E’ in pieno svolgimento presso l’UE il dibattito sulle modifiche da apportare al trattato di Dublino, che disciplina le modalità di gestione del fenomeno dell’immigrazione, che da tempo impegna seriamente soprattutto il nostro Paese, particolarmente esposto in virtù della propria posizione geografica nel Mediterraneo.
Dalle ultime notizie emerse, tenuto conto del fatto che le decisioni non sono ancora definitive e che è in corso un vivace dibattito tra i Paesi UE, con posizioni contrastanti, ciò che sembra essere stato stabilito è che, al contrario di quanto auspicato dall’Italia, non si andrà verso una ricollocazione automatica e distribuita dei migranti, ma i Paesi che non accetteranno di accoglierne una parte, dovranno farsi carico delle spese per il rimpatrio da quelli di primo ingresso (spesa valutabile in una cifra di circa 10.ooo € a persona).
Ribadendo che non c’è ancora una decisione definitiva, credo che se finirà così, per l’Italia sarà l’ennesima beffa, un’ulteriore presa in giro, e il nostro Paese continuerà a essere lasciato in prima linea per affrontare quello che ormai è un problema conclamato, con il quale bisognerà fare i conti per molti e molti anni ancora.
E ciò induce quindi a chiarire qualche concetto che i più faticano a comprendere.
Per la mia professione ho trascorso in mare molti anni, imbarcato sulle Navi della nostra Marina Militare, e so benissimo, per averlo vissuto, cosa vuol dire affrontare il mare grosso, il pericolo che si corre in certe circostanze, e chiunque abbia navigato sa che soccorrere e salvare vite umane che vi si trovano e che sono in difficoltà, fino a rischiare la propria vita, è un dovere sacro, che travalica qualsiasi legge, e un uomo di mare, nel compiere questo suo obbligo etico e morale, non si pone in nessun caso il problema di capire chi è la persona da aiutare, quale sia la sua nazionalità, quale la sua etnia: interviene e basta, e su questo non ci sono discussioni che tengano.
Lo dico perché non esistano dubbi interpretativi su ciò che intendo affermare, sgomberando il campo senza indugi.
Il Trattato di Dublino stabilisce che la responsabilità della gestione dei migranti che vengono raccolti in mare è del Paese di primo ingresso.
Ed è proprio questo il problema: occorre tenere presente che vi è un elemento che viene bellamente trascurato, nonostante sia stabilito da leggi internazionali vigenti da sempre e mai messe in discussione.
Quando una Nave soccorre in mare migranti e li imbarca, la responsabilità delle loro gestione ricade sulla Nazione sotto la cui bandiera quell’Unità navale opera! Quello è il Paese di prima accoglienza!
Ergo, se per esempio la Nave batte bandiera tedesca (vedi Sea Watch), quei migranti devono essere presi in carico dalla Germania, questo stabilisce la legge: nessun dispositivo, e tanto meno il Trattato di Dublino, può assegnare all’Italia l’onere di accollarsi la gestione di tutte le migliaia di migranti, spesso clandestini, che sbarcano sulle sue coste solo perchè la posizione geografica della nostra penisola ne fa un naturale porto di approdo.
La Nave che ha raccolto i migranti deve quindi fare rotta verso i porti del suo Paese di bandiera, ferma restando la possibilità di chiedere assistenza al nostro Paese prima di affrontare una navigazione che talvolta può essere lunga.
Questo deve fare l’Italia, chiedere il rispetto delle norme vigenti e mai emendate, e non accontentarsi di soluzioni interlocutorie e poco efficaci, quali quelle fin qui intraprese dall’UE e quelle che si prospettano alla luce delle attività in corso.
D’altronde, accettare che tutti i migranti sbarchino nei nostri porti, portando al collasso le città costrette ad accoglierli (vedi Lampedusa, tra le tante altre), vuol dire accettare il fatto che sempre più spesso costoro riescono in qualche modo a evitare i controlli e fuggono, riversandosi sul territorio nazionale senza avere un lavoro e con scarsissime possibilità di una vera integrazione, con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti.
Concludo quindi osservando che, a mio avviso, il Governo in carica debba assumere un’iniziativa ferma e irremovibile nei confronti dell’UE, chiarendo che le leggi che disciplinano questo importante fenomeno sono da applicare sempre e comunque, e che ogni altro palliativo non è accettabile, perché pone il nostro Paese in oggettive condizioni di difficoltà, peraltro acuite in questo periodo drammatico per effetto della pandemia.
Ogni atteggiamento di falso, capzioso e pruriginoso finto buonismo è intollerabile, perchè lontano dalle esigenze e dai diritti di chi vede il problema dell’immigrazione clandestina come un fattore di insicurezza, e lo fa non sempre per errata percezione, ma per oggettive condizioni, come la cronaca si incarica spesso di segnalare con evidenza.
Una Nazione che non è capace di far rispettare i propri confini, non è una Nazione.