Meglio una buona tazza di caffè…

Gentile Signor Riccardo Illy,

titolare della famosa omonima azienda produttrice di caffè (del quale sono assiduo consumatore), già Presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, ex Sindaco di Trieste e deputato dell’Ulivo dal 2001 al 2003, ho avuto modo di leggere la sua intervista pubblicata oggi su “La Repubblica”, e mi sono risolto a scrivere questa sorta di lettera aperta, a commento delle sue dichiarazioni.

Lei sostiene che la democrazia italiana si trova dinnanzi alla sua ultima possibilità, chiamata a scegliere tra una “deriva autoritaria turca” e il pericolo che il potere esecutivo e quello legislativo vengano esercitati da quello giudiziario.

Immagino che questa sua drammatica considerazione tragga origine dall’esito della recente consultazione elettorale, nella quale il PD, al quale lei fa riferimento, ha subito la più cocente sconfitta della sua storia, e lei stesso, candidato come indipendente per quello stesso partito, non è riuscito a essere eletto. Immagino che la sua previsione a tinte più che fosche sia conseguente al successo ottenuto del M5S e della Lega, che evidentemente reputa forze pericolose e sovversive.

Nella sua analisi, e ciò mi stupisce riconoscendole doti di equilibrio e pacatezza, lei sostiene che meglio sarebbe, per le sorti della Nazione, altrimenti destinata all'”isolamento e alla bancarotta”, una prorogatio dell’attuale salvifico Governo Gentiloni, per gestire non solo l’ordinaria amministrazione (come peraltro già accade, secondo prassi e procedura), ma additìrittura per fare quelle che definisce “riforme non  più rinviabili”.

E ne elenca tre: “cambiare la Costituzione per abolire il bicameralismo perfetto, una nuova legge elettorale per cui la governabilità prevalga sulla rappresentatività e alcune riforme economiche che rafforzino la crescita”, per poi tornare al voto.

Ed è da queste sue affermazioni che nasce il mio disappunto: non prima di averle rammentato che abbiamo votato solo sei giorni fa, e che l’esito è quello che ho richiamato qualche riga fa, vorrei proporle le seguenti tre riflessioni:

  • il 4 dicembre del 2016 si tenne il famoso referendum sulla riforma costituzionale proposta dal Governo dell’epoca, avente per oggetto la modifica di ben 47 articoli  (spero di ricordare correttamente il numero) della Costituzione vigente, e che quasi venti milioni di elettori lo bocciarono sonoramente, per adoperare un eufemismo. Ora lei auspica che un Governo privo della necessaria legittimazione popolare, giacchè composto da forze politiche uscite clamorosamente e nettamente sconfitte dalle elezioni, appronti una nuova riforma, in barba a quanto la gente ha sancito quel 4 dicembre di sedici mesi fa: a parte questo, mi dica di grazia, quali sono i partiti che nel nuovo Parlamento appoggerebbero questa nuova riforma, dal momento che quelli che ora hanno la maggioranza dei seggi erano tutti schierati sul fronte del no? Il suo auspicio mi sembra essere irrispettoso del più banale principio della democrazia, e cioè che i risultati delle consultazioni libere e partecipate vanno rispettati, anche quando non ci piacciono
  • auspica anche una legge elettorale nella quale la governabilità prevalga sulla rappresentatività. Guardi che il Governo Renzi ci ha già provato, con l’orripilante Italicum, quello che tutti i paesi europei avrebbero finito per copiare, tanto per dire quanto era straordinario e risolutore di ogni problema. Peccato che sia stato smontato pezzo per pezzo dalla Corte Costituzionale, e sa perchè? Perchè, tra le altre nefandezze in esso contenute, uno dei capisaldi era proprio quello di rendere possibile il ballottaggio alle due forze politiche che avessero ottenuto i migliori risultati, quale che fosse la percentuale, e quindi la vittoria finale a quella che nel ballottaggio avesse prevalso, con un premio di maggioranza spropositato. Una meccanismo in confronto al quale la legge Acerbo del 1923, passata alla storia come legge truffa, era un esempio di equità… per non parlare dell’attuale ridicolo Rosatellum, frutto del Governo Gentiloni, approvata grazie a ben otto fiducie, e che ci ha consegnato l’attuale situazione e che, molto probabilmente, farà la stessa fine dell’Italicum, quando tra non molto la Corte Costuituzionale inizierà l’esame dei numerosi ricorsi presentati. Insomma, lei vorrebbe che il Governo Gentiloni, fotocopia del Governo Renzi, mettesse mano attraverso i suoi insigni esperti di ingegneria parlamentare e costituzionale, che tanta buona prova delle loro capacità hanno già dato, alla terza legge elettorale nel giro di tre anni, caso unico al mondo, credo. E i voti per approvarla chi li garantisce? Che dire, che ci provino, ma ancora una volta lei mostra di non tenere in alcun conto il risultato delle elezioni.
  • quanto al terzo suo auspicio, cioè riforme economiche che vadano nella direzione della crescita, mi trova d’accordo, e ci mancherebbe altro, ma vale sempre la medesima considerazione di base: chi le fa queste riforme, quelli che hanno perso le elezioni?

Insomma, la questione è semplice: Mark Twain sosteneva che se le elezioni contassero davvero qualcosa, non ci consentirebbero di votare. Forse il grande scrittore aveva ragione, ma io, pur essendo profondamente convinto della necessità di rispettare tutte le opinioni, anche quelle rispetto alle quali nutro il più convinto dissenso, su una cosa non riesco a fare finta di niente.

E’ il principio alla base di ogni democrazia degna di questo nome, ovvero che le decisioni che la maggioranza assume attraverso l’espressione del libero voto devono essere sempre e comunque rispettate, e soprattutto quando non ci convincono.

In questi ultimi mesi osservo invece con disappunto misto a dispiacere che la cosiddetta classe dirigente del Paese, alla quale lei senz’altro merita di appartenere per la sua storia e per quello che ha saputo realizzare come imprenditore, stenta a riconoscersi in questo basilare principio, convinta com’è di detenere l’unica verità, e che i risultati elettorali, quando avversi a quest’ultima, siano uno spiacevole contrattempo del quale tenere sì conto, ma fino a un certo punto, quasi ad affermare una supremazia dell’oligarchia sulla democrazia.

Beh, non è così, faremmo tutti buona cosa a rileggere il primo articolo della Costituzione Italiana, che mi permetto di riportare integralmente: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.

Poche parole, ma tonanti, forti e da scolpire nella memoria di ciascuno di noi: quindi Gentiloni, al quale va un sentito grazie per la proficua attività fin qui svolta, si ritiri in buon ordine, le compagini politiche trovino la soluzione ai problemi che ci attanagliano e formino un nuovo Governo, vedrà che alla fine lo faranno, i nostri eroici parlamentari non ci stanno a tornare a casa per nuove elezioni, e agiranno di conseguenza, con buona pace di tutti, e non tema, gentile Sig. Illy, l’Italia non corre alcun rischio di derive autoritarie e non finirà come la Turchia, la nostra bistrattata Patria ha anticorpi solidi e resistenti.

E io continuerò a sorbirmi i suoi eccellenti caffè, ai quali non credo di poter rinunciare, da buon  italiano di fronte a un caffè come si deve non so resistere..

Cordialmente

 

 

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