Le tanto attese elezioni in Emilia Romagna e in Calabria si sono finalmente celebrate, e hanno emesso il loro definitivo verdetto: il centro destra strappa la Calabria al centro sinistra, che conserva l’Emilia Romagna.
Tutto ciò non è assolutamente in discussione, i numeri non si possono smentire, nella loro freddezza e oggettività: quello che invece può essere certamente fatto è analizzarli in maniera asettica, equilibrata, scevra da ideologismi e partigianerie, per cercare in questo modo di capire cosa è davvero accaduto e quali potrebbero essere le conseguenze.
E veniamo al punto: tutti i mass media hanno emesso il loro inappellabile verdetto, assegnando a Salvini, dal quale sono evidentemente ossessionati, il ruolo dello sconfitto, preconizzandone l’imminente fine politica, immaginando scenari che lo escludono da ruoli importanti, ed esercitandosi nella ricerca dell’erede che ne raccoglierà lo scettro di leader della Lega e magari anche dell’intera coalizione del centro destra.
Che Salvini puntasse fortemente alla vittoria in Emilia Romagna è certo, la campagna elettorale condotta porta a porta ne è la prova, l’esposizione mediatica è stata intensa, e non aver colto l’obiettivo è sicuramente segno di un passo falso, è questo è un fatto.
Ma i toni trionfalistici dei vincitori, convinti di aver iniziato una nuova fase che li condurrà all’immancabile vittoria, grazie alla quale il Paese rivedrà la luce della democrazia, del nuovo illuminismo, della libertà e della bontà sparsa a piene mani, sono francamente fuori luogo, se solo ci si decidesse a guardare ed analizzare più compiutamente i dati elettorali.
E allora proviamo a farlo, iniziando dall’Emilia Romagna, precisando intanto che ogni confronto va fatto tra grandezze omogenee, come è logico, e quindi tra le elezioni regionali di due giorni fa e quelle immediatamente precedenti.
D’altronde, insigni giornalisti e politologi nelle scorse settimane hanno dichiarato con ferrea convinzione che, quale che fosse stato l’esito, nessuna conseguenza vi sarebbe stata sul Governo, in quanto si trattava di un voto regionale: ragionamento condivisibile, in punta di diritto, ma allora non mi spiego perchè ora, a urne chiuse, i raffronti vengono fatti tra i dati di domenica e quelli delle europee dell’anno passato!
Serietà vorrebbe che vi fosse coerenza anche in questo caso, non già tra i politici, la cui smania di interpretare il mondo secondo la loro strumentale visione del momento è palese, ma almeno i presunti commentatori competenti dovrebbero esercitarsi a esserlo: invece no, anche loro cambiano opinione a seconda di come gli aggrada e conviene, per perorare le loro opinioni di parte.
Questo sono i dati di confronto tra le elezioni in Emilia Romagna tenutesi rispettivamente nel 2014 e nel 2019, riferendoci ai voti di lista:
Vediamo cosa sanciscono i dati, cominciando dai perdenti:
- la Lega passa dal 19,4 al 31,97, il che si traduce in un incremento percentuale del 40%
- FdI passa dall’1,9 al 8,63, quadruplicando la sua percentuale
- FI perde il 60%
E i vincenti del PD:
- passano dal 44,5 al 34,6, con un decremento del 23%
Infine, il M5S dimezza abbondantemente la pripria percentuale.
Allora, quali conclusioni se ne traggono: non è in dubbio la vittoria di Bonaccini, alla quale hanno contribuito in maniera determinante il voto disgiunto e le sardine, ma da qui a stabilire che quello sia stato un trionfo ce ne corre, e farlo vuol dire offendere la propria intelligenza e quella degli altri, negare i numeri o usarli in maniera impropria non serve ad altro che ad alimentare l’impressione estremamente diffusa, che i cosiddetti opinion maker credono, sbagliando, che chi li ascolta non sia capace di ragionare con la propria testa, ignorando il fatto che molto spesso la gente è più intelligente di chi ritiene di detenere la verità assoluta, in virtù di una supremazia intellettuale che si auto attribuisce, senza averne alcun diritto.
E se si esaminano analogamente i dati calabresi, le cose non cambiano, anzi: il PD passa dal 23,67 al 15,19, con un decremento del 36%, la Lega consegue il 12,25, mentre nel 2014 non si presentò, FdI passa dal 2,47 al 10,85, quintuplicando la percentuale.
E allora? Dov’è la clamorosa sconfitta del centro destra? E dove la trionfante cavalcata del centro sinistra? In realtà, va ricordato che il centro destra ha vinto 8 delle 9 elezioni regionali negli ultimi due anni, e passando al Governo in carica, è oggettivo che si fondi su un partito che non si schioda dal 17-18% (il PD), un altro in via di estinzione (il M5S), LeU che vale forse l’1,5%, e Italia Viva che, come i ladri di Pisa, appoggia il Governo di mattina e lo contesta di notte: insomma, un caravanserraglio privo di logica e credibilità, situazione di fronte alla quale forse una riflessione da parte del Quirinale sarebbe opportuna, alla luce di quanto prevede la Costituzione.
Non aggiungo più nulla, se non che sarebbe il caso di assumere un atteggiamento di maggiore responsabilità, e che sarebbe anche il caso, da parte dei mass media, di smetterla con la faziosità: la loro credibilità è già seriamente compromessa, e così perseverando finiranno per perderla definitivamente.
Chissà che prima o poi non lo capiscano…