Sono tornato da un periodo di vacanza durante il quale sono stato nella mia città natale, Taranto, ma non ho mancato di seguire con estremo interesse le vicende legate alla crisi di Governo, inopinatamente aperta come conseguenza di una mossa a sorpresa di Salvini.
Sento ora la necessità di commentare quanto sta accadendo, in quella che è probabilmente la crisi più pazza e paradossale che si ricordi, sia per la sua genesi, sia per la sua probabile conclusione.
Vorrei per prima cosa sgomberare il campo da ogni possibile equivoco: il nostro è un sistema parlamentare rappresentativo, e secondo la Costituzione qualsiasi Governo che si forma e che ottiene la fiducia delle Camere, è legittimato a operare, e ogni accusa contraria è destituita di fondamento: le regole democratiche garantite dalla Carta Costituzionale vanno rispettate sempre, anche quando i loro effetti non incontrano il favore di ciascuno di noi.
Ciò valeva per il Governo Lega-M5S, e altrettanto vale per il nascente Governo M5S-PD.
Il primo Governo Conte nacque nell’estate del 2018 attraverso un patto tra due forze politiche che in campagna elettorale erano avversarie, raggiunsero un accordo sulla base di un contratto che cercava di rendere compatibili posizioni profondamente diverse: dopo circa 14 mesi di navigazione complicata e pericolosa, in acque spesso molto agitate, tutti i nodi sono giunti al pettine, e una decisione ancora poco chiara, a dir poco, di Salvini ha posto fine a quella contraddittoria esperienza.
Non cercherò di fare un bilancio, come sempre vi sono state iniziative condivisibili e altre meno, e lo stesso vale per i componenti della squadra di Governo, nella quale vi sono stati buoni Ministri e esangui figure, ma trovo tutto questo normale, è accaduto anche in passato, e si ripeterà in futuro.
Quello che va detto è che durante i mesi di attività del Governo, l’opposizione ha cercato di fare il suo mestiere, purtroppo non già proponendo credibili soluzioni alternative a quelle dell’esecutivo, ma con un festival degli insulti dai toni spesso assolutamente volgari e offensivi, che nulla hanno a che vedere con il galateo istituzionale e con il concetto di più elementare educazione.
Non metterò in evidenza link che rimandano alle dichiarazioni tronituanti del PD e del M5S, sarebbe esercizio fin troppo semplice, la rete è piena di filmati nei quali i “leader” (parola che trovo tutto sommato inadeguata, vista la qualità dei personaggi in questione) giurano e spergiurano solennemente per poi fare esattamente il contrario: si va da Di Maio che assicura che mai si siederà allo stesso tavolo con “il partito di Bibbiano”, a Zingaretti che con cupo cipiglio e palese nervosismo giura che “non farà alcun patto con il M5S, e che in caso di crisi di Governo la sola strada sarebbero state le elezioni”, e su questa posizione la Direzione del PD vota all’unanimità un documento ufficiale.
Ora, i due partiti che si sono scambiati quotidianamente improperi, offese, contumelie, e sparso odio a vicenda, improvvisamente scoprono inimmaginabili affinità elettive, si avviluppano in un abbraccio fraterno e, animati da un virtuosissimo spirito patriottico e nazionalista, decidono di fare il Governo insieme per “il bene dell’Italia”, per salvare il Paese dal baratro e dal declino e donargli un nuovo Rinascimento, o un nuovo Umanesimo, come afferma estatico l’ineffabile Conte, del quale ci si chiede cosa abbia fatto durante la Presidenza del suo Governo, visto che ne ha avallato ogni iniziativa, e che è responsabile di tutti gli atti approvati, a norma della Costituzione che forse farebbe bene a ripassare, anche se ora li rinnega, dimostrando di non poter godere di nessuna credibilità.
Leonardo Sciascia, grande scrittore siciliano, nel suo splendido romanzo “Il giorno della civetta”, faceva declamare a uno dei personaggi principali, il mafioso che dominava la città, una classificazione degli esseri umani in cinque categorie:”Uomini, mezz’uomini, ominicchi, pigliainculo e quaquaraquà”.
La mia opinione, personale e certamente contestabile, è che i protagonisti di questa vicenda grottesca vadano iscritti alla categoria dei quaquaraquà: un uomo, che sia degno di questo nome, non può tradire impunemente la sua parola, non può sedersi allo stesso tavolo con chi ha offeso e dal quale ha ricevuto schiaffi in viso fino a pochi giorni prima, vi sono valori quali la coerenza, la dignità, l’amor proprio, e addirittura la fedeltà alle proprie idee (assolutamente desueta, me ne rendo conto), ai quali non ci si può sottrarre, senza pagarne il prezzo in termini di credibilità e di onestà intellettuale.
E allora perchè dobbiamo assistere a questo spettacolo desolante? A chi attribuire la responsabilità di questi comportamenti, che denunciano in maniera evidente e lampante la bassissima qualità dei rappresentanti della nostra miserrima classe politica?
So che probabilmente mi attirerò gli strali di chi la pensa diversamente, ma ciò non mi impedisce di esprimere la mia opinione, e quindi dirò come la penso su ciascuno degli attori protagonisti di questa farsa:
- Salvini ha vinto la lotteria, ma ha smarrito il biglietto. Non riesco davvero a capire cosa lo abbia portato a staccare la spina nel momento forse meno opportuno, a meno che non si debba pensare a una sorta di ubriacatura provocatagli dal chiaro successo conseguito alle elezioni europee. La sua azione sconsiderata, a parte le negative conseguenze sul Paese in termini di turbolenze sui mercati i cui effetti coinvolgono tutti, fa sì che probabilmente si debbano mettere in dubbio le sue effettive capacità, e se non sarà il caso, all’interno della Lega, di pensare a un cambio di leadership, cosa fino a qualche settimana fa assolutamente impensabile;
- Di Maio e il M5S. Beh, qui la faccenda è semplice e drammatica allo stesso tempo. Il M5S nasce come movimento anti casta, come forza che si pone l’obiettivo di smascherare i comportamenti poco commendevoli dei partiti che nel tempo hanno pensato più all’occupazione dei posti di potere, che non al benessere della gente e alla salvagurdia dei diritti dei più deboli. Il tutto con il mito delle democrazia a tutti i costi. Nobili propositi, prontamente raccolti dall’elettorato che lo ha premiato portandolo a essere il partito più votato alle elezioni del marzo del 2018. Ma ora dimostra di aver tradito le sue origini, si produce in straordinarie giravolte, contraddice i suoi valori e si avvinge ai posti di potere raccolti nel tempo esattamente come, e forse anche peggio, sono soliti fare questi partiti contro i quali si è sempre virulentemente pronunciato: ha imparato la lezione presto e bene;
- Zingaretti, Renzi, Calenda, Franceschini, altri e il PD. Come avrete notato, in questo caso non ho ritenuto di citare un solo referente, ma alcuni nomi tra i più noti e avrei potuto farne altri. Sì, perchè il PD è tutt’altro che un monolite, ma un insieme di interessi contrastanti, accomunati da un’irrefrenabile anelito, quello di governare per occupare la maggior parte delle poltrone possibili e immaginabili. Non è un pregiudizio impietoso il mio, ma la semplice constatazione di una realtà incontrovertibile: il PD va al Governo dopo aver perso tutte le elezioni, politiche, europee, regionali, amministrative e forse anche condominiali degli ultimi anni. La cosa non deve assolutamente meravigliare, è ciò che accade sistematicamente da sempre, e Paolo Mieli, non io, lo ha scritto e documentato per due volte negli ultimi giorni, ieri sul Corriere della Sera con un articolo argomentato, documentato e spietato nel quale ha ricordato che negli ultimi decenni il PD ha governato dopo aver vinto le elezioni solo una volta, con Prodi, e di averlo fatto invece dopo averle perse, attraverso manovre di palazzo, tutte le altre volte. Quindi, niente di nuovo sotto il sole, evidentemente quello è il suo DNA, e di democratico ha solo beffardamente il nome, non certo i comportamenti.
Il risultato di questo marasma è che avremo un Governo che non ha alcuna rispondenza con i rapporti di forza emersi nelle ultime europee, e che probabilmente troverebbero rispondenza anche in caso di politiche nazionali.
Come ho già detto, il Governo che probabilmente nascerà sarà perfettamemente legittimato se otterrà la fiducia delle Camere, senza alcun dubbio o riserva: questo stabilisce la Costituzione e non ha senso negarlo.
Ma la stessa Costituzione dice, nel suo art. 1, che la sovranità appartiene al popolo, che lo esercita nei modi che la stessa Carta stabilisce: e il popolo ha un solo modo di esercitare la sua sovranità, e può farlo attraverso il voto e le libere elezioni.
E qui occorre parlare del ruolo del Presidente della Repubblica: giusto cercare di capire se il Parlamento è in grado di esprimere una maggioranza alternativa a quella appena caduta, ma un Governo purchessia non è la soluzione migliore, tanto più se a formarlo sono forze che l’elettorato ha sonoramente bocciato, altrimenti qualcuno dovrà spiegare a cosa serva votare, se poi chi perde governa e chi vince va all’opposizione, le elezioni non sono una partita a tressette a perdere.
E se la mia tesi può essere ritenuta strampalata, preciso che il ricorso a elezioni anticipate è perfettamente plausibile, e a supporto di questa opinione riporto tre illuminati pareri di altrettanti illustri studiosi.
E allora cosa mi sarebbe piaciuto, se avessi potuto scegliere?
Che il Presidente Mattarella, non appoggiasse palesemente la formazione di un Governo per niente rappresentativo della volontà popolare, recitando un ruolo attivo che probabilmente cozza con il suo Ufficio, ma esaminasse la possibilità di “concedere” ai cittadini la possibilità di esprimersi attraverso libere elezioni, senza averne paura e senza indurre in noi l’idea che farlo sia utile solo quando e se i probabili risultati sono quelli che piacciono a certa parte della cosiddetta classe dirigente del Paese, quella che sa tutto, che è moralmente ed eticamente superiore e istruita, a differenza del popolo bue, ignorante, illetterato e non meritevole di esprimersi.
In conclusione, tutti i protagonisti di questa squallida vicenda dicono di agire in nome del bene dell’Italia: se qualcuno è disposto a credere a questa autentica fandonia, bene, lo faccia pure.
Io sono dell’idea che questo che si sta concretizzando sia il Governo dei pagliacci, dei quaquaraquà e dei tenaci cacciatori di poltrone, e se da un lato mi auguro che operi bene, perchè comunque il bene superiore della Nazione è ciò che davvero conta, dall’altro spero che nel caso che la sua azione dovesse rivelarsi non efficace, come è probabile vista la maniera con la quale si sta formando, il Presidente della Repubblica non frapponga ulteriori indugi e sciolga le Camere, per indire nuove elezioni.
M5S e PD hanno a cuore solo tre cose: fare l’ennesima legge elettorale per ostacolare l’avversario politico di turno, arrivare al 2022 per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica, perchè sia di garanzia per la loro sola parte, e intanto maturare il rateo di pensione e non mollare la poltrona, altro che bene dell’Italia…