Ormai da tempo il Presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, conduce una battaglia sulla vertenza ILVA, intorno alla quale dal 2012, anno in cui la Procura di Taranto intervenne sequestrando lo Stabilimento per i gravi reati ambientali rilevati, si è sviluppato un dibattito politico e sociale che tuttavia, a oggi, non ha prodotto alcun risultato apprezzabile, al di là delle dichiarazioni tronituanti dei politici di turno.
Pochi giorni fa Emiliano ha segnalato al Ministro per lo Sviluppo Economico Luigi Di Maio che la procedura d’appalto, attraverso la quale lo Stabilimento è stato acquisito dalla cordata AM INVESTCO (Arcelor Mittal-Marcegaglia), presenta, a suo avviso, significative irregolarità; a seguito della segnalazione, Di Maio ha chiesto all’ANAC, presieduta da Raffaele Cantone, un parere.
L’ANAC ha proceduto con grande tempestività, e due giorni fa ha fornito il parere richiesto, palesando delle “criticità” sulle procedure seguite per la gara, tali da turbarne il regolare svolgimento.
Di Maio, presone atto, ha riferito ieri alla Camera (invero praticamente deserta, a significare quale sia la sensibilità dei politici rispetto a questo tremendo problema), definendo la gara “un pasticcio” e annunciando l’avvio di un’indagine interna al Ministero per appurare eventuali responsabilità, la richiesta di chiarimenti agli attuali commissari e un parere all’Avvocatura dello Stato.
Questo lo stato dell’arte, e naturalmente intorno alle dichiarazioni di Di Maio si è scatenata una ridda di opinioni, sia di politici che di giornalisti, tutte o quasi improntate a una critica allo stesso Di Maio paventando il pericolo che vada tutto a monte, ma senza entrare nel merito della questione e cercare di capire cosa si cela dietro le criticità denunciate dall’ANAC.
Ecco cosa segnala ANAC nei suoi tre punti:
- sui termini del piano ambientale, atto a garantire che l’impianto produca abbassando drasticamente le emissioni inquinanti che hanno provocato e continuano a cagionare morti e malattie nel territorio di Taranto, slittato durante la procedura di gara, le scadenze intermedie del piano e il rilancio delle offerte le regole sono di fatto cambiate in corsa e comunque non sono state disciplinate in modo dettagliato. Ciò appare particolarmente grave, perchè tale differimento (il piano presentato dalla cordata vincente sposta la realizzazione del piano da un anno al 2023), ha senza dubbio modificato in modo rilevante il quadro economico e fattuale. Il periodo più lungo di addirittura sei anni avrebbe potuto spingere più imprese a partecipare alla competizione, aumentato il livello di concorrenza e la qualità delle offerte. Va segnalato peraltro che Arcelor prevede di investire 25 milioni in salute, sicurezza e ambiente, contro i 150 di Acciaitalia (l’altro concorrente)
- le scadenze intermedie del piano non sono state rispettate, e la sua proroga con il mancato integrale adeguamento alle prescrizioni fissate dal ministero potrebbe essere sanzionata con l’esclusione dalla gara, valutazione che tuttavia spetta al Ministero
- il rilancio delle offerte, per le quali l’ANAC rileva che questo aspetto della gara era stato inizialmente previsto ma poi non disciplinato in modo dettagliato, indicando come questi rilanci avrebbero potuto portare più soldi nelle casse dello Stato. Acciaitalia aveva effettivamente presentato un’offerta di rilancio in extremis: 600 milioni in più oltre agli 1,2 miliardi di euro dell’offerta iniziale, pareggiando il prezzo proposto da AmInvestco che ha pesato per il 50% nel “punteggio” per l’assegnazione.
In definitiva, come si rileva dall’esame dei problemi segnalati dall’ANAC, la gara d’appalto ha avuto uno svolgimento tutt’altro che regolare e trasparente, e stupisce l’atteggiamento della stampa, che non manca di gettare la croce addosso a Di Maio, colpevole evidentemente di avere sollevato il problema: è singolare, invece di indagare sulle ragioni che hanno condotto il Ministero dello Sviluppo Economico retto dall’ineffabile Carlo Calenda a gestire la gara in maniera che voglio definire impropria, per non adoperare termini più espliciti, accusano chi intende verificare che le procedure previste dalla legge e dallo stesso contratto siano state rispettate, come deve essere senza storie e giustificazioni.
E non si trascuti il fatto che, come si evince dall’esame delle criticità segnalate dall’ANAC, i problemi si riferiscono soprattutto all’aspetto ambientale, e quindi siamo sempre allo stesso problema: si continua a segnalare come l’ILVA sia impianto strategico per gli interessi nazionali, la sua produzione vale da sola più di un punto di PIL, se l’impianto chiude l’Italia esce dal mercato dell’acciaio, tutte considerazioni assolutamente importanti e delle quali tenere debito conto, ma nessuno, ripeto nessuno, che si periti di ricordare i numeri che fanno di Taranto una fabbrica di morti, che si crucci dei bambini che quotidianamente si ammalano e muoiono, degli scolari che nei giorni nei quali tira la tramontana non possono recarsi a scuola, perchè respirerebbero le micidiali polveri sottili foriere di tumori ai polmoni…
E Calenda, il quale meritoriamente ieri ha dichiarato di essere l’unico responsabile delle procedure di gara svoltesi durante la sua gestione del MISE, che fa? Prima telefona a Cantone per chiedergli cosa avesse scritto nella sua relazione, come dichiara quest’ultimo in un’intervista sull’odierno numero del Corriere della Sera: ciò è assolutamente irrituale, giacchè Calenda, fino a prova contraria, è un privato cittadino, neanche eletto in Parlamento, e non si vede a quale titolo si interfacci con il titolare di un’Autorità pubblica, e a volerla dire tutta, la telefonata potrebbe apparire come un tentativo di influenzarne il giudizio. Naturalmente Cantone non è tipo da farsi condizionare, e le concusioni cui è giunto lo testimoniano.
E invece di dire a Di Maio “se ha coraggio rifaccia la gara” risponda nel merito, chiarisca perchè la procedura della stessa non è stata seguita fedelmente, piuttosto che assumere un atteggiamento piccato e indispettito, prendendo atto del fatto che nella sua funzione di Ministro pro tempore, ancorchè non più in carica, ha il dovere istituzionale di fare luce sui comportamenti suoi e del Ministero che ha retto, con risultati che, a dispetto delle virtù taumaturgiche che certa stampa gli ha attribuito, cominciano a mostrarsi inadeguati.
In conclusione, non credo che il MISE, cui spetta la decisione, arriverà ad annullare la gara, e ritengo più probabile che si avvalga delle determinazioni dell’ANAC per chiedere ad Arcelor di rivedere l’offerta, prevedendo un significatico adeguamento del piano ambientale e maggiori garanzie occupazionali: ciò nondimeno, se vi sono state responsabilità nella gestione dell’appalto, e se vi sono stati comportamenti atti a turbarne il regolare svolgimento, il che costituisce reato, si faccia chiarezza e gli eventuali colpevoli vengano chiamati a rispondere dei loro comportamenti.
Ne va della credibilità delle istituzioni e, senza retorica, in questo modo si darà conto anche alle famiglie dei malati tarantini che continuano a pagare un prezzo troppo alto sull’altare di un cinico e turpe senso della “ragion di Stato”.