Come funziona la democrazia elettiva?
Tutto sommato, è molto semplice: i partiti e i movimenti politici si presentano alle elezioni, propongono delle piattaforme all’interno delle quali elencano le iniziative che intendono concretizzare una volta al Governo, e sulla base di tali proposte chiedono, e talvolta ottengono, la fiducia degli elettori che le condividono.
Certo tutto poi dipende dai meccanismi, spesso oscuri e lunari, della legge elettorale vigente, e mai come nel caso del periodo storico nel quale viviamo questo condiziona pesantemente l’azione delle forze che escono vincitrici dalla competizione elettorale: il tremendo Rosatellum, votato e approvato nel corso della precedente legislatura dal Governo Gentiloni (peraltro ponendo ripetutamente la questione della fiducia, con spregio totale di ogni elementare regola democratica, ma questa è un’altra questione), è una legge che il PD e Forza Italia studiarono con il chiaro intento di favorire un accordo post elettorale confidando in un loro successo in termini di suffragi, impedendo il successo del M5S ma, come spesso accade, il diavolo fa le pentole ma non i coperchi: alla fine i due partiti che avevano subdolamente escogitato lo stratagemma sono usciti clamorosamente sconfitti e i 5S hanno vinto le elezioni, con l’ennesima dimostrazione che gli elettori sono sempre più avveduti dei politici, ma questa è un’altra storia.
Tornando alle ragioni che mi hanno spinto a scivere questo post, vorrei parlare dell’atteggiamento del M5S durante la sua attività di Governo, del quale è azionista di maggioranza.
E vorrei farlo focalizzando l’attenzione su quanto accade in Puglia, mia Regione d’origine, precisando che in ogni caso ciò rappresenta quello che il movimento sta confermando comunque più in generale con le sue iniziative, anche su altri provvedimenti.
Nelle elezioni del 4 marzo u.s. il M5S in Puglia ha conseguito un successo clamoroso, sbaragliando di fatto tutti gli altri partiti e conquistando percentuali forse addirittura inaspettate: e tutto ciò grazie a una serie di proposte che hanno intercettato i pensieri e i desideri dei pugliesi, la cui terra straordinariamente bella e ridente è oggettivamente e da tempo martoriata da una politica ambientale, sociale, sanitaria e industriale che non esito a definire criminale, perpetrata dai Governi prima di centro destra e negli ultimi dieci anni di centro sinistra, che non hanno tenuto in alcun conto le reali necessità delle popolazioni, le cui richieste, spesso assolutamente ragionevoli e motivate, sono state disattese e addirittura inascoltate, con atteggiamento sprezzante e spocchiosa.
A cosa mi riferisco? Mi limiterò a fare tre casi sintomatici, ma ve ne sarebbero anche altri.
1 – ILVA di Taranto, il caso certamente più spinoso e grave, con quello che non ho alcuna remora a definire un crimine di Stato, nel quale si è biecamente barattata per decenni la salute dei tarantini con il ricatto occupazionale, fino ad arrivare a un accordo con una cordata indiana, Accelor Mittal, al quale lo stabilimento è stato venduto, tramite una procedura di gara oscura, in merito alla quale sia l’ANAC sia il Consiglio di Stato hanno espresso forti perplessità sulla regolarità. Protagonista l’ex Ministro Calenda, pseudo rivoluzionario in sciarpa e maglioncino di cachemire comprati in qualche boutique dei Parioli, distante dalle esigenze della gente comune quanto può esserlo un esquimese trapiantato all’Equatore. Cosa ha promesso il M5S? La chiusura dello Stabilimento e la riconversione dello stesso
2 – TAP (Trans Adriatic Pipeline), cioè il gasdotto che, partendo da Kipoi, al confine tra Grecia e Turchia, deve attraversare l’Adriatico per collegarsi in Salento alla rete italiana di trasporto gas, sbarcando a Melendugno, una ridente località ricca di vegetazione e meta di turisti, penetrando nel territorio per circa 8 Km. Cosa chiedeva la popolazione del posto? Che l’approdo venisse spostato di alcuni km più a nord, evitando l’espianto di circa 10000 alberi secolari, in una zona meno turisticamente importante e a minore impatto ambientale. Ma anche in questo caso, il Governo Gentiloni, e ancora una volta il solito ex Ministro Calenda, non si sono degnati almeno di ascoltare le istanze della popolazione locale e sono andati avanti senza esitazioni. Arrivano i 5S e in campagna elettorale assicurano che, in caso di loro vittoria, l’approdo a Melendugno non si farà per nessuna ragione, tra il tripudio della gente del posto
3 – Trivelle nel mar Jonio. Le ricerche di idrocarburi furono autorizzate dal Ministro Galletti, in carica nei Governi Renzi e Gentiloni, che giudicò positiva la Valutazione di Impatto Ambientale elaborata dalla Commissione all’uopo nominata. Ricorderete il referendum all’argomento, vanificato dal mancato raggiungimento del quorum e per scongiurare il quale l’allora Presidente del Consiglio Renzi si spese, dimenticando le sue millantate origini di sinistra, alimentando una feroce polemica con il Presidente della Regione Puglia, Emiliano, anch’egli del PD, schieratosi contro le trivellazioni. L’autorizzazione all’attività fu poi confermata dal Ministero per lo Sviluppo Economico del Governo Gentiloni (Ministro Calenda, e come ti sbagli…). Anche in questo caso, durante la campagna elettorale, il M5S garantì la revoca della concessione, tra squilli di trombe e fanfare.
Senza entrare nel merito tecnico delle singole questioni, quello che mi piace segnalare è che per tutti e tre i casi il M5S, ora che è al Governo, ha tradito le promesse fatte in campagna elettorale:
1- per l’ILVA, il Ministro Di Maio ha sì oggettivamentemigliorato l’accordo del suo predecessore con la cordata che ha vinto la gara, ma certamente non ha mantenuto la promessa di chiudere lo Stabilimento, provocando la veemente reazione dei tarantini che sulla base delle sue assicurazioni avevano accordato la fiducia al M5S
2 – per la TAP, idem, l’approdo a Melendugno si farà e anche in questo caso tradendo le promesse fatte e sulla base delle quali sono stati presi i voti
3 – lo stesso vale per le trivelle, il MISE, e il Ministro Di Maio, hanno confermato l’autorizzazione alle ricerche nel mar Jonio, in barba a quanto dichiarato in campagna elettorale.
In tutti e tre i casi, Di Maio si è giustificato adducendo quale motivo il fatto che tali provvedimenti erano stati già stabiliti dai precedenti Governi, e che annullarli vorrebbe dire aprire contenziosi con le aziende titolari delle concessioni e dei contratti che potrebbero avere devastanti impatti, procedurali ed economici: ma la scusa non regge, dal momento che ciò, pur essendo ragionevole, era certamente noto anche durante la campagna elettorale e quindi se ne poteva tranquillamente tenere conto, e dichiararlo con onestà all’elettorato, cosa che invece ci si è guardati bene dal fare.
Allora, perchè sia chiaro, e al di là della valutazione tecnica che ciascuno di noi può esprimere in materia di politica industriale, ambientale e sanitaria che dovrebbe essere alla base di qualsiasi decisione presa con cognizione di causa, quello che è chiaro e palese è che il M5S sta tradendo il patto stipulato con i suoi elettori: e a poco valgono le giustificazioni addotte da Di Maio, il quale attribuisce la responsabilità di ciò alle decisioni prese dai precedenti Governi.
E’ vero che nei tre casi specifici gli accordi sono stati stipulati dai Governi Renzi e Gentiloni, ma è piena facoltà dell’attuale esecutivo quella di emendarli, ricorrendo alle procedure che la legge prevede, se si crede davvero nella giustezza di ciò e soprattutto se le elezioni sono state vinte anche grazie alle promesse fatte e che devono essere mantenute.
E’ troppo facile sottrarsi alle proprie responsabilità attribuendole agli altri, non più in carica, e la gente questo lo sa, e se non si assumono decisioni anche importanti, per insipienza o per opportunità, poi il prezzo si paga.
E’ accaduto al PD, che ha voltato le spalle alle sue classi sociali tipicamente di riferimento e rivolgendosi a quelle delle ZTL delle grandi città, cedendo milioni di voti proprio al M5S che ha fiutato il vento e li ha raccolti con successo.
E, se continua così, è ciò che accadrà al M5S nel caso che dimentichi ciò che con grande risonanza ha dichiarato, promesso e sacramentato durante la roboante campagna elettorale: le prossime elezioni europee sono vicine, e se i sondaggi dovessero rivelarsi attendibili, una flessione del M5S è prevedibile e ciò, se poi la Lega dovesse crescere come gli stessi sondaggi lasciano prevedere, potrebbe ripercuotersi sensibilmente sul già precario equilibrio del Governo, nel quale vanno quotidianamente emergendo le contraddizioni tra i due partiti che lo sostengono, le cui posizioni ideologiche e gli stessi bacini di riferimento sono oggettivamente lontani e spesso inconciliabili.
Le regole della democrazia sono semplici e chiare, anche se in questo contraddittorio Paese molto spesso le disattendiamo, e la lealtà e la coerenza ne impongono il rispetto, anche a costo di prendere decisioni impopolari e complicate: altrimenti bisogna prendere atto della propria inadeguatezza e assumersi le opportune responsabilità.
E’ il solo modo per acquisire autorevolezza e credibilità, condizioni imprescindibili per chiunque voglia accollarsi l’onere e l’onore di gestire la cosa pubblica nell’interesse superiore della comunità, e non per vanagloria o ricerca del tornaconto personale: e ciò vale anche e soprattutto per chi, come nel caso del M5S, proprio del bene comune e della coerenza ha fatto la propria bandiera.