Il bluff di Arcelor Mittal

Sapete chi era Alessandro Morricella?

Era un operaio trentacinquenne dell’ex ILVA di Taranto: il giorno 8 giugno del 2015 era come sempre al lavoro, e mentre controllava la temperatura presso il foro di colata dell’Altoforno 2 dello Stabilimento, venne investito da una fiammata, mista a ghisa incandescente e, trasformato in una torcia umana, dopo il ricovero in ospedale, morì tra atroci sofferenze il 12 giugno successivo.

E, crudele fatalità, il 12 giugno del 2003, presso lo stesso Stabilimento morirono uccisi dal crollo di una gru Paolo Franco e Pasquale D’Ettorre, altri due operai dell’ex ILVA.

E sapete cosa si “festeggia” il 12 giugno?

E’ il giorno dedicato alle vittime del lavoro…

Questa triste premessa per introdurre l’argomento di questo post: ieri, a Roma, a Palazzo Chigi, si è svolto l’atteso vertice tra il Governo e Arcelor Mittal, convocato con urgenza per capire quali fossero le ragioni alla base della decisione dell’Azienda di abbandonare le attività presso lo Stabilimento tarantino, e per verificare in che modo superare le divergenze.

La riunione si è conclusa con un drammatico nulla di fatto, come annunciato dal Presidente del Consiglio in una conferenza stampa svoltasi in tarda serata: l’Azienda, pur di fronte alla disponibilità del Governo a reintrodurre il famigerato scudo penale, la cui eliminazione era stata spacciata dalla stessa come condizione dirimente per la prosecuzione delle attività, non ha fornito alcun segnale di apertura, anzi rilanciando con la richiesta di accettare una quota di esuberi pari a 5000 operai, in totale non conformità rispetto a quanto previsto nel Piano Industriale.

Il Governo ha concesso ad Arcelor Mittal due giorni di tempo per tornare sulle proprie decisioni, prima di intraprendere opportune iniziative a tutela del rispetto delle condizioni contrattuali.

Il bluff dell’Azienda è svelato, al di là di ogni ragionevole dubbio, e il gioco che quest’ultima intende mettere in campo è palese.

Arcelor Mittal ha partecipato alla gara per l’assegnazione dello Stabilimento ex-ILVA con l’esclusivo fine di sottrarlo alla concorrenza, acquisendo di fatto una posizione di assoluta predominanza in Europa, e progettandone la progressiva sterilizzazione e la cessazione delle attività produttive.

Ma il compimento di questo progetto subdolo si è scontrato con:

  • la flessione che il mercato dell’acciaio sta subendo sul mercato da mesi, il che ne sta cambiando sensibilmente i parametri di costo-efficacia della relativa produzione

  • la considerazione di aver clamorosamente sbagliato il Piano Industriale, basato su previsioni rivelatesi eccessivamente ottimistiche e ora difficilmente sostenibili. Il Calo di produzione, passato dai sei milioni di tonnellate previste nel Piano ai quattro milioni e mezzo effettivi, fa sì che l’Azienda accumuli una perdita di circa 50 milioni di € al mese!

Di fronte a questa situazione di estrema difficoltà, Arcelor Mittal ha giocato la carta dell’eliminazione dello scudo penale, approfittando dell’approvazione dell’emendamento approvato al Senato, proposto dal M5S e votato da PD, LeU e Italia Viva.

Cosa accadrà ora, e in che modo sarà possibile trovare un punto di equilibrio tra le richieste dell’Azienda e le posizioni del Governo?

Capirlo è francamente impossibile, forse non c’è da essere particolarmente ottimisti, visto lo scenario, ma qualche considerazione è opportuna.

  • ho richiamato all’inizio del post la triste vicenda di Alessandro Morticella. L’ho fatto perché qualcuno, tra i presunti autorevoli commentatori che stanno dando sfoggio di altrettanto presunta saggezza nel talk show, afferma che il sequestro dell’Altoforno 2 disposto dalla Procura di Taranto a seguito del mortale incidente sia stato un errore. Secondo loro quindi, la morte sul lavoro di un operaio, causata dalla vetustà dell’impianto e dalle ripetute e colpevoli mancate manutenzioni dello stesso, doveva rimanere impunita, nel nome della continuità della produzione e del profitto: approvando così l’iniziativa del Governo Renzi, che nel 2015 varò l’ennesimo decreto salva ILVA per autorizzare l’attività dell’altoforno, appena sequestrato. E ciò nonostante che la Corte Costituzionale, nel 2018, abbia bocciato tale decreto, perché palesemente privilegiava l’interesse verso l’attività produttiva, rispetto ai diritti costituzionali e inviolabili della tutela della salute e della vita stessa. L’impianto è stato nuovamente sequestrato nel luglio di quest’anno, perché dal 2015 a oggi non si è adempiuto a nessuna delle prescrizioni, e ora l’Azienda sostiene di non essere in grado di provvedere entro il prossimo 31 dicembre, perché il tempo non è sufficiente! Allora, pace all’anima di Alessandro Morticella e andiamo avanti come se nulla fosse

  • sullo scudo non voglio tornare, ne ho già scritto e confermo la mia totale contrarietà, osservando che tale obbrobrio giuridico non ha uguali in nessuno Stato del mondo, almeno per quanto mi consta, e il solo discuterne equivale a far finta che in Italia non esistano né una Costituzione, né un Codice Penale, e che la legge non è uguale per tutti, ma la si applica per taluni in modi e inflessibilità diversi che per altri.

Vorrei proporre a chi vorrà leggere queste righe un’ulteriore riflessione: ho notato che sta cominciando a serpeggiare tra i commentatori un dubbio, ovvero se la scelta di affidare le sorti dell’ex ILVA ad Arcelor Mittal, piuttosto che alla sua concorrente nelle fasi di aggiudicazione della gara, cioè alla cordata Jindal-CDP-Arvedi, sia stata opportuna.

In effetti, le due proposte d’offerta, pur simili in larga parte, si differenziavano essenzialmente per due aspetti:

  • la cordata Jindal-CDP-Arvedi forniva maggiori garanzie sul piano occupazionale, proponendo un minor numero di esuberi, rispetto al concorrente

  • tale compagine prevedeva al sua interno Cassa Depositi e Prestiti, quindi una sia pur indiretta presenza dello Stato, a tutela dell’investimento

  • soprattutto, apriva alla possibilità di una riconversione tecnologica dell’impianto, attraverso la decarbonizzazione, così come è avvenuto in altri siderurgici (Pittsburgh, un caso emblematico), processo in grado di abbattere drasticamente le emissioni inquinanti, causa della morte e della malattia per migliaia di Tarantini

Ma ancora oggi inspiegabilmente, il Ministero dello Sviluppo Economico, attraverso il titolare del Dicastero Carlo Calenda, optò per Arcelor Mittal, con le conseguienze che ora sono sotto gli occhi di tutti.

E proprio ieri, Francesco Boccia, Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie nell’attuale Governo, si pone lo stesso quesito, al quale Calenda da tempo ormai rifiuta di rispondere, con argomentazioni oggettive che sfuggano al suo consueto atteggiamento spocchioso, di persona convinta delle sue taumaturgiche doti e piena di sé, al di là dei ormai conclamati insuccessi, sui quali glissa aggredendo chiunque osi contraddirlo.

E ora qual è il risultato di questa vicenda drammatica e che pone in una luce sinistra l’attività di tutti i Governi che si sono succeduti negli ultimi trent’anni almeno, e che hanno privilegiato, con palese, colpevole, meschina e ignobile evidenza, la tutela di interessi materiali alla salvaguardia della salute e della dignità di onesti cittadini, che devono sottostare quotidianamente al turpe ricatto del lavoro contro la salute loro e dei loro figli?

Il comportamento dell’Azienda è disonesto e inaccettabile, e ove mai il Governo dovesse cedere al suo diktat, si aprirebbero almeno due questioni:

  • la prima sarebbe la dimostrazione di una debolezza che farebbe del nostro Paese il regno del Bengodi, ove il primo investitore di passaggio potrà pensare a giusta ragione di venire a procacciarsi i suoi affari, conscio del fatto che potrà godere di un trattamento privilegiato, potrà ricattare il nostro Governo che calerà prontamente le braghe di fronte alla protervia e alla prepotenza, e che l’applicazione delle leggi vigenti sarà elastica, accomodante, e che non gli arrecherà alcun danno sostanziale. Definirci Repubblica delle banane sarà un modo edulcorato di pensare a ciò che davvero siamo

  • Arcelor Mittal si è aggiudicata la gara, di evidenza europea, sulla base della presentazione e dell’accettazione di un Piano Industriale che conteneva precisi impegni in termini di garanzia dei livelli occupazionali, di investimenti per la bonifica del sito e garanzia dei tempi per la realizzazione delle necessarie attività. Peraltro, oggi il Fatto Quotidiano ha pubblicato un articolo nel quale si rivela che già nel 2017 i tecnici esperti dei Commissari governativi cui era stata affidata la gestione dello Stabilimento, avevano bocciato il Piano Industriale, giudicandolo carente e inattuabile, il che non impedì a Calenda di aggiudicare comunque la gara al consorzio franco-Indiano… Concedere all’Azienda di cambiare anche solo una di questi impegni contrattuali presta indubitabilmente il fianco a prevedibili azioni di rivalsa da parte dei competitori, e quindi non vi sarebbe altra strada che quella di riaprire le fasi di gara e la gestione delle procedure d’appalto, con i tempi che ne conseguono.

Siamo in un vicolo cieco, e in questa vicenda non è in gioco solo la salute dei Tarantini, della quale è già stato fatto scempio da decenni, la tutela del posto di lavoro per migliaia di operai che rischiano di finire in mezzo a una strada, ma la credibilità stessa di un’intera classe politica, di maggioranza e di opposizione, già ampiamente e forse irrimediabilmente compromessa, e in definitiva del nostro stesso Paese.

La tragedia dell’ex ILVA

E’ frustrante dover constatare che quanto hai capito e metabolizzato della vita vissuta fin qui non ti è servito per comprendere fino in fondo come davvero funzionano le cose, in questa strana società nella quale viviamo, che pare attribuire priorità e importanza ad aspetti che, per quanto mi riguarda, andrebbero valutate con diverso impatto, rispetto a ciò che invece si fa.

Sono nato a Taranto, vi ho vissuto per tantissimi anni, amo la mia città d’origine, dalla quale mi sono allontanato perché portato altrove dalle dinamiche legate alla mia professione: ma ciò non mi impedisce di continuare ad amarla, a seguirne con passione le vicissitudini, ci torno ogni volta che posso, e mi rende triste dover rilevare che quella città dalla storia millenaria e gloriosa oggi è assurta agli onori della cronaca per vicende drammatiche, e che la pongono in una condizione tenebrosa che non merita.

E’ di ieri la notizia che Arcelor Mittal, la cordata franco-indiana che si è aggiudicato il contratto d’acquisizione dell’acciaieria ex-ILVA, intende abbandonare il sito, e interrompere le attività produttive, come conseguenza dell’abolizione dello scudo penale decisa dal Governo.

Ciò significherebbe, ove la minaccia si concretizzasse, la chiusura dello Stabilimento, con le evidenti ricadute sul piano occupazionale, e la sospensione delle attività di bonifica dell’impianto: un vero e proprio cataclisma, che produrrebbe un danno incalcolabile per un territorio già drammaticamente provato da una crisi economica e sociale devastante.

Naturalmente, data la rilevanza della notizia, ieri tutti gli organi d’informazione si sono concentrati sul fatto, dandogli il risalto che merita, sia sulle reti RAI che su quelle commerciali.

Ieri sera, durante il prime time, sono andati in onda, rispettivamente su Rete4 e LA7, i talk show “Stasera Italia” e “Otto e mezzo”: vediamo chi erano gli ospiti delle due trasmissioni.

Stasera Italia: Vittorio Sgarbi, Alan Friedmann, Marcello Sorgi, Massimiliano Romeo, Fabio Dragoni

Otto e mezzo: Carlo Calenda, Gianrico Carofiglio, Alessandro Sallusti, Luca Telese

A seguire, sempre su Rete4, anche a “Quarta Repubblica” si è parlato del medesimo tema, e sono intervenuti di nuovo Calenda, Sallusti e Telese.

Non mi interessa discutere delle rispettive posizioni, sia per quelle che condivido, sia per quelle che non mi convincono: la faccenda è di tale complessità e gravità, che non può essere ridotta a una guerra di religione tra opposte fazioni: vi sono realtà oggettive, basate su dati registrati e comprovati, rispetto alle quali ogni discussione è sterile e strumentale.

Ciò che invece mi preme osservare è quanto segue: nel corso degli interventi di tutti i personaggi che ho citato, tutte le riflessioni si sono riferite alle ragioni dell’economia, della finanza, del contratto.

Ai dibattiti cui ho assistito, resistendo più volte alla forte tentazione di scagliare un peso contro la televisione, tanta era la rabbia che ho provato, mancava il classico convitato di pietra: una significativa rappresentanza dei Tarantini, quei cittadini innocenti e incolpevoli che da decenni si ammalano e muoiono, vedono ammalarsi e morire i loro congiunti e i loro figli, spesso neonati, la cui unica colpa è quella di essere nati in una terra della quale, evidentemente, alla classe politica tutta, succedutasi da cinquant’anni in qua, non frega assolutamente nulla.

E allora, giù con considerazioni quali, per esempio:

  • la fabbrica genera l’1,4 dell’intero PIL nazionale, e la sua chiusura sarebbe un danno per l’intera Italia

  • la nostra Nazione non può rinunciare all’acciaio, ne va del futuro della sua industria pesante

  • la chiusura dell’ex ILVA costringerebbe ad abbandonare il mercato dell’acciaio e a importarlo dall’estero

  • l’ex ILVA è una fabbrica di interesse strategico nazionale, e come tale la sua chiusura non può essere tollerata.

Tutto vero, tutto giusto, ma spero che qualcuno più avvertito e informato di me sia in grado di rispondere a questa domanda: se l’ex ILVA vale l’1,4 del PIL, quanti punti valgono le vite e la salute delle decine di migliaia di Tarantini ammalati di cancro, e le decine di migliaia di Tarantini morti per patologie oncologiche direttamente conducibili alle emissioni nocive della fabbrica assassina?

https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/taranto/1175769/mamma-dona-quadro-con-teschio-a-ministro-bellanova-mio-figlio-ucciso-da-diossina.html

Vi assicuro che nessuno degli ospiti delle trasmissioni che ho richiamato si è preoccupato di fare anche solo un semplice cenno al problema della salute, della necessità di garantire ai Tarantini gli stessi diritti dei quali godono gli altri Italiani, pur sanciti dalla Costituzione vigente, alla quale tutti ci richiamiamo, ma solo quando ciò ci aggrada, il cui art. 32 garantisce “la tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”: addirittura Marcello Sorgi, noto giornalista normalmente equilibrato e informato, ha affermato che il nesso causale tra inquinamento e malattie è tutto da dimostrare, frase della quale farebbe bene a vergognarsi e che cozza con la realtà dei fatti.

Tutta la discussione si è invece sviluppata attorno alla questione dello scudo penale, ovvero quell’autentico obbrobrio giuridico messo in campo nel 2015 dal Governo Renzi, poi confermato durante la stipula del contratto e ora abolito dall’attuale Governo con i voti, oltre che del M5S da sempre avverso al provvedimento, del PD e di Italia Viva dello stesso Renzi: cioè quelli stessi che lo hanno introdotto, ora lo bocciano, ennesima dimostrazione di quanto siano pagliacci i nostri politici.

Lo scudo penale, condizione sine qua non perché Arcelor Mittal non abbandoni il campo, garantisce all’Azienda l’impunità nella realizzazione dei lavori contenuti nel cronoprogramma sottoscritto dalle parti: Gianrico Carofiglio, con il quale normalmente dissento, ieri sera ha spiegato con chiarezza e lucidità quanto questa folle iniziativa sia sbagliata e insostenibile, giacché la norma giuridica è generale e astratta, e un dispositivo che assicuri a un esclusivo soggetto (Arcelor Mittal nello specifico) un siffatto privilegio non è sostenibile e, con ogni probabilità, soggetto a un giudizio di in costituzionalità.

Cogliendo di sorpresa l’ineffabile e fenomenale Calenda, come sempre pieno di sé e autoconvinto delle sue miracolistiche doti, autoreferenziale e velleitario, il quale pur di difendere la sua azione, a mio avviso tutt’altro che positiva, è incorso in un errore grossolano che mette a dura prova la sua immeritata fama di persona competente e affidabile, allorché ha affermato che lo scudo penale è assolutamente corretto perché la legge all’interno della quale era inserito ha passato il vaglio del Quirinale.

Carofiglio, con serafica pazienza, ha dovuto spiegargli che quello del Quirinale è solo un esame per verificare palesi aspetti di incostituzionalità, e che il vero e definitivo giudizio è quello dell’Alta Corte: giova ricordare che la Procura di Taranto ha presentato un ricorso a tal proposito, le cui possibilità che venga accolto sono estremamente alte.

E va anche considerato che la minaccia di Arcelor Mittal di chiudere lo Stabilimento è di tutt’altro che semplice fattibilità, perché in ogni caso dovrà essere un tribunale a stabilire se le ragioni addotte dall’Azienda sono sufficienti perché si possa arrivare alla risoluzione del contratto, non basta che sia la stessa Azienda a deciderlo con un atto provocatorio e strumentale.

La verità è un’altra: l’Azienda non ha alcuna intenzione di rispettare il cronoprogramma, pur liberamente sottoscritto, e la prova è che la Procura di Taranto (secondo qualcuno colpevole di essere intervenuta a tutela della legge, quasi che perseguire i reati non sia suo preciso dovere, a tutela dell’ordine e del rispetto delle regole) le ha ingiunto di dare immediato impulso ai lavori di messa a norma dell’Altoforno 2, non ancora iniziati a dispetto degli impegni assunti, pena lo spegnimento dello stesso.

E non solo: la stessa Azienda ha programmato la messa in Cassa Integrazione di 5000 operai, visto il calo della produzione dovuto al crollo del prezzo dell’acciaio sul mercato internazionale, in totale disaccordo con il dettato contrattuale.

Quindi concludo con due considerazioni finali:

  • i politici, i commentatori, i presunti autorevoli giornalisti, si vergognino per non porre in doveroso rilievo il drammatico problema della tutela della salute dei Tarantini, da tempo minata da un comportamento criminale dall’establishment che ha privilegiato interessi di parte e di bottega, piangendo lacrime di coccodrillo dinnanzi ai lamenti di autentico dolore delle mamme e dei padri dei bambini innocenti morti per le mefitiche esalazioni della fabbrica assassina. Questo assassinio di stato (la lettera minuscola è voluta) non può continuare, dove non interverrà la giustizia su questa Terra lo farà quella divina, ne sono certo

  • l’attuale Governo non ceda al bieco e turpe ricatto dell’Azienda, le cui ragioni sono false, strumentali e non sostenibili, e la costringa a rispettare gli impegni assunti senza accampare scuse e pretesti. La legge è uguale per tutti, si rispetti il cronoprogramma sottoscritto dalle parti, nessuno potrà accusarla di colpe pregresse, ma non può pensare di fare profitto sulla pelle dei Tarantini.

La politica deve garantire il benessere della gente che elegge propri rappresentanti, la salute è un diritto, non una gentile concessione, chi non tiene a mente questo comandamento mandatorio non è degno del ruolo che occupa e va giudicato per le nefandezze delle quali si rende protagonista, senza pietà.

E io, per tornare alle considerazioni che esprimevo in apertura di questo scritto, dovrò ripensare ai miei principi, ai quali tuttavia non intendo rinunciare: pensavo esistesse coscienza, dignità, sentimenti di comprensione rispetto ai problemi del prossimo, e invece tutto si piega alla meschina logica del mercato, dell’economia, dei numeri e della finanza.

E’ spiacevole doverlo constatare ma la storia e la cronaca sono lì a dimostrarlo con assoluta e implacabile evidenza.

Igiene istituzionale…?

Il Governo Conte-bis è operativo da circa due mesi, ed è alle prese, in questi giorni, con la definizione della manovra di bilancio, attività come sempre laboriosa e di difficilissima gestione, giacchè tutte le forze che appoggiano la compagine di turno cercano di attestarsene le misure a lor più congeniali, e di affossare quelle sulle quali non concordano.

Ciò appare ancora più evidente nel caso del Governo attualmente in carica, data l’estrema eterogeneità delle forze che lo compongono, dando vita a una sorta di quadripartito formato da M5S, PD, LeU e Italia Viva.

Come si vede, si tratta di una coalizione che poggia su tre partiti usciti sconfitti dalle ultime elezioni, di qualsiasi ordine e grado: il PD ininterrottamente dal 2014, quando vinse le Europee sull’onda dell’entusiasmo per una nuova leadership, quella di Renzi, per poi perdere sempre e ovunque, fino a una settimana fa, quando ha rovinosamente perso le Regionali in Umbria, dove governava da cinquant’anni.

Il M5S, che dopo l’innegabile successo conseguito nelle politiche del marzo 2018, ha inanellato una sequenza di batoste che ne ha di fatto più che dimezzato i consensi, fino alla clamorosa legnata delle Regionali in Umbria, dove ha ottenuto uno sconsolante 7%.

E che dire di Leu, la cui percentuale non supera nel migliore dei casi il 2-3% e che, dopo essersi scisso dal PD in aperto disaccordo con la politica di quel partito, ora fa con lo stesso un’alleanza di Governo ottenendo, guarda un pò, l’ambita poltrona del Ministero per la Salute.

Naturalmente, i tre partiti appena citati, durante il periodo del governo Lega-M5S, si sono scambiati insulti, offese, contumelie, volgarità di ogni specie più adatte a un postribolo che non alla casa delle Istituzioni, salvo poi rimangiarsi tutto pur di accaparrarsi poltrone ministeriali e non, dando prova di trasformismo e mancanza di coerenza decisamente insopportabili: altro che bene dell’Italia, non ci crede nessuno che abbia un minimo di spirito critico e di buon senso.

E poi c’è la quarta forza, ovvero quell’Italia Viva, nata poche settimane fa per via dell’iniziativa spericolata dell’ineffabile Matteo Renzi il quale, dopo essere stato il principale artefice della nascita del Governo, lanciando l’idea dell’innaturale alleanza tra M5S e PD, dopo aver negato qualsiasi possibilità che ciò accadesse solo fino a pochi giorni prima, ha deciso la strada della scissione dal partito del quale è stato a lungo Segretario, portandolo a una serie infinita di sconfitte, fino a conseguire il 4 marzo del 2018 la peggiore disfatta nella storia della sinistra italiana, a far seguito alle batoste subuite durante la sua infausta gestione, dal referendum costituzionale del 2016, alle regionali, amministrative e via così.

In un Paese  normale, nel quale i politici avessero a cuore le sorti dello Stato e non solo le proprie personali ambizioni, un personaggio del genere si sarebbe ritirato a vita privata, tenendo fede peraltro a una sua solenne promessa alla quale come sempre ha mancato, e si sarebbe trovato un lavoro, lasciando ad altri il compito di amministrare la cosa pubblica: un uomo deve tenere fede alla propria parola, se non vuole essere giudicato un quaquaraquà, per usare una definizione di Leonardo Sviascia che come tali appellò coloro i quali non hanno nessuna credibilità e dignità.

Ma il mio negativissimo giudizio complessivo su Renzi è noto a quei pochi che leggono i miei scritti, e quindi non vale la pena che mi ripeta: ciò che mi preme è commentare il comportamento del nostro eroe in questi giorni.

Renzi ha fondato il suo partito attingendo al PD, dal quale sono fuorusciti un gruppo di Deputati e Senatori in numero sufficiente perchè fosse possibile formare i gruppi parlamentari nelle due Camere, lasciando all’interno dello stesso PD altri suoi adepti, il Ministro Bellanova in primis, quasi a fare la guardia al cortile e da sentinelle in grado comunque di riferirsi a lui, in caso di necessità.

Altri, più o meno riconducibili alla sua area, come per esempio Del Rio, Marcucci, Romano, Malpezzi, Ascani, fino al mitico Lotti, sono restati nel PD, e non si sa bene quale sia lo scopo di questo strano e anomalo comportamento.

Ciò premesso, in questi giorni Renzi cannoneggia il Governo, ed erge a suo bersaglio preferito quell’altro campione di coerenza e di credibilità del Presidente del Consiglio, quel Giuseppe Conte che è passato con assoluta nonchalance dal Governo con la Lega a quello col PD, rinnegando sè stesso e la sua attività: insomma, se non siamo su Scherzi a parte, poco ci manca.

Renzi lo tiene per la collottola, e a poco servono le rassicurazioni sulla stabilità del Governo e della stessa legislatura, che lo statista toscano elargisce a piene mani: la credibilità del personaggio è tale che conviene non dare alcun credito alle sue dichiarazioni, come la cronaca dimostra, e le sue ambizioni autentiche sono certamente altre.

Il mercato delle vacche continua, e altri voltagabbana, eletti nelle rispettive liste e ora pronti a cambiare bandiera in cerca di visibilità e chissà, magari qualche futura poltrona, sono pronti ad aderire al nuovo storico progetto,

Ma quello che veramente indigna è la recentissima sua dichiarazione, cha lascia francamente senza fiato: “Questo governo è nato in emergenza per rispondere allo strappo leghista. Con le elezioni anticipate avremmo avuto l’aumento dell’Iva, i pieni poteri a Salvini, un capo dello Stato No Euro e tensioni sui mercati. Con il blitz di agosto abbiamo eliminato in un colpo solo tutti questi rischi: rivendico l’operazione di igiene istituzionale che abbiamo fatto”. E pazienza se la maggioranza degli italiani, sondaggi alla mano e come dimostrano tutte le utlime elezioni, pensa l’esatto opposto: a Renzi della Costituzione non frega nulla, e per lui il concetto di sovranità che appartiene al popolo è un inutile orpello da ignorare, quando e se non si rivela funzionale ai suoi interessi.

L’espressione che egli ha adoperato è inammissibile, sconcia, irresponsabile e ne mette in luce l’assoluta mancanza di rispetto verso chi esprime opinioni contrarie alle sue, e che sono evidentemente milioni di persone: dovrebbe rammentare che, allo stato dei fatti, nessuno gli ha conferito un mandato a portare avanti le sue posizioni, peraltro strumentali, anzi con il voto gli è stato chiaramente detto che le stesse non sono condivise.

Dovrebbe ricordare che in democrazia esiste un solo caso di igiene istituzionale, ed è quello di rimettersi al giudizio insindacabile del corpo elettorale, il quale è l’unico giudice inappellabile cui è devoluto di stabilire a chi debba essere affidato il compito di gestire la cosa pubblica: altrimenti è perfettamente inutile riempirsi la bocca di concetti altisonanti che richiamano alla libertà, agli eroi della Resistenza al nazifascismo che con il loro sacrificio ci hanno donato la possibilità di liberarci dalla tirannia.

Belle parole, ma alla fine dei conti solo retorica, tanto poi si va a votare e chi perde governa, mentre chi vince è automaticamente bollato come indegno, pericoloso per le istituzioni democratiche, naturalmente fascista, pur in assenza di fascismo, se non è quello schierato dalla parte politicamente corretta.

Renzi sarà certamente forte nei palazzi del potere, all’interno dei quali sa come muoversi, avvezzo com’è alle manovre che si sviluppano nei corridoi e nei salotti degli stessi, ma non lo è certamente tra la gente, come dimostrano i sondaggi che da un lato accreditano al suo partito percentuali tra il 4 e il 6%, e che dall’altro attestano la sua bassissima popolarità: tanto è vero che ha il timor panico di andare a nuove elezioni, conscio del fatto che non è assolutamente detto che il successo possa arridergli.

E quindi continua a perseverare nel suo atteggiamento di Ghino di Tacco dei poveri: ogni riferimento a Bettino Craxi, più volte richiamato anche dagli organi di stampa, è totalmente fuori luogo, quello era un Politico di vaglia, uno Statista, sul quale con il tempo la storia darà il suo giudizio definitivo, probabilmente rivalutandone l’attività, e al suo confronto Renzi è soltanto una scialba e scolorita controfigura, con buona pace  dei suoi fedeli e mai rassegnati seguaci.

Io credo che prima o poi Renzi cederà alla sindrome dello scorpione, da cui è affetto, e si inventerà qualche tranello per far cadere Conte, eventualità che a me non dispiacerebbe affatto, ma in quel caso la prosecuzione della legislatura, con un altro Presidente del Consiglio ma con la stessa compagine governativa dovrebbe essere assolutamente esclusa: e non se ne abbiano a male gli insigni costituzionalisti della domenica, che leggono le pagine della Carta solo nelle parti che a loro piacciono, richiamando concetti che tutti conosciamo e condividiamo ma che non sono i soli dei quali tenere conto.

La nostra è una Repubblica parlamentare, ed è certamente vero che le maggioranze si formano in Parlamento, e ciò fa sì che l’attuale Governo sia assolutamente legittimo e titolato a sviluppare la sua azione, ma non si può impunemente rimanere sordi ai richiami dei padri costituzionalisti, da Mortati a Spadaro, da La Rocca a tanti altri, che hanno argomentato che quando è evidente che la volontà popolare disegna uno scenario oggettivamente e sensibilmente differente dai rapporti di forza delle Camere parlamentari, è assolutamente plausibile lo scioglimento delle stesse e ridare la parola al popolo, perchè eserciti il proprio diritto al voto.

Lo sappia Renzi, che da quest’orecchio pare non sentirci, e voglio sperare che qualora questo Governo dovesse cadere, le forze che lo sostengono diano una pur tardiva prova di coerenza e onestà intellettuale, non cedendo alla tentazione di perpetuare una situazione imbarazzante, a dir poco, e di abbandonare la via del trasformismo e del pervicace attaccamento alle poltrone: e che lo stesso faccia il Presidente della Repubblica, prendendo atto del fatto che non vi sono più le condizioni per continuare con questo squallido spettacolo, e che votare è un esercizio di normale democrazia, non un pericolo sociale da evitare come la peste.

Renzi si presenti alle elezioni, si confronti con l’elettorato, prenda atto del risultato e faccia valere il consenso del quale sarà accreditato: la sua credibilità è sotto i livelli di guardia, nonostante la grancassa che i mass media continuano inspiegabilmente a riservargli, e il solo modo per cercare di recupararla, seppur in parte, è quello di assumere un comportamento serio, responsabile, leale, scevro da interessi personali e strumentali, funzionali soltanto alle sue oscure manovre.

Dubito che ne sia capace, visti i precedenti, ma sperare non fa mai male, chissà che non possa finalmente verificarsi un miracolo…