Da tempo gli editoriali di Eugenio Scalfari, e la linea assunta da La Repubblica, mi hanno indotto a non comprare più quel quotidiano, del quale sono stato lettore fin ndal suo primo numero, nei lontani anni ’70: ciò che mi ha portato a questa decisione è stato, in particolare, l’atteggiamento di rifiuto del responso elettorale del 4 marzo ultimo scorso, e la sgradevole sufficienza e spocchia con la quale il giornale ha analizzato il voto, dando a intendere che l’espressione della volontà popolare sia stata un errore.
Ieri però ho comprato la Repubblica, solo perchè la domenica viene distribuito un inserto, molto interessante, sulle novità letterarie, argomento che mi interessa particolarmente: mal me ne incolse, perchè il solito Scalfari, nel suo tradizionale editoriale, mi ha fatto venire l’orticaria con delle considerazioni, a mio avviso farneticanti, sul fenomeno del quale tutti parlano, ovvero il populismo, mostrando ancora una volta di nutrire una sua convinzione che reputo del tutto strumentale e avulsa dalla realtà dei nostri tempi.
Come sa chi ha la pazienza di frequentare questo blog, non sono un elettore nè del M5S, nè della Lega, ma ho un rispetto sacrale della espressione della volontà popolare, fedele al dettato della nostra Costituzione, e leggere le argomentazioni di chi invece, dall’alto della sua presunta superiorità morale e intellettuale, è solito giudicare improvvide le decisioni democraticamente assunte dai votanti, quando non collimano perfettamente con le loro convinzioni, mi indigna.
E Scalfari, tra costoro, è senz’altro un capofila, cadendo peraltro in palesi ed evidenti contraddizioni: ieri ha esordito nel suo editoriale esaminando il fenomeno del populismo, in Europa ma naturalmente soffermandosi sulla situazione italiana, attribuendolo tout court alla destra, e quel che è più grave e offensivo, scrivendo testualmente “il populismo non è il popolo che rivendica la sua libertà e il suo sovranismo, ma una plebe totalmente priva di cultura politica, di valori e di ideologie”.
E per non sbagliare, ha definito Di Maio e Salvini come due dittatori, ai quali ha poi aggiunto, bontà sua, anche Renzi, ma in posizione più defilata e sfumata: dimenticando che egli stesso, solo poche settimane fa, scriveva e diceva che Di Maio avrebbe dovuto assumere la funzione di capo di una nuova sinistra, fondendo tra loro M5S e PD, così da poter formare un governo con i numeri necessari e sufficienti per operare efficacemente.
Ora, sento la necessità di fare due precisazioni, che derivano da quello che penso sull’argomento:
- la prima è che credo che il populismo non sia nè di destra nè di sinistra, ma che sia un fenomeno che nasce dalla disuguaglianza tra le classi sociali, che negli ultimi decenni ha arricchito quelle più abbienti, e impoverito quelle maggiormente bisognose, frutto di una politica che ha strizzato l’occhio ai cosiddetti poteri forti, ignorando le istanze dei ceti medi impoverendoli progressivamente. Scalfari, e tutti quelli che ne condividono le idee oligarchiche e spocchiose, possono attribuire al populismo la richiesta di maggiore attenzione ai diritti dei lavoratori, drasticamente abbattuti da leggi come il jobs act, la domanda di maggiore sicurezza e tutela dell’ordine e della legge, la voglia di equità, per sanare situazioni quali quelle dei comuni lavoratori che dovranno andare in pensione a 70 anni percependo magatri 1000€ al mese, dopo aver versato contributi per più di 40 anni, quando un parlamentare a 65 anni, avendo fatto una una sola legislatura (4 anni, 6 mesi e 1 giorno), prenderà più di 1200€ al mese? Se i cosiddetti intellettuali credono che la gente possa essere catalogata come populista solo perchè ha gli occhi per vedere, e un cervello per giudicare, allora vuol dire che la distanza che li separa dal sentire comune è tale da impedire loro di guardare con oggettività la realtà di chi vive la vita giorno per giorno, e ciò certamente non dà loro il diritto di pontificare dai salotti che sono soliti frequentare, quelli nei quali sorseggiano prosecco e ingurgitano tartine, con gli occhi foderati di prosciutto.
- quanto poi al sillogismo populismo=destra, e quindi totale mancanza di cultura politica, valori e ideologie, faccio delle considerazioni di carattere personale, cosa che normalmente mi ripugna. Io mi ritengo un uomo di destra, e nonostante quello che pensa Scalfari, leggo libri e quotidiani, mi informo, studio, approfondisco gli argomenti dei quali poi disserto, e cerco di ragionare con la mia testa, e quindi non mi ritrovo in quella categoria descritta con tanta presunzione e sicumera dal prestigioso giornalista. E credo che come me nella destra italiana vi siano chissà quanti milioni di persone, certo non tutti ignoranti e zotici, come crede Scalfari. Al quale sommessamente ricordo che di destra sono stati grandi italiani come Cavour, Arturo Michelini, Malagodi, Benedetto Croce, D’Annunzio, Tomasi di Lampedusa, Carlo Emilio Gadda, Piero Chiara, Eugenio Montale, Marinetti, Landolfi, Pirandello, Silone, Vittorini, e tantissimi altri connazionali che hanno dato lustro al nostro Paese. Erano privi di cultura politica e di valori anche costoro? Scenda dal piedistallo il grande giornalista, e cerchi di essere un pò più equo e obiettivo.
Qualche considerazione poi sulla crisi politica in atto, e sull’azione del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, al quale va certamente riconosciuto il merito di avere assunto un ruolo di guida, in una situazione della quale ancora si stenta a vedere una sicura via d’uscita.
Personalmente sono dell’idea che Mattarella stia tenendo un atteggiamento assolutamente conforme e adeguato alla sua alta funzione, ma qualcosa non mi convince fino in fondo, ovvero:
- in un intervento ha ricordato che Einaudi, da Presidente della Repubblica, attribuì a Pella l’incarico di formare un Governo nel 1953, ignorando le indicazioni della DC, primo partito dopo le elezioni. E’ vero, ma Mattarella ha dimenticato di aggiungere che Einaudi fece questa mossa solo dopo aver prima conferito il mandato a De Gasperi, leader della DC, e solo dopo che quest’ultimo gli comunicò di non aver trovato una maggioranza, Einaudi prese l’iniziativa. Ciò non è accaduto nei nostri giorni, perchè Mattarella non ha conferito alcun mandato pieno nè a Di Maio, nè a Salvini, rispettivamente leader del primo partito e della prima coalizione, e francamente non se ne capisce il perchè
- la situazione nella quale ci troviamo è senz’altro figlia della ignobile legge elettorale ideata congiuntamente da PD e FI, con il voto anche della Lega, approvata a suon di fiducie (ben otto) e che probabilmente presenta profili di incostituzionalità. Mattarella, nel ricordare che al Presidente della Repubblica è conferito il potere di non promulgare leggi quando palesemente non conformi, non ha però esercitato questo potere quando il Rosatellum gli è stato proposto, non ravvedendo in essa quindi alcun problema, nonostante egli sia stato Giudice Costituzionale e, in quanto tale, tra coloro che hanno cassato l’Italicum, del quale l’attuale legge elettorale è vicino parente
- infine, si legge sulla stampa che Mattarella sta esercitando una sorta di pressione sulle nomine del Presidente del Consiglio e del Ministri che andranno a formare il possibile nuovo Governo: giusto, la Costituzione attribuisce al Presidente della Repubblica il potere di nomina dei componenti dell’esecutivo, ma non mi pare che tale azione sia stata esercitata allorchè si formò il gabinetto Gentiloni, nonostante la presenza di Ministri tutt’altro che all’altezza della situazione, vedi i vari Fedeli, Madia, Poletti, Alfano, Lorenzin, e l’elenco potrebbe continuare, tutti personaggi sulla cui competenza, autorevolezza e credibilità è bene stendere un velo pietoso.
Ciò nondimeno, continuo a nutrire fiducia nell’azione del Presidente della Repubblica, che certamente asseconderà il volere del popolo votante, da rigoroso garante della Costituzione quale egli è senz’altro.
E che i nostri politici si diano una mossa, il tempo stringe e l’Italia ha assolutamente bisogno di un Governo nella pienezza delle sue funzioni.