Le europee e le classi subalterne

Finalmente le elezioni europee sono alla nostre spalle, e l’ennesima campagna elettorale si è conclusa: in un Paese nel quale si vota praticamente ogni due per tre, con i partiti che danno sfogo alla loro fantasia promettendo di tutto e di più, si prova un certo sollievo a pensare che per qualche tempo questa cacofonia di stupidaggini risparmierà le nostre povere orecchie sofferenti.

Inutile soffermarsi a lungo sui risultati, mai come questa volta piuttosto chiari ed evidenti: hanno ottenuto un innegabile successo la Lega di Salvini e Fratelli d’Italia della Meloni, il PD targato Zingaretti ha dato un timido segnale di riscossa, tutti gli altri ne sono usciti con le ossa rotte.

Più nello specifico, e premesso che a me piace fare raffronti tra elementi omogenei, e quindi i dati vanno rapportati alle precedenti europee del 2014, pur senza ignorare quanto accadde nel marzo 2018 nelle politiche italiane, vediamo di analizzare cosa è successo:

  • la Lega è passata dal 6% del 2014 al 34%, con un balzo clamoroso che ne fa di gran lunga il primo partito italiano, il che cambia l’equilibrio all’interno del Governo
  • Fratelli d’Italia passa dal 4% del 2014 al 6,4%, aumentando così i suoi suffragi di più del 50%, un risultato forse al di là delle sue stesse aspettative
  • il PD passa dal famoso 40,8% di Renzi al 22,8, con un calo di quasi il 50%, ma paradossalmente ha di che giorie, perchè segna un’inversione di tendenza rispetto alle innumerevoli sconfitte subite dal 2014 in poi
  • il M5S dal 21 del 2014 al 17 di due giorni fa, con un considerevole calo
  • Forza Italia passa dal 16,8 del 2014 all’8,7, praticamente la metà, e segna probabilmente il suo definitivo ridimensionamento che dovrà portare per forza di cose a una profonda ristrutturazione
  • tutte le altre compagini non hanno superato la soglia di sbarramento posta al 4%, e quindi non avranno rappresentanza nel Parlamento europeo.

Quanto al confronto con i dati delle politiche del marzo 2018, c’è un ribaltamento del rapporto di forza tra Lega e M5S, dovuto da un lato al clamoroso balzo in avanti di Salvini e dall’altrettanto clamoroso tonfo di Di Maio, che ha perso milioni di voti, e questa circostanza dovrà certamente portare a una rivisitazione del patto sancito nel contratto di Governo, con Salvini che cercherà di passare all’incasso e Di Maio che si troverà invece nella condizione di parare il colpo, per non perdere definitivamente il controllo del suo partito.

Non credo alla prospettiva di una prossima crisi di Governo, sia perchè non si vede alcuna possibilità di alternativa tra quelle plausibili, sia perchè non va trascurato il fatto che all’interno del M5S molti parlamentari, Di Maio e molti Ministri in primis,  hanno il problema del secondo mandato, che impedirebbe loro – stanti le attuali regole – di ricandidarsi, e quindi rinunciare alla poltrona sarebbe quanto mai doloroso.

Credo sia più probabile che il Governo vada avanti finchè sarà possibile, cercando un periglioso equilibrio, ma non penso che si possa arrivare alla fine naturale dell’attuale legislatura, troppe le contraddizioni quotidiane tra i due partiti.

Il PD ha recuperato quasi quattro punti percentuali rispetto al marzo 2014, ma rispetto a quella tornata ha perso circa 140.000 voti, fallendo l’obiettivo di riportare a casa parte dei suffragi persi in favore del M5S, i cui voti sono semmai finiti alla Lega.

Di fatto, solo Lega e FdI hanno preso più voti rispetto al marzo 2018 in termini assoluti, tutti gli altri hanno visto diminuire i propri suffragi, e i numeri non sono contestabili, nella loro freddezza raccontano una verità incontrovertibile.

Questo è quanto è accaduto, e in un Paese normale si assisterebbe a una fase nella quale le varie forze politiche, con in una mano una matita e nell’altra un notes, si mettono lì e fanno due conti sui risultati, cercando di capire le ragioni della sconfitta i vinti, e come fare per non tradire la fiducia ottenuta i vincitori: ma l’Italia sotto questo aspetto è tutt’altro che normale, e quindi come al solito hanno vinto tutti, anche quelli che hanno preso lo 0,2%. Pazienza, siamo fatti così.

Quello che invece non posso assolutamente tollerare è ancora una volta l’atteggiamento dell’informazione, che non riesce in alcun modo a rassegnarsi all’idea che le elezioni, libere e democratiche, possano dare luogo a risultati non conformi al loro pensiero illuminato, e la considerazione secondo la quale la sovranità appartiene al popolo, come sancisce la Costituzione, non li sfiora nemmeno.

E allora in questi soli due giorni trascorsi da domenica, abbiamo sentito parlare:

  • di definitivo ritorno del fascismo, del nazismo, dell’invasione delle cavallette, del nuovo diluvio universale e di devastanti terremoti in arrivo
  • di onda nera, di balena nera e altri pericolosi cetacei nati da inquietanti mutazioni genetiche
  • della necessità di trovare un modo perchè venga istituito una sorta di patentino elettorale, da rilasciare soltanto a quegli elettori che possano dimostrare di non essere degli analfabeti funzionali, garantendo così un voto consapevole, corretto, naturalmente in linea con il pensiero dominante dei cosiddetti intellettuali. Non crediate che stia delirando, è una proposta vera, avanzata tra gli altri da Irene Tinagli, economista già eletta nelle fila di Scelta Civica di Monti, poi transfuga nel PD, non più candidata nel marzo 2018 e ora eletta al Parlamento europeo sempre nel PD, insomma un preclaro esempio di coerenza politica. Un assoluto scempio logico, chi pensa questo andrebbe sì privato della possibilità di votare, perchè non ne è degno, la democrazia è un’altra cosa
  • fino ad arrivare all’ineffabile Gad Lerner, che facendo rivoltare nella tomba Antonio Gramsci,  evocandone i principi esposti sui “Quaderni dal carcere”, nei quali il grande pensatore e filosofo comunista parlò delle cosiddette “classi subalterne”, auspicando che gli intellettuali lavorassero perchè l’egemonia nella società passasse dalle classi dominanti al proletariato: Lerner, tipico comunista con al polso il Rolex, teorizza invece che “L’Italia leghista è un rivolgimento profondo, sociale e culturale prima ancora che politico, come testimonia il voto nelle ex regioni rosse. Già in passato le classi subalterne si illusero di trovar tutela nella trincea della nazionalità. Non finì bene”, dimostrando ancora una volta – il personaggio non è nuovo a simili intemerate – la presunzione ributtante di chi ritiene di essere unto dal Signore, eticamente e moralmente superiore e in grado di stabilire dogmaticamente cosa è giusto e cosa non  lo è. Ossessionato dalla retorica antifascista, in assenza di fascismo come dimostra la storia, non si rende conto di essere allo stesso tempo ridicolo e tutt’altro che autorevole, viste le scempiaggini che propina a piene mani, e totalmente incoerente, dato che tra pochi giorni andrà in onda sulla TV di Stato per condurre una nuova trasmissione, “L’approdo”, nella quale certamente non mancherà di torturare i malcapitati spettatori con mielosi sermoni sul politicamente corretto, con la erre moscia che fa tanto radical chic, maglioncino di cachemire e, manco a dirlo, Rolex d’ordinanza.

Ditemi voi, s’è mai visto un regime totalitario quale è quello nel quale stiamo per precipitare, a sentire le macabre prefiche di sventure, che concede a un suo prode e valoroso avversore di condurre una trasmissione di approfondimento politico? Ma è davvero possibile che non ci si renda conto di quanto si possa essere ridicoli a pensare e a dichiarare queste assolute scempiaggini, ad accomunare le politiche sull’immigrazione del Governo alle oscene e immonde leggi razziali del regime fascista, come sento affermare su taluni giornali?

Se ne deve dedurre allora non solo che i milioni di elettori delle Lega, così invisi a Lerner, siano dei nostalgici del deprecato ventennio, ma senza dubbio alcuno lo sono quelli di Riace e di Lampedusa, due luoghi simbolo dell’integrazione e dell’accoglienza, nei quali la Lega ha ottenuto un successo elettorale incontestabile, diventando il primo partito: segno che forse la realtà è diversa da come l’informazione vuole raccontarcela e che la gente comune non è poi così entusiasta del buonismo a buon mercato.

La nostra non è una democrazia compiuta, o meglio lo è nella disponibilità di libertà di parola, di stampa, ci concede il diritto di esercitare la nostra volontà attraverso lo strumento delle elezioni, ma è minata dalla presenza di una classe autodefinitasi intellettuale, che personalmente non ritengo degna di tale appellativo, infarcita di presunzione, falso e specioso perbenismo, detentrice del presunto pensiero politicamente corretto e che crede ancora che esistano i patrizi e i plebei, dimostrando di essere fuori dalla storia e dalla realtà.

Se le elezioni servissero, non ci lascerebbero votare, diceva Mark Twain: forse aveva ragione, ma facciamo in modo da rendere non veritiera la sua amara considerazione, denunciando, osteggiando e combattendo con il ragionamento tutte le astrusità dalle quali siamo ammorbati, in questa epoca connotata dalla superficialità e dalla spocchia di chi non ha cultura ma se ne crede detentore.

 

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