La seconda ondata

Tutti ricordiamo le settimane trascorse in una forzata clausura, a cavallo tra l’inverno e la primavera di quest’anno infausto, per fronteggiare lo tsunami che ha travolto il mondo intero, sotto le spoglie di un virus subdolo, sconosciuto e insidioso, che ha costretto intere comunità a farsi carico di una situazione certamente imprevedibile, e di fronte alla quale è stato necessario assumere iniziative pesanti e drammatiche, ma inevitabili.

E l’Italia, attraverso il suo Governo, ha dovuto affrontare questa tremenda minaccia per prima tra i Paesi d’Europa, e a distanza di tempo, dopo le altrettanto inevitabili riflessioni sui comportamenti, sulle responsabilità, sui provvedimenti assunti, non si può non riconoscere che, al netto degli errori commessi dovuti principalmente al fatto che nessuno era pronto ad affrontare una simile emergenza, i risultati ottenuti sono stati tutto sommato positivi.

Ciò anche e soprattutto grazie al comportamento responsabile della popolazione che, pur tra le difficoltà oggettive che tale situazione ha proposto, ha saputo adeguarsi e dare prova di responsabilità, di senso civico, di disciplina: tutto ciò ha avuto un peso determinante per ottenere i risultati che tutti sono pronti a riconoscere.

Poi la tempesta è parsa placarsi, i numeri della diffusione del contagio hanno consentito un allentamento della morsa, pian piano le attività sociali, commerciali e industriali hanno ripreso il loro corso e forse tutti abbiamo pensato che il peggio fosse passato.

In realtà, come tantissimi scienziati non hanno mancato di segnalare, poteva trattarsi di un momento di tregua, e non si poteva certamente escludere l’eventualità di una recrudescenza del contagio, con l’arrivo dell’autunno e con la ripresa di una relativa normalità: ebbene, è esattamente quello che sta accadendo in questi giorni, e stiamo assistendo a un progressivo e preoccupante incremento del numero dei positivi, dei ricoveri e, ahimè, dei decessi che pur non assumendo le proporzioni drammatiche della scorsa primavera, impone tuttavia un allarme e la presa d’atto che la guerra contro il virus è ancora ben lungi dall’essere vinta.

E su questa situazione ormai conclamata occorre fare delle riflessioni che si basino su elementi oggettivi e senza abbandonarsi al furore ideologico e ai pregiudizi.

Nella prima fase della pandemia furono commessi errori, da parte delle autorità di Governo e dalle stesse Regioni, dovuti in un primo momento alla sottovalutazione del fenomeno unita a una capziosa voglia di buonismo, poi alle oggettive difficoltà di gestione di una circostanza assolutamente imprevedibile: sulle responsabilità vi sono in corso inchieste, indagini e accertamenti, e quindi sarà bene esimersi dall’esprimere posizioni personali, e attendere che gli organi inquirenti compiano il loro dovere e si pronuncino in merito.

Ma ciò che invece è a mio avviso necessario fare in questa fase è capire se le iniziative che dovevano essere assunte per affrontare, con la richiesta efficienza ed efficacia, questa seconda ondata della pandemia sono state effettivamente messe in atto, dal momento che l’attenuante della sorpresa e dell’imprevedibilità degli eventi non regge più.

Ricordo che il Governo in carica decretò lo stato d’emergenza fin dal 31 gennaio u.s., e che di proroga in proroga lo ha portato, al momento, al 31 gennaio 2021, caso unico in tutta Europa: provvedimento che personalmente non condivido, confortato in questo mio parere da quello di insigni studiosi, costituzionalisti, sociologi, analisti che lo hanno reputato inadeguato, sproporzionato rispetto alle reali necessità, e financo pericolosamente antidemocratico, in quanto consente all’esecutivo di legiferare a colpi di DPCM, scavalcando il Parlamento che è stato privato della sua funzione sacrosanta e costituzionale di verifica e controllo.

I difensori dell’attività del Governo rispondono a queste obiezioni affermando che senza lo stato d’emergenza, non sarebbe stato possibile attuare tutti quei provvedimenti e quelle disposizioni che ora consentono una gestione adeguata della situazione, e il fatto che analoga situazione non riguardi alcun altro Paese europeo, e non solo, non è sufficiente, per loro, per riconoscere che evidentemente l’Italia rappresenta un unicum difficilmente spiegabile e comprensibile.

Ma volendo prendere per buona, obtorto collo, questa tesi, allora bisogna accettare serenamente che ci si chieda se avere rinunciato a garanzie costituzionali sia stato proficuo sotto l’aspetto dell’efficienza ed efficacia, e se tutto ciò che andava fatto si è concretizzato.

E qui, le perplessità ci sono tutte e trovano purtroppo riscontro nei fatti.

Due giorni fa, sulle pagine del Corriere della Sera, Pierluigi Battista, uno dei pochi giornalisti che hanno il coraggio di esprimere le proprie opinioni con oggettività e senza condizionamenti, ha esaminato la situazione che stiamo vivendo in questa seconda fase della pandemia, e ha elencato le manchevolezze che sono sotto gli occhi di tutti.

Per esempio:

– si è sempre affermato che uno dei provvedimenti più urgenti e determinanti da attuare è quello del tracciamento dei contagiati, per poter prestare loro cure immediate in caso di necessità e per monitorare l’eventuale diffusione dell’infezione, tra coloro i quali sarebbero venuti in contatto con loro. Ebbene, sono sotto gli occhi di tutti le scene indecenti e indecorose che passano tutti i giorni in TV, da Roma, da Milano, da Napoli, con file di persone costrette ad attendere fino a 10, 12 ore intrappolate nelle proprie auto, in attesa di poter fare un tampone. Scene non degne di un Paese del cosiddetto terzo mondo, e non di una Nazione sviluppata e teoricamente evoluta: cosa ha fatto il Governo in questi mesi per pianificare questa attività, ora che scopriamo addirittura che vi sarebbe carenza di reagenti tanto da provocare intollerabili ritardi nella determinazione dell’esito del test? Evidentemente, poco o nulla

– uno dei problemi drammatici che caratterizzarono la prima fase dell’emergenza fu quello della carenza di posti nei reparti di terapia intensiva degli ospedali, e fu chiaro che era necessario porre in essere un’immediata strategia per aumentarne il numero. Ebbene, quando è stata emessa la relativa gara d’appalto? Solo ai primi di ottobre, e ora i tempi tecnici per la valutazione delle offerte e l’aggiudicazione del contratto saranno tali che si correrà il rischio di una saturazione dei posti disponibili quando, Dio non voglia, saremo in piena emergenza. Qualcuno del Governo può spiegare il perché di questa inconcepibile isteresi?

– i famigerati banchi “a rotelle”, che parevano essere la condizione sine qua non per consentire la riapertura delle scuole: sapete quanti ne sono stati consegnati finora? Una percentuale vicina al 15%! Con gli scolari che si portano dietro da casa tavolette di legno sulle quali poggiare libri e quaderni, in mancanza del banco. Chi ci spiega come ciò sia possibile?

– per tutta l’estate virologi, scienziati, infettivologi, ci hanno sfiniti con la sollecitazione rivolta a tutta la popolazione a vaccinarsi contro l’influenza, come necessario atto di prevenzione per evitare il sovrapporsi, in autunno e in inverno, tra i sintomi della sindrome influenzale e quelli del COVID. Qualcuno si è spinto ad affermare la necessità di rendere obbligatoria la vaccinazione, tanto la si ritiene determinante. Ebbene, per reperire il vaccino in farmacia o tramite il proprio medico di base, è necessaria l’intercessione di un qualche Santo invocandolo tramite assorte e devote preghiere, perché altrimenti è impresa vana, e questo vale su tutto il territorio nazionale. Cosa ha fatto il Governo per garantire la disponibilità delle dosi necessarie in tempo utile?

– un problema oggettivo è quello dei trasporti: basta provare a prendere una corsa della metro o un autobus di linea per rendersi conto del fatto che la norma che prevede distanziamento e capienza ridotta è totalmente disattesa e non vi sono controlli, e ciò rende altamente probabile la diffusione del contagio tra coloro i quali, dovendosi recare al lavoro, a scuola o solo perché necessita di spostarsi ma non dispone di altri mezzi non può far altro che prendere mezzi pubblici. Chi doveva intervenire e non lo ha fatto?

Mi fermo qui, ma ci sarebbero numerosi altri punti da esaminare, non prima tuttavia di ricordare che il Governo ha sentito l’esigenza di nominare un Commissario straordinario per la gestione degli acquisti dei beni e dei servizi necessari per affrontare l’emergenza: se i risultati sono questi, delle due l’una, o il personaggio scelto non è all’altezza del suo ruolo, e il sistema adottato non è quello corretto, e allora si intervenga.

E non serve nemmeno cercare la capziosa distinzione tra competenze del Governo centrale e quello delle Regioni: la Sanità è materia concorrente, come sancito dalla Costituzione a seguito della sciagurata riforma del Titolo V di qualche anno fa, e quindi le responsabilità sono di tutti, nessuno può far finta di essere in possesso di una verginità irrimediabilmente persa da lungo tempo.

Piuttosto, trovo particolarmente sgradevole e inaccettabile l’atteggiamento che il Governo sta assumendo, quello cioè di gettare sulle spalle dei cittadini la responsabilità di ciò che di grave potrà accadere, ribaltando i ruoli. e cercando di sottrarsi alle proprie.

Esempio lampante è quello della incredibile uscita del Ministro per la Salute Roberto Speranza il quale, durante un intervento in TV, a proposito della necessità di evitare feste private alle quali possano partecipare parenti e amici, alla domanda su come fare i controlli in abitazioni private, non ha trovato niente di meglio da dire che si confida nelle segnalazioni di vicini o affini.

All’ineffabile Ministro suggerisco la visione del film “Le vite degli altri”, ambientato nella DDR di comunista memoria, nel quale si racconta di come la STASI, polizia del regime, frugava nell’esistenza di comuni cittadini, violentandone l’intimità e la libertà: ma quella era una dittatura, non dovremmo essere in democrazia, anche se forse sarebbe opportuno dimostrarlo con i fatti, e non solo dichiararlo.

Non è proprio fare questo genere di paragoni, certo esagerati e non coerenti con la nostra realtà, ma a parte che “voce dal sen sfuggita poi richiamar non vale”, è palese di come piaccia al governo emettere disposizioni e suggerimenti di dubbia realizzazione, e talvolta dimentichi delle più elementari garanzie costituzionali ( ma ve lo immaginate cosa accadrebbe qualora al vostro uscio si presentassero la Polizia o i Carabinieri per verificare la presenza del settimo invitato non consentito da un qualsiasi DPCM, chiamati da un vicino delatore?), a me pare che oggettivamente si stiano superando dei limiti come mai è stato fatto in passato.

E l’opposizione smetta di fare finta di indignarsi, di promettere di fare le barricate, di scendere in piazza, e altre simili baggianate, e ponga in essere azioni incisive e significative.

Quando i fascisti nel 1924 uccisero Giacomo Matteotti, loro fiero avversario e segretario del Partito Socialista, l’opposizione “salì sull’Aventino” astenendosi dai lavori parlamentari, fino a quando i responsabili dell’assassinio non fossero stati processati: il richiamo storico è sproporzionato, me ne rendo conto, ma vi ricorro soltanto perché un’opposizione credibile mette in atto iniziative anche clamorose, ma sempre rispettose della democrazia e delle sue regole, e non si limita a slogan e messaggi affidati ai social al solo scopo di fare ammuina. In difetto, si rende complice di ciò che accade e dilapida il patrimonio di affidabilità del quale gode.

E infine, ai mass media, un invito, che però temo rimarrà inascoltato: basta con le faziosità, chi non riesce a fare un vaccino, non può prendere serenamente un mezzo pubblico senza il terrore di essere contagiato, chi non ha ancora ricevuto la cassa integrazione, dorme in macchina per attendere di fare un tampone, se ne frega se ciò è responsabilità di questo o di quello, pretende rispetto della propria dignità di cittadino e non di suddito, e la narrazione faziosa e pregna di pregiudizi non è dignitosa e per nulla corretta, sarà bene rendersene conto.

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