Riflessioni sulla “democrazia”

In questi giorni le acque nelle quali naviga perigliosamente il Governo giallo-rosso si sono fatte sempre più agitate, e gli scogli che affiorano minacciosi lasciano intravedere il pericolo di una rovinosa collisione.

Non mi riferirò alla grottesca vicenda Gregoretti, conclusasi con l’autorizzazione concessa dal Senato a procedere nei confronti dell’ex Ministro Salvini, accusato di seuqestro aggravato di persona: dirò soltanto che, a quanto è dato sapere e senza entrare nel merito della vicenda, sulla quale ciascuno ha il diritto di farsi una propria idea, è comunque la prima volta che, almeno nell’Europa libera e democratica, un Parlamento condanna il Capo dell’opposizione a essere processato per un atto politico compiuto nella veste di Ministro.

E ciò accade senza alcun riguardo alle due seguenti considerazioni:

  • il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, non si è assunto la responsabilità di attestare la sua partecipazione alla decisione presa da Salvini, facendo finta di ignorare che il dettato della Costituzione assegna al suo ruolo il compito di guidare e indirizzare il Governo in ogni sua azione: a prescindere da valutazioni pur lecite sull’evidente pavidità e mancanza di dignità e coerenza di un siffatto comportamento, delle due una, o costui era Presidente del Consiglio a sua insaputa, ignorando le iniziative dei Ministri che da egli dipendevano, o ne era a conoscenza e allora ne era anche corresponsabile. In entrambi i casi, un minimo sussulto di amor proprio e senso dello Stato dovrebbe suggerirgli di trarre le dovute conseguenze;
  • il M5S, che nel caso Diciotti, assolutamente e oggettivamente analogo, al di là dei risibili distinguo che i suoi rappresentanti cercano di addurre, senza logica e con risultati risibili, votò in senso contrario alla richiesta, con la Lega alleato di Governo, questa volta vota in senso contrario alla precedente. Alla faccia della coerenza etica e politica, dimenticando che il controllo dei flussi migratori era argomenti esplicitamente previsto dal famoso contratto di Governo;
  • e infine il PD, che conferma la sua antica tradizione che lo vede sempre pronto a combattere l’avversario politico di turno per via giudiziaria, cercando di sconfiggerlo delegando l’impresa alla Magistratura, non  essendo ormai da lungo tempo incapace di farlo democraticamente nelle urne, a dispetto del suo stesso nome.

Ma quello di cui mi preme scrivere è quanto sta accadendo tra le fila delle forze che sostengono l’attuale Governo giallo-rosso, e comincerò a farlo ricordando quali e quante esse siano e come si siano tra di loro alleate:

  • il PD, all’indomani delle più cocente sconfitta elettorale nella storia della sinistra, ottenendo nel marzo del 2018 il suo minimo storico, cui ha fatto seguito una lunga serie di debacle in occasione di elezioni amministrative e regionali, con la sola eccezione dell’Emilia Romagna (vinta comunque arretrando del 25% rispetto alla precedenti consultazioni). Un partito serio, credibile e consapevole, alla luce dell’allontanamento degli elettori, si sarebbe ritirato in buon ordine a riflettere analiticamente sulle ragioni delle sconfitte subite, invece di approfittare della contingenza per tornare al Governo a occupare poltrone, in sfregio alla volontà espressa dal corpo elettorale;
  • il M5S, passato tranquillamente da un’alleanza con la Lega a quella con il PD, rinnegando ogni suo impegno, tutte le dichiarazioni con le quali affermava la sua diversità e la sua coerenza, non riuscendo con tutta evidenza a rinunciare alle poltrone conquistate e dimostrando, in questo modo, che il potere affascina chiunque lo assapori, e obnubila la mente e annulla la dignità. Tutto ciò mentre intanto in tutte le consultazioni elettorali post 4 marzo 2018, il M5S ha accumulato una serie infinita di sconfitte che hanno disastrosamente eroso il suo consenso;
  • Liberi e Uguali, che alle elezioni politiche rimediò una percentuale modestissima, deludendo le sue aspettative allorchè si scisse dal PD, per cercare di dare vita a un’area più dichiaratamente di sinistra, con l’ambizione di recuperare parte di quell’elettorato che da quelle posizioni si era allontanato;
  • dulcis in fundo, Italia Viva, con a capo quel Matteo Renzi che, dopo essere stato il deus ex machina della nascita di questo Governo, non appena i suoi rappresentanti si sono accomodati sulle anelate poltrone, pensò bene di dare vita a una scissione che con tutta evidenza aveva in mente da tempo, e che ora gli consente sfacciatamente di mostrare il suo ruolo, che altrimenti gli sarebbe stato negato, in virtù del fatto che aveva promesso di abbandonare la scena politica in caso di insuccesso nel referendum costituzionale del dicembre del 2016, e delle ripetute e ininterrotte sconfitte elettorali e della serie infinita di promesse tradite. E il tutto, sedendosi in quel Senato che a parole voleva abolire, con i voti del PD dal quale si è dossociato, e senza essere passato dalle urne per verificare se le proposte che ora Italia Viva avanza incontrano o meno il consenso della gente. Non so in quale altro Paese tutto ciò sarebbe consentito.

Questo Governo, le cui due forze politiche maggiormente rappresentative si sono bastonate per mesi e mesi, è da tempo paralizzato su ogni tema o argomento degno di essere efficacemente gestito, dall’economia alla sicurezza, dal lavoro alle crisi industriali e occupazionali, facendo proprio l’insegnamento di Giulio Andreotti, tira a campare, nella consapevolezza che un’eventuale crisi, con la prospettiva di tornare a votare, farebbe sì che con molte probabilità un ritorno al potere sarebbe quanto mai improbabile, almeno a quanto sembrano suggerire tutti i sondaggi e gli stessi esiti delle consultazioni europee, amministrative e regionali degli ultimi due anni, e molti attuali parlamentari non sarebbero certamente rieletti.

Anche se, va detto, quando c’è di mezzo il PD il fatto che perda le elezioni non è garanzia che poi si accontenti di fare opposizione, visto che in barba alle sconfitte governa  ininterrottamente dal 2011, con la breve parentesi del Governo M5S-Lega…

Tutto sommato ci sarebbero già tutte le ragioni per indignarsi, nel vedere che in un Paese che si professa democratico e la cui Costituzione sancisce che la sovranità appartiene al popolo, il quale è chiamato a pronunciarsi recandosi liberamente alle urne e altrettanto liberamente si esprime votando, finisce poi che chi le elezioni le perde governa, e chi le vince sta all’opposizione: e se è vero, come è vero, che in una Repubblica parlamentare come la nostra, le maggioranze si formano in Parlamento, e che ne consegue che anche l’attuale Governo è perfettamente legittimo, è altrettanto vero che quando un esecutivo è basato su forze che nel sentire popolare sono in netta minoranza, conclamata nel tempo senza che si verifichi una sia pur minima inversione di tendenza, si pone un problema di rappresentatività che nessuno può permettersi il lusso di ignorare, glissando e trincetrandosi dietro un formalismo ipocrita e capzioso.

In questi giorni poi, stiamo assistendo a uno squallido spettacolo e a un penoso teatrino che vede per protagonisti due personaggi ai quali assegno la palma di peggior politico della storia della Repubblica, Matteo Renzi, e di peggior Presidente del Consiglio, Antonio Conte, secondo la mia personale opinione, certamente opinabile ma convinta e sentita.

Due figuri che fanno della mistificazione della realtà un’arte, e che si barcamenano tra una bugia e un’altra, spinti da una sola necessità, quella di conservare le poltrone che occupano, consci che tornarvi potrebbe essere problematico.

Per un paio di giorni i due se le sono date di santa ragione, con Renzi paladino dei diritti, avversando la riforma della prescrizione: ora, sullo specifico tema, credo che sia dalla parte della ragione, ma la sua storia fatta di bugie, tradimenti delle promesse solenni, giravolte a 360°, passaggi spregiudicati di qua e di là, fanno sì che, anche quelle rarissime volte nelle quali assume posizioni condivisibili, è tale la sfiducia che ogni sua parola genera in chi lo ascolta che le sue dichiarazioni non riscuotono alcun credito.

E Conte che giura e spergiura che il solo suo interesse è quello di portare avanti l’efficace azione di Governo, e già su questo ci sarebbe da sbellicarsi dalle risate, giacchè abbiamo appena appreso quali sono i dati sull’economia, con le stime sul PIL in continua discesa, Italia fanalino di coda in Europa per la crescita, con l’IVA sterilizzata per il 2020 ma già postata per il 20121 e 2022 per un totale di 46 miliardi, tanto che il Governo nato per evitarne l’aumento già lascia trapelare l’idea di una “rimodulazione”, termine edulcorato per nascondere la fregatura…

Ma quel che è più comico, alla domanda di una giornalista che gli chiede se lavora per un eventuale Conte ter egli, sdegnato, afferma che è un’ipotesi da escludere perchè occorre dare credibilità alla politica e che non si presterebbe a un Governo con una maggioranza diversa dall’attuale: esattamente le stesse parole che pronunciò quando presiedeva il Conte 1, quello con la Lega, salvo poi smentirsi poche settimane dopo… insomma, la fiera della menzogna interpretata da due attori degni dell’Oscar per la categoria, senza rivali!

E così si fa un Consiglio dei Ministri disertato da quelli di Italia Viva, che intanto vota contro il Governo e con l’opposizione, dichiarando stentoreamente attraverso la voce tonante di figure di terz’ordine quali tale Luciano Nobili, una specie di pasdaran renziano per il quale il suo referente è la reincarnazione di Cavour, o Davide Faraone, quallo che si imbarca su Sea Watch per solidarizzare con Carola Rackete ma si guarda bene dall’andare a fare lo stesso magari tra i terremotati dell’Umbria…

E dopo soli due giorni durante i quali abbiamo ballato sull’orlo del precipizio, aspettando da un momento all’altro l’esplodere dell’inevitabile crisi di Governo, ecco che  improvvisamente scoppia la tregua, il Ministro Bellanova dichiara che la mozione di sfiducia contro il Ministro Bonafede non è all’ordine del giorno, e Renzi dice che il Governo deve andare avanti perchè bisogna eleggere il successore di Mattarella evitando che lo faccia la destra.

Ma la verità è un’altra: sono in scadenza centinaia di nomine, tra Enti pubblici, partecipate, grandi Aziende di Stato, ed è qui che si gioca la vera partita, perché assicurare la presenza di propri uomini e donne nei Consigli di Amministrazione garantisce la vera gestione del potere.

E a questo richiamo tutti i partiti sono particolarmente sensibili, e nonostante le dichiarazioni eroiche con le quali cercano di convincere chi li ascolta che ogni loro azione è finalizzata al bene comune, sono pochi coloro i quali sono disposti a credergli, ma la verità è un’altra.

Ed ecco che ieri sera Conte sale al Quirinale, rassicura il Presidente della Repubblica che, anche nel caso quanto mai improbabile che Renzi porti a termine le sue minacce, in Parlamento vi saranno comunque i numeri perché il suo indegno Governo possa andare avanti: e Mattarella, che di questo esecutivo è uno dei padri, evita accuratamente di fare ciò che forse sarebbe giusto, e cioè chiedere un chiarimento formale, visto che ormai la convivenza tra le “forze” che appoggiano il Governo è improntata al tatticismo, all’opportunismo e alla credibilità definitivamente smarrita.

Il Governo non cadrà, questa è la mia opinione, i partiti che lo compongono sono del tutto indifferenti alle ragioni della democrazia, della rappresentatività dell’elettorato, di ciò che vorrebbe il Popolo, e si proteggono al riparo del puro formalismo costituzionale, senza il pudore che suggerirebbe di evitare di apparire, nell’immaginario e nella realtà, come interessati esclusivamente alla gestione del potere e delle poltrone, mentendo alla gente e a sé stessi.

Uno squallido spettacolo, per niente edificante, che una volta di più disvela la meschinità e la totale inaffidabilità di una classe dirigente che è probabilmente la peggiore nella storia della Repubblica, tanto da far rimpiangere i tanto vituperati politici della prima, i quali, al netto degli errori commessi, avevano una visione, un progetto, e soprattutto una competenza che il migliore degli attuali non possiede in alcun modo.

Ne consegue un vulnus democratico che è sotto gli occhi di tutti coloro i quali hanno acume per vederlo, e credo che il Quirinale dovrebbe prenderne atto e dare pratica attuazione a provvedimenti che possano restituire centralità agli Italiani, il cui parere conterà pure qualcosa, e che consentire a chi ne rappresenta una parte assolutamente minoritaria di gestire la cosa pubblica allontana sempre di più i palazzi dal sentire comune.

Ma, purtroppo, temo che ciò non accadrà.

 

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