Talebani di casa nostra

Questa mattina mi è capitato di leggere sul Corriere della Sera un intervento di Massimo Gramellini, che ha posto la sua attenzione sull’atmosfera che ormai sta connotando i nostri tempi, durante i quali si va sempre più affermando una netta divisione tra fazioni, in quasi tutti i campi della comunicazione e del pensiero, assolutamente incompatibili tra di loro.

Proprio quando, dopo un lungo periodo di tempo durante il quale li avevamo dimenticati, tornano alla ribalta i Talebani afghani, e a loro associamo il principio dell’intolleranza, della fedeltà assoluta e incrollabile nelle proprie idee e convinzioni: e naturalmente ci indigniamo dinnanzi a simili atteggiamenti, perché noi che invece ci definiamo profondamente democratici, riteniamo assolutamente giusto e corretto rispettare tutte le opinioni e le diverse posizioni.

Bene, la nostra coscienza è a posto, abbiamo sistemato la questione: peccato però che la realtà sia ben diversa, e i Talebani sono tra noi, pur con il passaporto italiano.

Sì, perché la verità è che da quando siamo alle prese con la maledetta pandemia, su qualsiasi argomento ci si schiera tra due nette fazioni, ferocemente contrapposte, e non c’è verso di fare in modo che si possa argomentare confrontando i fatti, i dati oggettivi, e non i preconcetti e i pregiudizi, che muovono i pensieri dall’una o dall’altra parte.

A supporto di questa mia tesi, propongo due casi di estrema attualità in questi giorni.

Il primo è il green pass, o lasciapassare, come preferisco chiamarlo per non cedere alla nostra insana passione per gli anglicismi.

Il manicheismo imperante definisce due macro categorie: chi lo approva è favorevole al vaccino, chi esprime dubbi è no-vax.

Niente di più sbagliato, secondo me: io appartengo alla schiera di chi osa pensare, e affermare, che il lasciapassare non è strumento di salute pubblica, ma un metodo puramente surrettizio per indurre a vaccinarsi. Di questa mia stessa opinione sono numerosi rappresentanti del mondo scientifico (Crisanti, tra gli altri) e del pensiero (Cacciari e Agamben, per esempio).

Il perché è presto detto: il lasciapassare viene rilasciato a chi è guarito dal virus, a chi ha fatto un tampone negativo nelle ultime 48 ore, e a chi è vaccinato.

In quest’ultimo caso, la comunità scientifica ha stabilito che il vaccino non immunizza rispetto alla possibilità di contrarre l’infezione, ma garantisce che in tal caso la malattia non si svilupperà nella sua forma grave, almeno nella stragrande maggioranza dei casi, evitando la pressione sul sistema sanitario.

Non è lecito nutrire dubbi sul fatto che ciò costituisce un risultato di estrema importanza, ma occorre comunque considerare che la stessa comunità scientifica mette in guardia dal fatto che un vaccinato che abbia contratto l’infezione può contagiare, può trasmettere il virus sia a un altro vaccinato, sia a un non vaccinato.

Sono contestabili queste considerazioni? Sono destituite da ogni fondamento? Evidentemente e oggettivamente no, se è la stessa comunità scientifica ad affermarle: ma allora perché invece di discutere, di analizzare, di porsi domande che tendano a chiarire i dubbi, si preferisce schierarsi in due partiti ferocemente contrapposti, che rifiutano sdegnatamente le ragioni e le opinioni degli altri, da una parte i virtuosi e illuminati, dall’altra gli oscurantisti ignoranti e da rinchiudere in un recinto, esposti al pubblico ludribio?

L’altro caso che mi piace richiamare è quello scatenato dal Prof. Tomaso Montanari, storico dell’arte e designato Rettore dell’Università per stranieri di Siena, il quale in un suo intervento ha polemizzato su un presunto accostamento tra il dramma della Shoa e l’eccidio delle foibe nelle aree carsiche, sostenendo che le due tragedie non sono tra loro confrontabili perché le dimensioni numeriche sono incomparabili. Naturalmente ho sintetizzato in maniera estrema, ma più o meno il succo del discorso è quello.

https://www.ilprimatonazionale.it/primo-piano/montanari-foibe-205126/

E puntualmente si sono scatenate le fazioni: chi approva l’opinione del Professore è antifascista, rispettoso della Costituzione, democratico e illuminato.

Chi come me obietta, e pensa che intanto la barbarie non ha colore politico, e i due fenomeni siano egualmente esecrabili e da condannare senza alcun tentennamento, è un bieco fascista, da allontanare dalla comunità e magari condannare all’esilio a vita su qualche isola sperduta nell’oceano.

Vediamo di chiarire: nel suo intervento il Prof. Montanari ha affermato che le vittime accertate furono poco più di 800 (anche se la storia afferma che il numero fu ben più alto, 5000 e più), riducendo la questione a un fatto contabile.

Io credo, invece, che gli eccidi, gli stermini, la barbarie che ci rende inumani debbano essere sempre e comunque condannati, dimenticando le ideologie, le ragioni di parte, e non conta il numero, uccidere un solo uomo è commettere un crimine contro l’intero genere umano.

La Shoa, l’olocausto, costituiscono una vergogna e una macchia indelebile della quale l’uomo deve e dovrà vergognarsi per l’eternità dei tempi, ogni ulteriore considerazione non vale nulla: ma fare paragoni con altri fatti storici criminosi non è sensato, fare classifiche tra questo e quell’orrore è stupido, strumentale e serve solo ad alimentare una stucchevole retorica che continua ad affliggerci da decenni, anacronistica e dannosa.

Le foibe costituirono una vergogna, senza riserve: ricordo che il Presidente Ciampi intervenne sull’argomento per condannare quella storia.

Era un fascista anche lui?

http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=discorso&key=28593

Provate a esprimere un’opinione sulla querelle sui social: sarete immediatamente assaliti da orde di assatanati sostenitori di questa o di quell’altra tesi, che vi offenderanno affibbiandovi etichette e qualifiche senza alcun ragionamento, alcun riguardo né per la storia né per la libertà di pensiero altrui.

Non si può andare avanti così, se vogliamo continuare a considerarci democratici, liberali, illuminati, e se vogliamo ergerci a giudici di chi è irrispettoso della libertà di pensiero degli altri, allora facciamolo sempre, non solo quando ci aggrada.

I Talebani sono tra noi, e alla categoria appartiene chiunque non mostri di essere rispettoso delle altrui opinioni, difendendo le proprie con argomenti sensati, e opponendosi a quelle contrarie argomentando con i fatti e i dati oggettivi, ma evitando di ergersi a giudice e di affibbiare qualifiche e patenti di alcun genere: la verità assoluta non esiste, e ciascuno ha il diritto di esprimere liberamente il proprio pensiero.

I veri fascisti sono coloro i quali non rispettano questi principi, e i più autentici e inconsapevoli di esserlo sono proprio quelli che assegnano tale qualifica ponendosi dalla parte opposta: tutto ciò è, allo stesso tempo, paradossale e insopportabile

Green pass e diritti

Una comunità basa la sua convivenza civile e pacifica su un insieme di leggi, regole e convenzioni che servono a garantire l’equilibrio tra i diritti e i doveri di ciascuno dei suoi componenti.

Senza questo impianto, spesso poderoso e complesso, ciascun membro della comunità si sentirebbe autorizzato a comportarsi come la propria personalità gli suggerisce, e non potendo sempre confidare nel buon senso, che ognuno di noi intende a modo proprio, si cadrebbe fatalmente nell’anarchia, con le conseguenze che è fin troppo facile immaginare.

Ecco allora che gli Stati organizzano e normano la propria struttura sociale con un architrave che regge le proprie fondamenta su istituzioni il cui compito è quello di stabilire le regole di convivenza, alle quali tutti i suoi cittadini devono sottostare.

Questo preambolo è necessario per introdurre l’argomento di questo mio scritto, con il quale intendo spiegare qual è il mio pensiero sulle vicende che stanno segnando queste ultime settimane, in relazione all’evoluzione della pandemia che ormai ci perseguita da più di un anno e mezzo.

In questo lungo periodo di tempo abbiamo dovuto acquisire, obtorto collo, nuove abitudini, nuovi comportamenti, che solo due anni fa non avremmo mai soltanto lontanamente concepito.

Ma tutto ciò è stato necessario per contenere la furia del contagio, che ci ha colti di sorpresa e che ha causato la morte di 130.000 nostri sfortunati connazionali: non ho nessuna voglia di tornare su questo argomento specifico, sul quale mi sono già espresso su questo blog, se non per confermare che a mio avviso sono stati commessi errori eclatanti, molti dei quali evitabili, e che se la gestione della pandemia fosse stata improntata al ricorso di strumenti adeguati, il drammatico bilancio sarebbe potuto essere meno devastante, e spero che le responsabilità di ciò che si è verificato possano essere chiarite e che chi ha sbagliato, al di là di ogni ragionevole dubbio e nell’assoluta garanzia di equità di giudizio, paghi per le proprie negligenze.

Mi limiterò a suggerire, ancora una volta, la lettura de “La notte delle ninfee”, del Prof. Luca Ricolfi, Presidente della Fondazione HUME, il quale, sulla base di dati ed elementi oggettivi, fornisce un quadro esaustivo e convincente delle modalità con le quali l’emergenza è stata gestita e come, adottando metodi diversi, gli effetti potevano essere contenuti sensibilmente.

E veniamo al cuore del problema del quale vorrei parlare: da qualche settimana stiamo assistendo a un furioso dibattito a proposito dell’adozione del green pass, o meglio del lasciapassare, come preferisco chiamarlo.

Gli Italiani, come sempre propensi a schierarsi da questa o quella parte per partito preso e senza ricorrere ad argomenti basati su dati di fatto e oggettivi, si stanno accapigliando tra chi ritiene il lasciapassare uno strumento necessario per contenere il contagio e chi, al contrario, lo reputa inutile, se non addirittura dannoso.

Chi ha ragione? Per me nessuna delle due fazioni, e non per evitare di prendere posizione, ma perché come sempre la verità sta nel mezzo.

Cosa è il lasciapassare, e perché il Governo lo ha adottato?

Secondo l’esecutivo, questo è uno strumento utile per la salute pubblica, perché chi ne è in possesso o è vaccinato, o ha fatto un tampone con esito negativo nelle ultime 48 ore, o è guarito dal virus entro gli ultimi sei mesi.

In questo modo garantirebbe chi viene a contatto con il titolare del documento dal contagio e dalla possibilità quindi di contrarre la malattia.

Ebbene, ciò è vero per la seconda e la terza delle condizioni citate, ma non lo è nel caso della persona vaccinata.

Già, perché nonostante ciò che molti asseriscono sbagliando, la comunità scientifica e le stesse case produttrici dei vaccini hanno stabilito senza possibilità di equivoci che questi ultimi non immunizzano, ovvero non forniscono al vaccinato la certezza di non poter contrarre l’infezione, ma nel migliore dei casi lo proteggono da una forma grave della malattia, con alte probabilità di non finire in ospedale e di rischiare la vita.

Un risultato assolutamente determinante, per alleggerire la pressione sul sistema sanitario che più volte, nel più recente passato, ha rischiato di collassare, ma lontano da ciò che ci si aspetta da un vaccino, e cioè la completa immunizzazione, nella stragrande maggioranza dei casi.

Aggiungo, per completezza d’informazione, che anche questo assioma vacilla, alla luce delle notizie preoccupanti che giungono da Israele, dove si assiste a un preoccupante aumento dei contagi a carico di soggetti vaccinati, addirittura in numero maggiore rispetto a quelli che non lo sono, per via delle varianti: che avesse ragione il Prof. Montaigner, premio Nobel per aver isolato il virus dell’HIV, il quale con altri esimi suoi colleghi sostiene da tempo che somministrare il vaccino a virus ancora pesantemente circolante non sortisce altro risultato che favorire l’insorgenza di nuove varianti?

Ne consegue che il soggetto vaccinato, e quindi in possesso del lasciapassare, può contrarre l’infezione, sviluppare una carica virale, e contagiare un non vaccinato: vediamo allora quali sono le conseguenze di tutto ciò.

Il lasciapassare divide gli Italiani in due grandi categorie: chi può fare certe cose, che non elenco perché ormai tutti le conosciamo, e chi invece non può perché ne è privo.

Cominciamo con il precisare che questa volta il fatidico “ce lo chiede l’Europa” non può essere invocato: infatti il Consiglio d’Europa, nella sua risoluzione 2361 (2021):

  • nell’art. 7.3.1. statuisce che gli Stati devono “assicurarsi che i cittadini siano informati che la vaccinazione non è obbligatoria e che nessuno è politicamente, socialmente o altrimenti sottoposto a pressioni per farsi vaccinare, se non desiderano farlo da soli
  • nell’art. 7.3.2 raccomanda ai Paesi membri di “garantire che nessuno sia discriminato per non essere stato vaccinato, a causa di possibili rischi per la salute o per non essere stato vaccinato.”

Quindi, la decisione assunta dal Governo Italiano è in totale contrasto con quanto sancito dall’Europa, dopo che per anni ci è stato detto in tutte le salse che la nostra sovranità è limitata perché occorre essere europeisti senza se e senza ma, seguendo pedissequamente le disposizioni, anche quelle più cervellotiche e talora penalizzanti per i nostri interessi nazionali.

E quindi cosa accade? Un fiorire di assurdità, di applicazioni illogiche, prive di ogni parvenza di buon senso, che sembrano essere state partorite da menti più avvezze al cabaret che non a un’applicazione razionale e scientifica.

Qualche esempio:

  • per visitare le sale di un museo, spesso ampie e popolate da non più di due o tre appassionati, devo esibire il lasciapassare. Finita la visita, per tornare a casa prendo la metro e mi trovo compresso tra mille altri viaggiatori, come una sardina in scatola e il lasciapassare non è richiesto…
  • vado al centro commerciale, in galleria mi fermo a prendere un espresso al banco senza dover esibire il lasciapassare. In fila dietro di me un avventore dichiara di voler essere servito al tavolino, a tre metri da me e all’aperto, perché il bar in questione non ha locali al chiuso, e gli viene chiesto il fatidico documento (Bottega del Caffè, Centro Commerciale Aura in Roma, così chi volesse farlo può verificare).

Potrei andare avanti per chissà quanto, ma voglio segnalare il caso più eclatante e che non esito a definire vergognoso e non degno di uno Stato che ha cura dei suoi uomini: mi riferisco a quegli Agenti della Polizia di Stato costretti a consumare il pasto meridiano seduti per terra nel cortile della loro caserma, perché non autorizzati ad accedere alla mensa di servizio in quanto sprovvisti di lasciapassare: poi, finito di pranzare, salgono sulle autopattuglie accanto a quei colleghi che il documento ce l’hanno. Se il fatto non fosse drammaticamente vergognoso, ci sarebbe da ridere per l’assurdità.

Allora, dopo aver chiarito che sono personalmente favorevole e ho aderito alla campagna vaccinale (doppia dose Pfizer), chiariamo qualche concetto basilare:

  • la Costituzione, nel suo articolo 32 spesso citato a sproposito, stabilisce che nessuno può essere costretto a sottoporsi a un trattamento sanitario se non è consenziente, a meno che non venga varata una legge che lo renda obbligatorio
  • questa legge al momento non c’è, quindi non c’è alcun obbligo vaccinale, e chi decide di non vaccinarsi lo fa nella piena, assoluta e incontestabile legalità, ed esercita liberamente un proprio diritto costituzionale

La tesi secondo la quale il lasciapassare costituisce uno strumento di salute pubblica, atto a contenere il contagio, non regge, anzi è oggettivamente falsa: come sostengono ormai numerosissimi scienziati (Crisanti in testa, non certo un fiero no-vax), il vero fine del lasciapassare è quello di incoraggiare, anzi costringere surrettiziamente, gli scettici a vaccinarsi, se non vogliono essere costretti a rinunciare a tutta una serie di diritti, pur essendo rispettosi della legge, il che già costituisce di per sè un assurdo degno del teatro di Ionesco.

Se il lasciapassare è garanzia di sicurezza, perché per entrare il uno studio televisivo per partecipare a una trasmissione, il tampone è obbligatorio anche per chi è vaccinato?

E siccome l’appetito viene mangiando, già si sente parlare di lasciapassare per fare la spesa al supermercato, e prima o poi qualcuno si spingerà magari a impedire il voto a chi non ne è in possesso: ormai alla stupidità e alla follia non c’è più limite.

Allora, ecco cosa dovrebbe fare il Governo, a mio avviso: deve assumersi la responsabilità delle proprie decisioni, senza ricorrere a meschini sotterfugi, e portare in Parlamento una legge che introduca l’obbligo vaccinale per tutti.

L’ha già fatto per il personale sanitario, lo faccia per tutti: naturalmente ciò vuol dire assumersi anche la responsabilità e l’onere delle eventuali reazioni avverse al vaccino, perché in caso di obbligo cade la richiesta di consenso informato che tutti abbiamo dovuto firmare al momento in cui ci siamo vaccinati…

Ma qui casca l’asino: l’EMA ha concesso l’autorizzazione a dare il via alla campagna vaccinale in forma emergenziale, in assenza di una seria disponibilità di informazioni di ritorno dal campo sulle reazioni avverse: come fa allora il Governo a rendere obbligatoria la somministrazione di un vaccino di fatto ancora in fase sperimentale e le cui cavie siamo tutti noi vaccinati?

E come la mettiamo con il fatto che ove mai dovesse venire fuori una terapia efficace e approvata (vedi monoclonali o uno dei numerosi protocolli che si stanno sperimentando) l’autorizzazione alla vaccinazione in emergenza decadrebbe all’istante, come stabiliscono le regole dell’EMA ?

Allora delle due una:

  • si rendano gratuiti i tamponi rapidi e quelli salivari, anche ai fini di uno screening di massa, per il tracciamento, pratica indispensabile ma finora colpevolmente trascurata da quella sciagura che risponde al nome di Speranza, tragico Ministro per la Salute : se non lo si fa, si rende manifesta la vera ragione che sottende all’adozione del lasciapassare, le cui condizioni di rilascio non possono essere l’una favorita sull’altra
  • si faccia l’obbligo vaccinale, se il Governo ha gli attributi necessari per seguire su questa strada il Tajikistan, il Turkmenistan e l’Indonesia, i soli al mondo ad aver adottato analogo provvedimento, e per assumersene integralmente le conseguenze

Tertium non datur: uno Stato è credibile quando le sue decisioni sono chiare, cristalline, logiche e basati su dati di fatto oggettivi, riscontrabili e parametrizzabili.

Se invece si introducono strumenti poco chiari, che nascondono il loro vero fine, servono a mascherare di efficienza il poco coraggio nel prendere decisioni anche impopolari ma necessarie, o perlomeno ritenute tali, ciò che si raccoglie è la diffidenza e certo non si può sperare, in questo modo, di convincere gli scettici, i quali proprio per questo hanno tutte le ragioni per esserlo.

Come dicevo nelle prime righe di questo mio post, una comunità si basa su leggi e regole: i cittadini, non sudditi, stabiliscono un patto con lo Stato e quest’ultimo ha il dovere della chiarezza e dell’equità, senza infingimenti, e tutti noi dobbiamo essere disposti a fare delle rinunce sul terreno dei diritti, anche quelli costituzionalmente garantiti, in caso di emergenza e di necessità, ma nessuno pensi di prenderci in giro.

Può farlo chi è poco serio e indegno del ruolo che ricopre, non chi pretende di essere autorevole e credibile: le parole non bastano.