendo sempre e comunque la verità: rispettare la volontà popolare è un dovere, anche quando va contro le convinzioni personali di ciascuno, e non è corretto ergersi su di uno scranno e pontificare in nome di una supposta superiorità intellettuale.
“E’ stato detto che la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora”, come disse Winston Churchill, uno che la verità la diceva sempre, anche quando non era facile farlo.