Silvia Romano e i marò…

Ma che c’entra la vicenda di Silvia Romano con quella dei due Fucilieri di Marina ( e non marò, come erroneamente vengono chiamati)?

Apparentemente niente, sono due storie profondamente diverse, con sviluppi e valutazioni che le differenziano sostanzialmente.

Ma allora perchè ne scrivo nello stesso post? Perchè mi serve come spunto per parlare di un fenomeno che mi sembra stia prendendo piede in questi tempi bui, e cioè l’atteggiamento fazioso e preconcetto rispetto a tanti temi, e al vizio di contestare le opinioni altrui non già argomentando e fornendo elementi oggettivi, ma abbandonandosi a un leonismo da tastiera ottuso e aggressivo.

La ragione è semplice: ieri, su Twitter, unico social che frequento, mi sono imbattuto in un tweet nel quale le due vicende venivano contrapposte, e l’autore del messaggio lamentava che nel caso di Silvia Romano venivano sollevate critiche che erano state risparmiate ai due Fucilieri, i quali, a parer suo, si erano macchiati di colpe ben più gravi.

Ho sentito allora l’esigenza di rispondere, cercando di presentare argomenti oggettivi e fattuali.

Premetto che la scelta di Silvia Romano di recarsi in Africa, per dare aiuto alle popolazioni sofferenti di quella Terra, è nobile, rispettabile, animata da uno spirito apprezzabile, ma resta espressione di una volontà personale, e che a chi l’ha compiuta certamente saranno stati chiari ed evidenti i rischi che vi erano sottesi, concretizzatisi poi in un rapimento conclusosi fortunatamente solo ieri.

Nè voglio commentare l’ulteriore scelta della ragazza di convertirsi alla religione islamica, come ha dichiarato essa stessa: sono fatti personali che rientrano nella sfera più intima, e nessuno deve arrogarsi il diritto di giuducarle dal di fuori.

Nella mia risposta ho ricordato che i due Fucilieri di Marina non si trovavano sulla nave mercantile per loro autonoma scelta, nel momento in cui la tragedia dell’uccisione dei due pescatori indiani, scambiati per pirati, si concretizzò: si trovavano lì perchè in missione, comandati dallo Stato Italiano, in aderenza a una delibera dell’ONU nell’ambito delle azioni di contrasto alla pirateria in quei mari.

Vicenda Fucilieri

L’avessi mai fatto! L’autore del messaggio all’origine della discussione mi ha risposto negando che i due Militari fossero lì in rappresentanza dello Stato Italiano, in assoluto sovvertimento della realtà, adoperando peraltro un linguaggio offensivo e arrogante, pretendendo di essere dalla parte della ragione, quasi che i due Fucilieri si fossero imbarcati sul mercantile per una amena crociera nei mari dell’Oceano Indiano.

E subito, in soccorso a questa tesi strampalata, un altro messaggio mi invitava a prendere atto della sola e assoluta verità, fornendomi il seguente link nel quale si commentava la vicenda, colpevolizzando definitivamente i due Militari, emettendo una sentenza inappellabile, quando in realtà, a distanza di anni, i due non sono ancora stati sottoposti a giudizio, tanto evanescenti sono le accuse. https://www.wumingfoundation.com/giap/2013/01/i-due-maro-quello-che-i-media-italiani-e-napolitano-non-vi-raccontano/

E io, per contro, ho risposto con un link relativo a un articolo del Fatto Quotidiano nel quale si formulava un parere diametralmente opposto, per dimostrare che non esiste, in casi così complessi, la verità assoluta e che è sempre meglio attendere i pronunciamenti dei tribunali, prima di emettere sentenze, per non incorrere in immancabili brutte figure. https://www.ilfattoquotidiano.it/2015/11/29/i-maro-sono-innocenti/2262358/

Ora, per mia indole, cultura ed educazione, sono sempre e assolutamente pronto ad accogliere tutte le opinioni, soprattutto quelle contrarie alle mie, e quando ribatto lo faccio sempre con rispetto e con linguaggio urbano: non sopporto il turpiloquio, che spesso nasconde l’incapacità di sostenere un confronto basato su dati di fatto.

Ma quello che trovo ancora più imperdonabile è quando si nega la realtà dei fatti: se è lecito esprimere un parere su un’azione, sul merito di quanto è accaduto, sia nel caso di Silvia Romano, sia in quello dei Fucilieri, non lo è certamente negare le circostanze fattuali, perchè facendolo si compie un’operazione mistificatoria senza senso, strumentale e logicamente sbagliata.

In  questo momento storico, drammatico per tanti versi, occorrerebbe equilibrio, serenità, rispetto, obiettività: aggredire chi la pensa in maniera contraria, con la pretesa di essere in possesso della sola e incontestabile verità, è atteggiamento dannoso, ottuso e poco liberale.

I social sono uno strumento utile, vi si confrontano idee e convinzioni diverse, e tutto ciò è utile perchè rende possibile lo scambio delle opinioni e l’arricchimento delle proprie, ma usare la tastiera come se fosse un’arma attraverso la quale aggredire chi osa interloquire, diventa invece un pericolo per la socialità .

 

 

 

 

Gestione dell’emergenza…

Riprendo a scrivere sul mio blog dopo alcune settimane: la clausura forzata, cui tutti siamo costretti per fronteggiare la minaccia del coronavirus, mi ha prostrato e sono stato travolto dall’inondazione di notizie e informazioni con le quali i mass media hanno cercato di spiegare ciò che stiamo vivendo.

La crisi che la diffusione del virus ha provocato in tutto il mondo non ha precedenti e sta ridisegnando la nostra esistenza, e in soli due mesi quella normalità nei rapporti quotidiani, la banalità dei nostri comportamenti, l’abitudine a certi principi e a certi crismi sembrano essere lontanissime nel tempo, e in ciascuno di noi serpeggia il timore che, forse, nulla potrà tornare più come prima.

E tutto ciò ha reso necessaria l’adozione di strumenti straordinari e iniziative senza precedenti, al fine di evitare che la violenta aggressione del virus potesse provocare danni ancor peggiori di quelli ai quali abbiamo comunque assistito.

Ciò premesso, credo tuttavia che occorra riflettere su quanto sta accadendo e, se da un lato è opportuno non aprire processi sommari a carico di chi queste difficili decisioni ha preso, è altrettanto opportuno porsi delle domande che, senza pregiudizi di sorta, ci possano aiutare a comprendere se quanto è stato fatto è stato adeguato o no.

Proviamo allora a fare un piccolo riassunto di quanto è accaduto finora:

  • a metà gennaio, al Governo viene consegnato uno studio nel quale si delineano tre diversi scenari possibili, nel caso in cui il virus, che stava imperversando in Cina, fosse arrivato in Italia. Il Governo, preso atto di quanto contenuto nel documento, e in particolare per quanto si riferisce a uno dei tre scenari, particolarmente drammatico fino a prevedere un numero di possibili vittime tra le 600 e 800 mila, lo secreta
  • il 31 gennaio il Governo proclama lo stato di emergenza sanitaria, fino al 31 luglio, decisione senza precedenti, evidentemente allarmato da ciò che si stava prefigurando
  • ciò nonostante, a metà febbraio l’Italia invia alla Cina un numero altissimo di mascherine, disponibili nei nostri magazzini, quelle stesse mascherine delle quali ora andiamo tutti alla disperata ricerca
  • il 27 gennaio il Presidente del Consiglio, durante la trasmissione Otto e mezzo, su LA7, a precisa domanda della conduttrice, afferma che l’Italia è prontissima a gestire un’eventuale insorgere del contagio, avendo adottato tutte le necessarie iniziative https://www.youtube.com/watch?v=Vir9VhjCr6A
  • il 30 gennaio, l’OMS dichiara il coronavirus “emergenza sanitaria globale” e, lo stesso giorno, a Roma due turisti cinesi vengono scoperti positivi al virus e vengono ricoverati all’Istituto Spallanzani di Roma. L’Italia decide di chiudere il traffico aereo da e per la Cina, ma limitatamente ai voli diretti, ignorando i vettori che giungono in Italia dopo aver fatto scalo altrove
  • tra il 21 e il 22 febbraio si registrano i primi contagi in Italia legati al Covid19 e il Consiglio dei Ministri,  nella serata tra il 22 e il 23 febbraio, vara un decreto per contrastare la trasmissione del Coronavirus
  • il 4 marzo, il premier italiano firma un nuovo decreto: scuole e università chiuse fino al 15 marzo, campionato di calcio a porte chiuse per un mese e restrizioni anche per cinema e teatri. Per tutti distanza di sicurezza di un metro, da evitare strette di mano e abbracci
  • nella notte tra il 7 e l’8 marzo, con un nuovo decreto, Conte limita le possibilità di movimento nelle zone più colpite dal contagio, in entrata e in uscita e all’interno dei territori. Le zone interessate sono la Lombardia e le province di Modena, Parma, Piacenza, Reggio Emilia, Rimini, Pesaro e Urbino, Venezia, Padova, Treviso, Asti, Alessandria, Verbano Cusio Ossola, Novara e Vercelli. La sera del 9 marzo, con un nuovo decreto in vigore dal giorno successivo, tutta l’Italia diventa zona rossa
  • l’11 marzo l’Oms dichiara che quella di Sars-CoV-2 è una pandemia
  • la sera del 21 marzo, il premier Conte torna a rivolgersi all’Italia: “È la crisi più difficile che il Paese sta vivendo dal secondo dopoguerra”. Nuove misure in campo: chiuse tutte le aziende non strategiche del Paese fino al 3 aprile. Rimangono aperti supermercati, farmacie, servizi postali, assicurativi, finanziari e i trasporti continueranno a funzionare. A inizio aprile si è deciso di prorogare queste misure almeno fino al 13 aprile. La sera del 10 aprile, poi, la nuova proroga fino al 4 maggio
  • il 26 aprile, un nuovo annuncio del premier: dal 4 maggio parte la fase 2. Riaprirà la maggior parte delle attività produttive, ma i negozi dovranno attendere il 18 maggio, mentre parrucchieri ed estetisti l’inizio di giugno. Resta il distanziamento sociale e resta anche il divieto di assembramento. Nei luoghi chiusi obbligatorio indossare la mascherina
  • in Italia, le persone decedute positive al coronavirus arrivano a 26.977 (bollettino del 27 aprile), soprattutto anziani e con patologie pregresse. Sono 199.414 i casi totali nel Paese, compresi i guariti e le vittime.

Questa la storia, almeno fino a oggi: in questi tre mesi, da fine gennaio a oggi, abbiamo assistito a polemiche, a contrasti tra Governo centrale e Regioni, a prese di posizioni ondivaghe e contraddittorie, alle forze politiche di maggioranza e opposizione ondeggiare tra la teorica e reciproca volontà di collaborare in un momento così drammatico, e la oggettiva chiusura di ciascuno sulle proprie convinzioni, ai mass media sempre pronti a scagliarsi verso alcuni per i presunti errori commessi, e a trascurare tranquillamente altri che gli stessi errori hanno commesso, dando prova ulteriore di una faziosità che con l’equilibrio di una stampa libera, indipendente e imparziale non c’entra assolutamente nulla.

Non aggiungerò nulla a queste ultime considerazioni ma mi limiterò a esprimere alcune mie perplessità su alcuni aspetti di questa tragica vicenda, non prima tuttavia di aver chiarito, per correttezza,  che non sono certo un tifoso dell’attuale Governo che  reputo il peggiore della storia repubblicana, sia per le modalità con le quali è stato formato, sia per la sua azione.

Ma vi sono dei fatti oggettivi che non possono essere contestati e tanto meno devono essere ignorati, perchè chi ha incarichi di gestione e governo deve rispondere delle azioni che compie, assumendosene la responsabilità davanti al popolo: e non vale la considerazione secondo la quale questa è una situazione senza precedenti, chi occupa posti di altissimo rilievo deve portare la croce, altrimenti toglie il disturbo, se ritiene di non aver capacità di decidere per il bene comune. Oneri  e onori…

E allora provo a elencare le mie perplessità, senza commentarle nel dettaglio o esprimere particolari giudizi. Lascio a chi legge la facoltà di farsi una propria idea:

  • le disposizioni del Governo stanno costringendo gli Italiani a una clausura il cui regime è del tutto simile a quello degli arresti domiciliari, il che a mio avviso è stato opportuno, vista l’assenza di un vaccino e di cure definitive e certificate. Ma ciò nondimeno, c’è da chiedersi se l’adozione di provvedimenti siffatti, quarantene e chiusure, non siano stati adottati con eccessivo ritardo: il 3 febbraio i Presidenti delle Regioni Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia chiedevano la quarantena per tutti coloro che rientravano dalla Cina, e il Governo respingeva sdegnosamente la proposta marchiandola di inutile e dannoso razzismo, invitando anzi a ingurgitare involtini primavera e ad abbracciare cinesi. Ricordate Milano e Bergamo non si fermano? https://www.ansa.it/lombardia/notizie/2020/02/27/coronavirus-milano-non-si-ferma-lo-spot-del-sindaco-_b857b411-c60d-4edc-a0fe-ec2c2c9ffe68.html https://www.cittanuova.it/coronavirus-bergamo-non-si-ferma/?ms=003&se=022
  • a oggi, nonostante siano passati tre mesi dal 31 gennaio e siano state insediate numerose task force e commissari speciali, non vi è ancora una chiara strategia per il monitoraggio e il tracciamento dei positivi o contagiati, condizione sine qua non per poter intraprendere azioni di contenimento del contagio, nè vi è chiara disponiblità dei DPI da fornire al personale sanitario, in un assurdo palleggio tra competenze del Governo o delle Regioni, e a nulla sono valse le dichiarazioni del Ministro Boccia, che si atteggia a decisionista e poi ritrae il braccio… https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/03/04/coronavirus-boccia-interviene-alla-camera-in-caso-di-emergenza-nazionale-comanda-lo-stato-non-le-regioni/5725622/
  • il Presidente del Consiglio procede a botte di DPCM, i cui contenuti sono decisi in quasi assoluta autonomia, esautorando il Parlamento e andando a ledere i diritti costituzionali dei cittadini, al punto che ieri sera, su Rete4, Stefano Cappellini, giornalista di Repubblica, ha potuto affermare impunemente che “la Costituzione è chiaramente sospesa”, dichiarazione di fronte alla quale chi ha il dovere di garantirne l’applicazione (leggi il Quirinale) dovrebbe intervenire e far sentire la sua voce https://www.mediasetplay.mediaset.it/video/quartarepubblica/stefano-cappellini-la-repubblica-la-costituzione-e-chiaramente-sospesa_F310147001012C12
  • d’altronde, che i DPCM siano sospetti di incostituzionalità e molto probabilmente illegittimi è parere di almeno due Presidenti Emeriti della Corte Costituzionale, Antonio Baldassarre e Sabino Cassese https://www.adnkronos.com/fatti/politica/2020/04/27/baldassarre-dpcm-tutto-incostituzionale_NCkg79J8eVOblBGG6m3byH.html?refresh_ce  https://www.ilsussidiario.net/news/sabino-cassese-conte-e-fuori-legge-il-giurista-dpcm-illegittimi-liberta-violata/2015471/ mi domando dove sono quelli che quando Salvini auspicava i pieni poteri, pronunciando una colossale castroneria, urlavano preoccupati all’attentato alla democrazia, e ora che ciò sta accadendo nei fatti tacciono…
  • e in questi giorni, dopo il DPCM con il quale si dà inizio alla cosiddetta fase 2 (o meglio, 1,5…) stiamo assistendo a un penoso spettacolo fatto di chiarimenti su cosa voglia dire il termine congiunti, se si possa andare in un parco a passeggiare o se lo si potrà fare solo nelle adiacenze del proprio domicilio, quali esercizi commerciali potranno aprire e quali no, ma intanto non si forniscono istruzioni precise sugli accorgimenti che gli esercenti dovranno adottare, perchè possano prepararsi per tempo, e per non  rischiare che non aprano più, gettandoli sul lastrico, loro e i relativi dipendenti, aprendo a una crisi sociale drammatica
  • dulcis in fundo, l’economia. La chiusura di tutti i negozi ha provocato e provocherà il mancato incasso per i gestori di tre mesi di quelle somme che consentono loro di sopravvivere. Mentre negli altri Paesi, quasi tutti ripartiti prima di noi, hanno distribuito fondi e risorse ingenti, a fondo perduto, per sostenere il settore, adottando quell’helicopter money da tanti auspicato. Qui da noi invece si sono inventati i prestiti garantiti dallo Stato (e neanche sempre) da chiedere alle banche, così chi già non riesce a tirare avanti, si vede costretto a indebitarsi ulteriormente, adoperando magari quel che riuscirà a ottenere per pagare le tasse che, invece di essere annullate, sono state semplicemente sospese. Quale sarà il risultato? Probabilmente migliaia di esercizi commerciali non  sopravviveranno alla crisi, non riapriranno e tutto ciò produrrà una crisi sociale ed economica devastante e dalle conseguenze inimmaginabili anche sotto gli aspetti della sicurezza e dell’ordine pubblico.

Mi fermo qui, si potrebbero elencare tantissimi altri esempi ma non ha senso, ognuno può farsi la propria idea, ma è certo che quando l’emergenza sarà finità e quando la situazione tornerà a una normalità tale da consentirci un’analisi meno condizionata dal pathos del momento, bisognerà condurre un’attività di indagine attenta e accurata per stabilire chi ha agito e come, in funzione delle proprie specifiche competenze, e se saranno appurati comportamenti non adeguati ed efficaci, chi ha sbagliato dovrà risponderne, secondo quanto prevedono le leggi.

Ciò per rispetto delle migliaia di morti, dei sanitari che hanno perso la vita per espletare la propria funzione con uno spirito di servizio e un’abnegazione che ne fanno degli autentici eroi del nostro tempo.

Beati i popoli che non hanno bisogno di eroi, disse Bertold Brecht…

 

Ai tempi del virus

Sembra di vivere nelle atmosfere di un cupo romanzo ambientato nel Medio Evo: il mondo alle prese con un nemico invisibile, insidioso, subdolo, di fronte al quale non riusciamo a intravedere una precisa strategia per fronteggiarlo e sconfiggerlo.

Ciò ci pone di fronte alla condizione di vedere profondamente mutate le nostre abitudini di vita, il modo di rapportarci con gli altri, di rinunciare a modi e comportamenti che, fino a ieri, ci parevano assolutamente scontati, ai quali non facevamo caso perchè costituivano la stessa essenza del nostro vivere.

E tutto questo dovrebbe farci riflettere: crediamo di essere i padroni del mondo, di averne assoggettato le risorse alle nostre necessità, e abbiamo pensato che il progresso tecnologico e scientifico ci avrebbe tenuti al sicuro da qualsiasi problema, da ogni possibile crisi: ebbene, non è così, la natura è più forte di noi, e nonostante la nostra presunzione, ciclicamente ci ricorda che la sua immane potenza non è soggetta alla nostra volontà di predominio.

Ciò premesso, vorrei trattare un tema che, a mio avviso, in questo particolare momento non rappresenta certo una priorità, ma che pone delle questioni sulle quali sarà opportuno riflettere.

Vorrei immediatamente chiarire un aspetto: non ho alcuna stima dell’attuale Governo, che ritengo essere il peggiore del dopoguerra, nato male, tra mille contraddizioni e bugie, assolutamente lontano dal corpo elettorale e privo di qualsiasi rappresentatività, sia pure nel rispetto del dettato Costituzionale.

Ma sono altrettanto convinto che in questo momento, nel quale il Paese sta vivendo un dramma, ogni velleità di rivalsa politica o, peggio, ulteriori manovre di palazzo simili a quelle che hanno originato la nascita del Governo, per istituirne un altro, siano da evitare, e che piuttosto meglio sarebbe se maggioranza e opposizione si decidessero a mettere da parte le polemiche, e si unissero con spirito di collaborazione, unità d’intenti, e lealtà reciproca per individuare, definire e porre in essere iniziative e provvedimenti per arginare il fenomeno con il quale stiamo facendo i conti.

La riflessione però che questa situazione mi induce a fare si riferisce tuttavia al problema della rappresentatività di un esecutivo, in un momento nel quale tutto il Paese deve stringersi intorno alle Istituzioni per fronteggiare un pericolo oggettivo.

Il Governo sta adottando misure restrittive, pesanti, in qualche caso di complicata attuazione, e al di là di qualsiasi valutazione di merito, che è meglio lasciare a chi ha competenza scientifica per valutarne l’efficiacia, credo che dovesse farlo, e a noi non resta che attenerci e rispettarle scrupolosamente, nell’interesse di tutti.

Ma questo non mi esime dall’esprimere un’opinione sul comportamento dell’esecutivo, e non è certamente positiva: ciò che si è osservato è che si è passati, nel breve volgere di poche ore, a provvedimenti presi nel segno diametralmente opposto alle dichiarazioni rese immediatamente prima, a dimostrazione di una incertezza nella gestione di una vicenda così delicata.

Qualche esempio:

  • l’inspiegabile decisione di sospendere i voli diretti da e per la Cina, omettendo colpevolmente di fare lo stesso rispetto a quelli provenienti attraverso altri scali indiretti, il che ha probabilmente impedito di tracciare e individuare eventuali vettori di contagio
  • la bulimia comunicativa di Conte, apparso in TV senza pochette e con un maglioncino, a mostrare un’operatività figurata della quale però mi sfuggono i risultati tangibili, se non quelli di aver instillato nell’animo di tutti noi un’angoscia montante che ci ha portato a una totale confusione
  • l’avere ignorato gli appelli ad attivare meccanismi di protezione avanzati dai Presidenti delle Regioni Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia e condivisi da numerosi scenziati, primo tra tutti Roberto Burioni, perchè si ponessero in isolamento per un congruo periodo tutti colori i quali rientravano dalla Cina, senza distinzione di sesso e nazionalità, con particolare riferimento alle scuole. Proposta tacciata di razzismo, ma in realtà non accolta per pura strumentalizzazione politica e scarso buon senso
  • a proposito di scuola, dopo che lo stesso Conte e il Ministro per l’Istruzione Azzolina, dopo avere solennemente affermato che il provvedimento di chiuderle prudenzialmente era assolutamente inutile e privo di senso, con l’ennesima giravolta viene adottato due giorni fa come improcrastinabile e destinato probabilmente a essere confermato anche dopo il 15 marzo
  • la mancanza di una sicura catena di comando, con la nomina magari di un Commissario starordinario al quale affidare la gestione operativa della crisi e della comunicazione. Il Governo deve occuparsi anche dell’ordinaria amministrazione, per non peggiorare una situazione già drammatica
  • e, infine, l’inconcepibile attacco di Conte all’Ospedale di Codogno, accusato irresponsabilmente di non aver rispettato i protocolli e avere in qualche modo contribuito alla diffusione del contagio. Nella mia carriera in Marina, avendo avuto l’onore di assumere incarichi di Comando e responsabilità, ho imparato una cosa: chi ha il compito di condurre degli uomini e di prendere decisioni, deve farlo assumendosene l’onere e il peso, e mai, ribadisco mai, deve scaricare le proprie prerogative sul suo equipaggio, ma anzi deve supportarlo facendogli sentire sempre la sua fiducia, il suo appoggio, qualsiasi cosa accada. Non esistono cattivi reggimenti, ma solo Colonnelli incapaci, diceva Napoleone Bonaparte. Ecco, Conte appartiene a questa schiatta, avrebbe dovuto elogiare l’opera instancabile di tutto il personale sanitario, che sta dando prova di abnegazione, di alto spirito di sacrificio, operando in condizioni terribili e mettendo  a repentaglio la sua stessa salute per assistere migliaia di pazienti in difficoltà. Averli così meschinamente accusati dà la misura della pochezza morale ed etica dell’uomo, in preda ormai a una sorta di delirio di onnipotenza che andrebbe psicanalizzato per il suo bene e per il nostro.

Ora sui social qualcuno si spinge ad augurarsi la celebrazione di una sorta di processo di Norimberga, quando la tempesta si sarà placata, speriamo il prima possibile, per appurare le responsabilità: io non arrivo a tanto, serve il senso della storia e della realtà.

Ma ciò nondimeno, non vi è dubbio che quando tornerà il sereno, bisognerà che il Governo renda conto della propria azione, perchè anche i suoi più strenui sostenitori non  possono non ammettere che vi sono colpe oggettive e atteggiamenti che certamente hanno favorito la diffusione del contagio, e chi ha sbagliato, per incompetenza, inadeguatezza, o peggio ancora solo per non riconoscere la validità di proposte sensate, perchè provenienti da avverse parti politiche, dovrà rispondere delle proprie azioni, perchè qui stiamo parlando di salute, non di piccole dispute politiche.

E qui bisognerà risolvere, una volta per tutte, il problema del legame tra Governo e rappresentatività: se l’esecutivo ha il compito, assegnatogli dalla Costituzione, della gestione della cosa pubblica, e in particolare in momenti di emergenza e crisi come quello che stiamo vivendo, non può farlo con la necessaria autorevolezza, credibilità, stima in assenza di una precisa investitura popolare, espressa democraticamete attraverso il voto.

Quello in carica manca di questi requisiti, piaccia o no a coloro i quali si trincerano dietro lo stretto formalismo delle norme Costituzionali, alle quali mi inchino, ma che non sono condizione necessaria e sufficiente perchè si possa accettare che decisioni che hanno un impatto tremendo sulla nostra vita vengano prese da chi rappresenta una parte largamente minoritaria del Paese.

E credo che il Presidente della Repubblica dovrà prendere atto di questa situazione e procedere alle opportune verifiche, perchè il popolo possa esprimersi democraticamente e si possa formare un Governo che sia coerente con la volontà degli elettori. Se serve, si proceda a riforme che chiariscano questo concetto a mio avviso basilare: in una democrazia compiuta, chi ha la maggioranza nel Paese governa, e la minoranza fa opposizione, con lealtà, onestà e chiarezza.

I compromessi orditi soltanto per occupare inopinatamente poltrone e incarichi non sono più tollerabili, e in momenti drammatici come quello che stiamo vivendo fanno emergere in tutta la loro evidenza le loro conseguenze nefaste e foriere di danni, che si riverberano sulla vita quotidiana di tutti noi.

Riflessioni sulla “democrazia”

In questi giorni le acque nelle quali naviga perigliosamente il Governo giallo-rosso si sono fatte sempre più agitate, e gli scogli che affiorano minacciosi lasciano intravedere il pericolo di una rovinosa collisione.

Non mi riferirò alla grottesca vicenda Gregoretti, conclusasi con l’autorizzazione concessa dal Senato a procedere nei confronti dell’ex Ministro Salvini, accusato di seuqestro aggravato di persona: dirò soltanto che, a quanto è dato sapere e senza entrare nel merito della vicenda, sulla quale ciascuno ha il diritto di farsi una propria idea, è comunque la prima volta che, almeno nell’Europa libera e democratica, un Parlamento condanna il Capo dell’opposizione a essere processato per un atto politico compiuto nella veste di Ministro.

E ciò accade senza alcun riguardo alle due seguenti considerazioni:

  • il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, non si è assunto la responsabilità di attestare la sua partecipazione alla decisione presa da Salvini, facendo finta di ignorare che il dettato della Costituzione assegna al suo ruolo il compito di guidare e indirizzare il Governo in ogni sua azione: a prescindere da valutazioni pur lecite sull’evidente pavidità e mancanza di dignità e coerenza di un siffatto comportamento, delle due una, o costui era Presidente del Consiglio a sua insaputa, ignorando le iniziative dei Ministri che da egli dipendevano, o ne era a conoscenza e allora ne era anche corresponsabile. In entrambi i casi, un minimo sussulto di amor proprio e senso dello Stato dovrebbe suggerirgli di trarre le dovute conseguenze;
  • il M5S, che nel caso Diciotti, assolutamente e oggettivamente analogo, al di là dei risibili distinguo che i suoi rappresentanti cercano di addurre, senza logica e con risultati risibili, votò in senso contrario alla richiesta, con la Lega alleato di Governo, questa volta vota in senso contrario alla precedente. Alla faccia della coerenza etica e politica, dimenticando che il controllo dei flussi migratori era argomenti esplicitamente previsto dal famoso contratto di Governo;
  • e infine il PD, che conferma la sua antica tradizione che lo vede sempre pronto a combattere l’avversario politico di turno per via giudiziaria, cercando di sconfiggerlo delegando l’impresa alla Magistratura, non  essendo ormai da lungo tempo incapace di farlo democraticamente nelle urne, a dispetto del suo stesso nome.

Ma quello di cui mi preme scrivere è quanto sta accadendo tra le fila delle forze che sostengono l’attuale Governo giallo-rosso, e comincerò a farlo ricordando quali e quante esse siano e come si siano tra di loro alleate:

  • il PD, all’indomani delle più cocente sconfitta elettorale nella storia della sinistra, ottenendo nel marzo del 2018 il suo minimo storico, cui ha fatto seguito una lunga serie di debacle in occasione di elezioni amministrative e regionali, con la sola eccezione dell’Emilia Romagna (vinta comunque arretrando del 25% rispetto alla precedenti consultazioni). Un partito serio, credibile e consapevole, alla luce dell’allontanamento degli elettori, si sarebbe ritirato in buon ordine a riflettere analiticamente sulle ragioni delle sconfitte subite, invece di approfittare della contingenza per tornare al Governo a occupare poltrone, in sfregio alla volontà espressa dal corpo elettorale;
  • il M5S, passato tranquillamente da un’alleanza con la Lega a quella con il PD, rinnegando ogni suo impegno, tutte le dichiarazioni con le quali affermava la sua diversità e la sua coerenza, non riuscendo con tutta evidenza a rinunciare alle poltrone conquistate e dimostrando, in questo modo, che il potere affascina chiunque lo assapori, e obnubila la mente e annulla la dignità. Tutto ciò mentre intanto in tutte le consultazioni elettorali post 4 marzo 2018, il M5S ha accumulato una serie infinita di sconfitte che hanno disastrosamente eroso il suo consenso;
  • Liberi e Uguali, che alle elezioni politiche rimediò una percentuale modestissima, deludendo le sue aspettative allorchè si scisse dal PD, per cercare di dare vita a un’area più dichiaratamente di sinistra, con l’ambizione di recuperare parte di quell’elettorato che da quelle posizioni si era allontanato;
  • dulcis in fundo, Italia Viva, con a capo quel Matteo Renzi che, dopo essere stato il deus ex machina della nascita di questo Governo, non appena i suoi rappresentanti si sono accomodati sulle anelate poltrone, pensò bene di dare vita a una scissione che con tutta evidenza aveva in mente da tempo, e che ora gli consente sfacciatamente di mostrare il suo ruolo, che altrimenti gli sarebbe stato negato, in virtù del fatto che aveva promesso di abbandonare la scena politica in caso di insuccesso nel referendum costituzionale del dicembre del 2016, e delle ripetute e ininterrotte sconfitte elettorali e della serie infinita di promesse tradite. E il tutto, sedendosi in quel Senato che a parole voleva abolire, con i voti del PD dal quale si è dossociato, e senza essere passato dalle urne per verificare se le proposte che ora Italia Viva avanza incontrano o meno il consenso della gente. Non so in quale altro Paese tutto ciò sarebbe consentito.

Questo Governo, le cui due forze politiche maggiormente rappresentative si sono bastonate per mesi e mesi, è da tempo paralizzato su ogni tema o argomento degno di essere efficacemente gestito, dall’economia alla sicurezza, dal lavoro alle crisi industriali e occupazionali, facendo proprio l’insegnamento di Giulio Andreotti, tira a campare, nella consapevolezza che un’eventuale crisi, con la prospettiva di tornare a votare, farebbe sì che con molte probabilità un ritorno al potere sarebbe quanto mai improbabile, almeno a quanto sembrano suggerire tutti i sondaggi e gli stessi esiti delle consultazioni europee, amministrative e regionali degli ultimi due anni, e molti attuali parlamentari non sarebbero certamente rieletti.

Anche se, va detto, quando c’è di mezzo il PD il fatto che perda le elezioni non è garanzia che poi si accontenti di fare opposizione, visto che in barba alle sconfitte governa  ininterrottamente dal 2011, con la breve parentesi del Governo M5S-Lega…

Tutto sommato ci sarebbero già tutte le ragioni per indignarsi, nel vedere che in un Paese che si professa democratico e la cui Costituzione sancisce che la sovranità appartiene al popolo, il quale è chiamato a pronunciarsi recandosi liberamente alle urne e altrettanto liberamente si esprime votando, finisce poi che chi le elezioni le perde governa, e chi le vince sta all’opposizione: e se è vero, come è vero, che in una Repubblica parlamentare come la nostra, le maggioranze si formano in Parlamento, e che ne consegue che anche l’attuale Governo è perfettamente legittimo, è altrettanto vero che quando un esecutivo è basato su forze che nel sentire popolare sono in netta minoranza, conclamata nel tempo senza che si verifichi una sia pur minima inversione di tendenza, si pone un problema di rappresentatività che nessuno può permettersi il lusso di ignorare, glissando e trincetrandosi dietro un formalismo ipocrita e capzioso.

In questi giorni poi, stiamo assistendo a uno squallido spettacolo e a un penoso teatrino che vede per protagonisti due personaggi ai quali assegno la palma di peggior politico della storia della Repubblica, Matteo Renzi, e di peggior Presidente del Consiglio, Antonio Conte, secondo la mia personale opinione, certamente opinabile ma convinta e sentita.

Due figuri che fanno della mistificazione della realtà un’arte, e che si barcamenano tra una bugia e un’altra, spinti da una sola necessità, quella di conservare le poltrone che occupano, consci che tornarvi potrebbe essere problematico.

Per un paio di giorni i due se le sono date di santa ragione, con Renzi paladino dei diritti, avversando la riforma della prescrizione: ora, sullo specifico tema, credo che sia dalla parte della ragione, ma la sua storia fatta di bugie, tradimenti delle promesse solenni, giravolte a 360°, passaggi spregiudicati di qua e di là, fanno sì che, anche quelle rarissime volte nelle quali assume posizioni condivisibili, è tale la sfiducia che ogni sua parola genera in chi lo ascolta che le sue dichiarazioni non riscuotono alcun credito.

E Conte che giura e spergiura che il solo suo interesse è quello di portare avanti l’efficace azione di Governo, e già su questo ci sarebbe da sbellicarsi dalle risate, giacchè abbiamo appena appreso quali sono i dati sull’economia, con le stime sul PIL in continua discesa, Italia fanalino di coda in Europa per la crescita, con l’IVA sterilizzata per il 2020 ma già postata per il 20121 e 2022 per un totale di 46 miliardi, tanto che il Governo nato per evitarne l’aumento già lascia trapelare l’idea di una “rimodulazione”, termine edulcorato per nascondere la fregatura…

Ma quel che è più comico, alla domanda di una giornalista che gli chiede se lavora per un eventuale Conte ter egli, sdegnato, afferma che è un’ipotesi da escludere perchè occorre dare credibilità alla politica e che non si presterebbe a un Governo con una maggioranza diversa dall’attuale: esattamente le stesse parole che pronunciò quando presiedeva il Conte 1, quello con la Lega, salvo poi smentirsi poche settimane dopo… insomma, la fiera della menzogna interpretata da due attori degni dell’Oscar per la categoria, senza rivali!

E così si fa un Consiglio dei Ministri disertato da quelli di Italia Viva, che intanto vota contro il Governo e con l’opposizione, dichiarando stentoreamente attraverso la voce tonante di figure di terz’ordine quali tale Luciano Nobili, una specie di pasdaran renziano per il quale il suo referente è la reincarnazione di Cavour, o Davide Faraone, quallo che si imbarca su Sea Watch per solidarizzare con Carola Rackete ma si guarda bene dall’andare a fare lo stesso magari tra i terremotati dell’Umbria…

E dopo soli due giorni durante i quali abbiamo ballato sull’orlo del precipizio, aspettando da un momento all’altro l’esplodere dell’inevitabile crisi di Governo, ecco che  improvvisamente scoppia la tregua, il Ministro Bellanova dichiara che la mozione di sfiducia contro il Ministro Bonafede non è all’ordine del giorno, e Renzi dice che il Governo deve andare avanti perchè bisogna eleggere il successore di Mattarella evitando che lo faccia la destra.

Ma la verità è un’altra: sono in scadenza centinaia di nomine, tra Enti pubblici, partecipate, grandi Aziende di Stato, ed è qui che si gioca la vera partita, perché assicurare la presenza di propri uomini e donne nei Consigli di Amministrazione garantisce la vera gestione del potere.

E a questo richiamo tutti i partiti sono particolarmente sensibili, e nonostante le dichiarazioni eroiche con le quali cercano di convincere chi li ascolta che ogni loro azione è finalizzata al bene comune, sono pochi coloro i quali sono disposti a credergli, ma la verità è un’altra.

Ed ecco che ieri sera Conte sale al Quirinale, rassicura il Presidente della Repubblica che, anche nel caso quanto mai improbabile che Renzi porti a termine le sue minacce, in Parlamento vi saranno comunque i numeri perché il suo indegno Governo possa andare avanti: e Mattarella, che di questo esecutivo è uno dei padri, evita accuratamente di fare ciò che forse sarebbe giusto, e cioè chiedere un chiarimento formale, visto che ormai la convivenza tra le “forze” che appoggiano il Governo è improntata al tatticismo, all’opportunismo e alla credibilità definitivamente smarrita.

Il Governo non cadrà, questa è la mia opinione, i partiti che lo compongono sono del tutto indifferenti alle ragioni della democrazia, della rappresentatività dell’elettorato, di ciò che vorrebbe il Popolo, e si proteggono al riparo del puro formalismo costituzionale, senza il pudore che suggerirebbe di evitare di apparire, nell’immaginario e nella realtà, come interessati esclusivamente alla gestione del potere e delle poltrone, mentendo alla gente e a sé stessi.

Uno squallido spettacolo, per niente edificante, che una volta di più disvela la meschinità e la totale inaffidabilità di una classe dirigente che è probabilmente la peggiore nella storia della Repubblica, tanto da far rimpiangere i tanto vituperati politici della prima, i quali, al netto degli errori commessi, avevano una visione, un progetto, e soprattutto una competenza che il migliore degli attuali non possiede in alcun modo.

Ne consegue un vulnus democratico che è sotto gli occhi di tutti coloro i quali hanno acume per vederlo, e credo che il Quirinale dovrebbe prenderne atto e dare pratica attuazione a provvedimenti che possano restituire centralità agli Italiani, il cui parere conterà pure qualcosa, e che consentire a chi ne rappresenta una parte assolutamente minoritaria di gestire la cosa pubblica allontana sempre di più i palazzi dal sentire comune.

Ma, purtroppo, temo che ciò non accadrà.

 

Salvini: analisi della sconfitta…

Le tanto attese elezioni in Emilia Romagna e in Calabria si sono finalmente celebrate, e hanno emesso il loro definitivo verdetto: il centro destra strappa la Calabria al centro sinistra, che conserva l’Emilia Romagna.

Tutto ciò non è assolutamente in discussione, i numeri non si possono smentire, nella loro freddezza e oggettività: quello che invece può essere certamente fatto è analizzarli in maniera asettica, equilibrata, scevra da ideologismi e partigianerie, per cercare in questo modo di capire cosa è davvero accaduto e quali potrebbero essere le conseguenze.

E veniamo al punto: tutti i mass media hanno emesso il loro inappellabile verdetto, assegnando a Salvini, dal quale sono evidentemente ossessionati, il ruolo dello sconfitto, preconizzandone l’imminente fine politica, immaginando scenari che lo escludono da ruoli importanti, ed esercitandosi nella ricerca dell’erede che ne raccoglierà lo scettro di leader della Lega e magari anche dell’intera coalizione del centro destra.

Che Salvini puntasse fortemente alla vittoria in Emilia Romagna è certo, la campagna elettorale condotta porta a porta ne è la prova, l’esposizione mediatica è stata intensa, e non aver colto l’obiettivo è sicuramente segno di un passo falso, è questo è un fatto.

Ma i toni trionfalistici dei vincitori, convinti di aver iniziato una nuova fase che li condurrà all’immancabile vittoria, grazie alla quale il Paese rivedrà la luce della democrazia, del nuovo illuminismo, della libertà e della bontà sparsa a piene mani, sono francamente fuori luogo, se solo ci si decidesse a guardare ed analizzare più compiutamente i dati elettorali.

E allora proviamo a farlo, iniziando dall’Emilia Romagna, precisando intanto che ogni confronto va fatto tra grandezze omogenee, come è logico, e quindi tra le elezioni regionali di due giorni fa e quelle immediatamente precedenti.

D’altronde, insigni giornalisti e politologi nelle scorse settimane hanno dichiarato con ferrea convinzione che, quale che fosse stato l’esito, nessuna conseguenza vi sarebbe stata sul Governo, in quanto si trattava di un voto regionale: ragionamento condivisibile, in punta di diritto, ma allora non mi spiego perchè ora, a urne chiuse, i raffronti vengono fatti tra i dati di domenica e quelli delle europee dell’anno passato!

Serietà vorrebbe che vi fosse coerenza anche in questo caso, non già tra i politici, la cui smania di interpretare il mondo secondo la loro strumentale visione del momento è palese, ma almeno i presunti commentatori  competenti dovrebbero esercitarsi a esserlo: invece no, anche loro cambiano opinione a seconda di come gli aggrada e conviene, per perorare le loro opinioni di parte.

Questo sono i dati di confronto tra le elezioni in Emilia Romagna tenutesi rispettivamente nel 2014 e nel 2019, riferendoci ai voti di lista:

Confronto elezioni Emilia Romagna 2019

Vediamo cosa sanciscono i dati, cominciando dai perdenti:

  • la Lega passa dal 19,4 al 31,97, il che si traduce in un incremento percentuale del 40%
  • FdI passa dall’1,9 al 8,63, quadruplicando la sua percentuale
  • FI perde il 60%

E i vincenti del PD:

  • passano dal 44,5 al 34,6, con un decremento del 23%

Infine, il M5S dimezza abbondantemente la pripria percentuale.

Allora, quali conclusioni se ne traggono: non è in dubbio la vittoria di Bonaccini, alla quale hanno contribuito in maniera determinante il voto disgiunto e le sardine, ma da qui a stabilire che quello sia stato un trionfo ce ne corre, e farlo vuol dire offendere la propria intelligenza e quella degli altri, negare i numeri o usarli in maniera impropria non serve ad altro che ad alimentare l’impressione estremamente diffusa, che i cosiddetti opinion maker credono, sbagliando, che chi li ascolta non sia capace di ragionare con la propria testa, ignorando il fatto che molto spesso la gente è più intelligente di chi ritiene di detenere la verità assoluta, in virtù di una supremazia intellettuale che si auto attribuisce, senza averne alcun diritto.

E se si esaminano analogamente i dati calabresi, le cose non cambiano, anzi: il PD passa dal 23,67 al 15,19, con un decremento del 36%, la Lega consegue il 12,25, mentre nel 2014 non si presentò, FdI passa dal 2,47 al 10,85, quintuplicando la percentuale.

E allora? Dov’è la clamorosa sconfitta del centro destra? E dove la trionfante cavalcata del centro sinistra? In realtà, va ricordato che il centro destra ha vinto 8 delle 9 elezioni  regionali negli ultimi due anni, e passando al Governo in carica, è oggettivo che si fondi su un partito che non si schioda dal 17-18% (il PD), un altro in via di estinzione (il M5S), LeU che vale forse l’1,5%, e Italia Viva che, come i ladri di Pisa, appoggia il Governo di mattina e lo contesta di notte: insomma, un caravanserraglio privo di logica e credibilità, situazione di fronte alla quale forse una riflessione da parte del Quirinale sarebbe opportuna, alla luce di quanto prevede la Costituzione.

Non aggiungo più nulla, se non che sarebbe il caso di assumere un atteggiamento di maggiore responsabilità, e che sarebbe anche il caso, da parte dei mass media, di smetterla con la faziosità: la loro credibilità è già seriamente compromessa, e così perseverando finiranno per perderla definitivamente.

Chissà che prima o poi non lo capiscano…

 

Il bluff di Arcelor Mittal

Sapete chi era Alessandro Morricella?

Era un operaio trentacinquenne dell’ex ILVA di Taranto: il giorno 8 giugno del 2015 era come sempre al lavoro, e mentre controllava la temperatura presso il foro di colata dell’Altoforno 2 dello Stabilimento, venne investito da una fiammata, mista a ghisa incandescente e, trasformato in una torcia umana, dopo il ricovero in ospedale, morì tra atroci sofferenze il 12 giugno successivo.

E, crudele fatalità, il 12 giugno del 2003, presso lo stesso Stabilimento morirono uccisi dal crollo di una gru Paolo Franco e Pasquale D’Ettorre, altri due operai dell’ex ILVA.

E sapete cosa si “festeggia” il 12 giugno?

E’ il giorno dedicato alle vittime del lavoro…

Questa triste premessa per introdurre l’argomento di questo post: ieri, a Roma, a Palazzo Chigi, si è svolto l’atteso vertice tra il Governo e Arcelor Mittal, convocato con urgenza per capire quali fossero le ragioni alla base della decisione dell’Azienda di abbandonare le attività presso lo Stabilimento tarantino, e per verificare in che modo superare le divergenze.

La riunione si è conclusa con un drammatico nulla di fatto, come annunciato dal Presidente del Consiglio in una conferenza stampa svoltasi in tarda serata: l’Azienda, pur di fronte alla disponibilità del Governo a reintrodurre il famigerato scudo penale, la cui eliminazione era stata spacciata dalla stessa come condizione dirimente per la prosecuzione delle attività, non ha fornito alcun segnale di apertura, anzi rilanciando con la richiesta di accettare una quota di esuberi pari a 5000 operai, in totale non conformità rispetto a quanto previsto nel Piano Industriale.

Il Governo ha concesso ad Arcelor Mittal due giorni di tempo per tornare sulle proprie decisioni, prima di intraprendere opportune iniziative a tutela del rispetto delle condizioni contrattuali.

Il bluff dell’Azienda è svelato, al di là di ogni ragionevole dubbio, e il gioco che quest’ultima intende mettere in campo è palese.

Arcelor Mittal ha partecipato alla gara per l’assegnazione dello Stabilimento ex-ILVA con l’esclusivo fine di sottrarlo alla concorrenza, acquisendo di fatto una posizione di assoluta predominanza in Europa, e progettandone la progressiva sterilizzazione e la cessazione delle attività produttive.

Ma il compimento di questo progetto subdolo si è scontrato con:

  • la flessione che il mercato dell’acciaio sta subendo sul mercato da mesi, il che ne sta cambiando sensibilmente i parametri di costo-efficacia della relativa produzione

  • la considerazione di aver clamorosamente sbagliato il Piano Industriale, basato su previsioni rivelatesi eccessivamente ottimistiche e ora difficilmente sostenibili. Il Calo di produzione, passato dai sei milioni di tonnellate previste nel Piano ai quattro milioni e mezzo effettivi, fa sì che l’Azienda accumuli una perdita di circa 50 milioni di € al mese!

Di fronte a questa situazione di estrema difficoltà, Arcelor Mittal ha giocato la carta dell’eliminazione dello scudo penale, approfittando dell’approvazione dell’emendamento approvato al Senato, proposto dal M5S e votato da PD, LeU e Italia Viva.

Cosa accadrà ora, e in che modo sarà possibile trovare un punto di equilibrio tra le richieste dell’Azienda e le posizioni del Governo?

Capirlo è francamente impossibile, forse non c’è da essere particolarmente ottimisti, visto lo scenario, ma qualche considerazione è opportuna.

  • ho richiamato all’inizio del post la triste vicenda di Alessandro Morticella. L’ho fatto perché qualcuno, tra i presunti autorevoli commentatori che stanno dando sfoggio di altrettanto presunta saggezza nel talk show, afferma che il sequestro dell’Altoforno 2 disposto dalla Procura di Taranto a seguito del mortale incidente sia stato un errore. Secondo loro quindi, la morte sul lavoro di un operaio, causata dalla vetustà dell’impianto e dalle ripetute e colpevoli mancate manutenzioni dello stesso, doveva rimanere impunita, nel nome della continuità della produzione e del profitto: approvando così l’iniziativa del Governo Renzi, che nel 2015 varò l’ennesimo decreto salva ILVA per autorizzare l’attività dell’altoforno, appena sequestrato. E ciò nonostante che la Corte Costituzionale, nel 2018, abbia bocciato tale decreto, perché palesemente privilegiava l’interesse verso l’attività produttiva, rispetto ai diritti costituzionali e inviolabili della tutela della salute e della vita stessa. L’impianto è stato nuovamente sequestrato nel luglio di quest’anno, perché dal 2015 a oggi non si è adempiuto a nessuna delle prescrizioni, e ora l’Azienda sostiene di non essere in grado di provvedere entro il prossimo 31 dicembre, perché il tempo non è sufficiente! Allora, pace all’anima di Alessandro Morticella e andiamo avanti come se nulla fosse

  • sullo scudo non voglio tornare, ne ho già scritto e confermo la mia totale contrarietà, osservando che tale obbrobrio giuridico non ha uguali in nessuno Stato del mondo, almeno per quanto mi consta, e il solo discuterne equivale a far finta che in Italia non esistano né una Costituzione, né un Codice Penale, e che la legge non è uguale per tutti, ma la si applica per taluni in modi e inflessibilità diversi che per altri.

Vorrei proporre a chi vorrà leggere queste righe un’ulteriore riflessione: ho notato che sta cominciando a serpeggiare tra i commentatori un dubbio, ovvero se la scelta di affidare le sorti dell’ex ILVA ad Arcelor Mittal, piuttosto che alla sua concorrente nelle fasi di aggiudicazione della gara, cioè alla cordata Jindal-CDP-Arvedi, sia stata opportuna.

In effetti, le due proposte d’offerta, pur simili in larga parte, si differenziavano essenzialmente per due aspetti:

  • la cordata Jindal-CDP-Arvedi forniva maggiori garanzie sul piano occupazionale, proponendo un minor numero di esuberi, rispetto al concorrente

  • tale compagine prevedeva al sua interno Cassa Depositi e Prestiti, quindi una sia pur indiretta presenza dello Stato, a tutela dell’investimento

  • soprattutto, apriva alla possibilità di una riconversione tecnologica dell’impianto, attraverso la decarbonizzazione, così come è avvenuto in altri siderurgici (Pittsburgh, un caso emblematico), processo in grado di abbattere drasticamente le emissioni inquinanti, causa della morte e della malattia per migliaia di Tarantini

Ma ancora oggi inspiegabilmente, il Ministero dello Sviluppo Economico, attraverso il titolare del Dicastero Carlo Calenda, optò per Arcelor Mittal, con le conseguienze che ora sono sotto gli occhi di tutti.

E proprio ieri, Francesco Boccia, Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie nell’attuale Governo, si pone lo stesso quesito, al quale Calenda da tempo ormai rifiuta di rispondere, con argomentazioni oggettive che sfuggano al suo consueto atteggiamento spocchioso, di persona convinta delle sue taumaturgiche doti e piena di sé, al di là dei ormai conclamati insuccessi, sui quali glissa aggredendo chiunque osi contraddirlo.

E ora qual è il risultato di questa vicenda drammatica e che pone in una luce sinistra l’attività di tutti i Governi che si sono succeduti negli ultimi trent’anni almeno, e che hanno privilegiato, con palese, colpevole, meschina e ignobile evidenza, la tutela di interessi materiali alla salvaguardia della salute e della dignità di onesti cittadini, che devono sottostare quotidianamente al turpe ricatto del lavoro contro la salute loro e dei loro figli?

Il comportamento dell’Azienda è disonesto e inaccettabile, e ove mai il Governo dovesse cedere al suo diktat, si aprirebbero almeno due questioni:

  • la prima sarebbe la dimostrazione di una debolezza che farebbe del nostro Paese il regno del Bengodi, ove il primo investitore di passaggio potrà pensare a giusta ragione di venire a procacciarsi i suoi affari, conscio del fatto che potrà godere di un trattamento privilegiato, potrà ricattare il nostro Governo che calerà prontamente le braghe di fronte alla protervia e alla prepotenza, e che l’applicazione delle leggi vigenti sarà elastica, accomodante, e che non gli arrecherà alcun danno sostanziale. Definirci Repubblica delle banane sarà un modo edulcorato di pensare a ciò che davvero siamo

  • Arcelor Mittal si è aggiudicata la gara, di evidenza europea, sulla base della presentazione e dell’accettazione di un Piano Industriale che conteneva precisi impegni in termini di garanzia dei livelli occupazionali, di investimenti per la bonifica del sito e garanzia dei tempi per la realizzazione delle necessarie attività. Peraltro, oggi il Fatto Quotidiano ha pubblicato un articolo nel quale si rivela che già nel 2017 i tecnici esperti dei Commissari governativi cui era stata affidata la gestione dello Stabilimento, avevano bocciato il Piano Industriale, giudicandolo carente e inattuabile, il che non impedì a Calenda di aggiudicare comunque la gara al consorzio franco-Indiano… Concedere all’Azienda di cambiare anche solo una di questi impegni contrattuali presta indubitabilmente il fianco a prevedibili azioni di rivalsa da parte dei competitori, e quindi non vi sarebbe altra strada che quella di riaprire le fasi di gara e la gestione delle procedure d’appalto, con i tempi che ne conseguono.

Siamo in un vicolo cieco, e in questa vicenda non è in gioco solo la salute dei Tarantini, della quale è già stato fatto scempio da decenni, la tutela del posto di lavoro per migliaia di operai che rischiano di finire in mezzo a una strada, ma la credibilità stessa di un’intera classe politica, di maggioranza e di opposizione, già ampiamente e forse irrimediabilmente compromessa, e in definitiva del nostro stesso Paese.

La tragedia dell’ex ILVA

E’ frustrante dover constatare che quanto hai capito e metabolizzato della vita vissuta fin qui non ti è servito per comprendere fino in fondo come davvero funzionano le cose, in questa strana società nella quale viviamo, che pare attribuire priorità e importanza ad aspetti che, per quanto mi riguarda, andrebbero valutate con diverso impatto, rispetto a ciò che invece si fa.

Sono nato a Taranto, vi ho vissuto per tantissimi anni, amo la mia città d’origine, dalla quale mi sono allontanato perché portato altrove dalle dinamiche legate alla mia professione: ma ciò non mi impedisce di continuare ad amarla, a seguirne con passione le vicissitudini, ci torno ogni volta che posso, e mi rende triste dover rilevare che quella città dalla storia millenaria e gloriosa oggi è assurta agli onori della cronaca per vicende drammatiche, e che la pongono in una condizione tenebrosa che non merita.

E’ di ieri la notizia che Arcelor Mittal, la cordata franco-indiana che si è aggiudicato il contratto d’acquisizione dell’acciaieria ex-ILVA, intende abbandonare il sito, e interrompere le attività produttive, come conseguenza dell’abolizione dello scudo penale decisa dal Governo.

Ciò significherebbe, ove la minaccia si concretizzasse, la chiusura dello Stabilimento, con le evidenti ricadute sul piano occupazionale, e la sospensione delle attività di bonifica dell’impianto: un vero e proprio cataclisma, che produrrebbe un danno incalcolabile per un territorio già drammaticamente provato da una crisi economica e sociale devastante.

Naturalmente, data la rilevanza della notizia, ieri tutti gli organi d’informazione si sono concentrati sul fatto, dandogli il risalto che merita, sia sulle reti RAI che su quelle commerciali.

Ieri sera, durante il prime time, sono andati in onda, rispettivamente su Rete4 e LA7, i talk show “Stasera Italia” e “Otto e mezzo”: vediamo chi erano gli ospiti delle due trasmissioni.

Stasera Italia: Vittorio Sgarbi, Alan Friedmann, Marcello Sorgi, Massimiliano Romeo, Fabio Dragoni

Otto e mezzo: Carlo Calenda, Gianrico Carofiglio, Alessandro Sallusti, Luca Telese

A seguire, sempre su Rete4, anche a “Quarta Repubblica” si è parlato del medesimo tema, e sono intervenuti di nuovo Calenda, Sallusti e Telese.

Non mi interessa discutere delle rispettive posizioni, sia per quelle che condivido, sia per quelle che non mi convincono: la faccenda è di tale complessità e gravità, che non può essere ridotta a una guerra di religione tra opposte fazioni: vi sono realtà oggettive, basate su dati registrati e comprovati, rispetto alle quali ogni discussione è sterile e strumentale.

Ciò che invece mi preme osservare è quanto segue: nel corso degli interventi di tutti i personaggi che ho citato, tutte le riflessioni si sono riferite alle ragioni dell’economia, della finanza, del contratto.

Ai dibattiti cui ho assistito, resistendo più volte alla forte tentazione di scagliare un peso contro la televisione, tanta era la rabbia che ho provato, mancava il classico convitato di pietra: una significativa rappresentanza dei Tarantini, quei cittadini innocenti e incolpevoli che da decenni si ammalano e muoiono, vedono ammalarsi e morire i loro congiunti e i loro figli, spesso neonati, la cui unica colpa è quella di essere nati in una terra della quale, evidentemente, alla classe politica tutta, succedutasi da cinquant’anni in qua, non frega assolutamente nulla.

E allora, giù con considerazioni quali, per esempio:

  • la fabbrica genera l’1,4 dell’intero PIL nazionale, e la sua chiusura sarebbe un danno per l’intera Italia

  • la nostra Nazione non può rinunciare all’acciaio, ne va del futuro della sua industria pesante

  • la chiusura dell’ex ILVA costringerebbe ad abbandonare il mercato dell’acciaio e a importarlo dall’estero

  • l’ex ILVA è una fabbrica di interesse strategico nazionale, e come tale la sua chiusura non può essere tollerata.

Tutto vero, tutto giusto, ma spero che qualcuno più avvertito e informato di me sia in grado di rispondere a questa domanda: se l’ex ILVA vale l’1,4 del PIL, quanti punti valgono le vite e la salute delle decine di migliaia di Tarantini ammalati di cancro, e le decine di migliaia di Tarantini morti per patologie oncologiche direttamente conducibili alle emissioni nocive della fabbrica assassina?

https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/taranto/1175769/mamma-dona-quadro-con-teschio-a-ministro-bellanova-mio-figlio-ucciso-da-diossina.html

Vi assicuro che nessuno degli ospiti delle trasmissioni che ho richiamato si è preoccupato di fare anche solo un semplice cenno al problema della salute, della necessità di garantire ai Tarantini gli stessi diritti dei quali godono gli altri Italiani, pur sanciti dalla Costituzione vigente, alla quale tutti ci richiamiamo, ma solo quando ciò ci aggrada, il cui art. 32 garantisce “la tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”: addirittura Marcello Sorgi, noto giornalista normalmente equilibrato e informato, ha affermato che il nesso causale tra inquinamento e malattie è tutto da dimostrare, frase della quale farebbe bene a vergognarsi e che cozza con la realtà dei fatti.

Tutta la discussione si è invece sviluppata attorno alla questione dello scudo penale, ovvero quell’autentico obbrobrio giuridico messo in campo nel 2015 dal Governo Renzi, poi confermato durante la stipula del contratto e ora abolito dall’attuale Governo con i voti, oltre che del M5S da sempre avverso al provvedimento, del PD e di Italia Viva dello stesso Renzi: cioè quelli stessi che lo hanno introdotto, ora lo bocciano, ennesima dimostrazione di quanto siano pagliacci i nostri politici.

Lo scudo penale, condizione sine qua non perché Arcelor Mittal non abbandoni il campo, garantisce all’Azienda l’impunità nella realizzazione dei lavori contenuti nel cronoprogramma sottoscritto dalle parti: Gianrico Carofiglio, con il quale normalmente dissento, ieri sera ha spiegato con chiarezza e lucidità quanto questa folle iniziativa sia sbagliata e insostenibile, giacché la norma giuridica è generale e astratta, e un dispositivo che assicuri a un esclusivo soggetto (Arcelor Mittal nello specifico) un siffatto privilegio non è sostenibile e, con ogni probabilità, soggetto a un giudizio di in costituzionalità.

Cogliendo di sorpresa l’ineffabile e fenomenale Calenda, come sempre pieno di sé e autoconvinto delle sue miracolistiche doti, autoreferenziale e velleitario, il quale pur di difendere la sua azione, a mio avviso tutt’altro che positiva, è incorso in un errore grossolano che mette a dura prova la sua immeritata fama di persona competente e affidabile, allorché ha affermato che lo scudo penale è assolutamente corretto perché la legge all’interno della quale era inserito ha passato il vaglio del Quirinale.

Carofiglio, con serafica pazienza, ha dovuto spiegargli che quello del Quirinale è solo un esame per verificare palesi aspetti di incostituzionalità, e che il vero e definitivo giudizio è quello dell’Alta Corte: giova ricordare che la Procura di Taranto ha presentato un ricorso a tal proposito, le cui possibilità che venga accolto sono estremamente alte.

E va anche considerato che la minaccia di Arcelor Mittal di chiudere lo Stabilimento è di tutt’altro che semplice fattibilità, perché in ogni caso dovrà essere un tribunale a stabilire se le ragioni addotte dall’Azienda sono sufficienti perché si possa arrivare alla risoluzione del contratto, non basta che sia la stessa Azienda a deciderlo con un atto provocatorio e strumentale.

La verità è un’altra: l’Azienda non ha alcuna intenzione di rispettare il cronoprogramma, pur liberamente sottoscritto, e la prova è che la Procura di Taranto (secondo qualcuno colpevole di essere intervenuta a tutela della legge, quasi che perseguire i reati non sia suo preciso dovere, a tutela dell’ordine e del rispetto delle regole) le ha ingiunto di dare immediato impulso ai lavori di messa a norma dell’Altoforno 2, non ancora iniziati a dispetto degli impegni assunti, pena lo spegnimento dello stesso.

E non solo: la stessa Azienda ha programmato la messa in Cassa Integrazione di 5000 operai, visto il calo della produzione dovuto al crollo del prezzo dell’acciaio sul mercato internazionale, in totale disaccordo con il dettato contrattuale.

Quindi concludo con due considerazioni finali:

  • i politici, i commentatori, i presunti autorevoli giornalisti, si vergognino per non porre in doveroso rilievo il drammatico problema della tutela della salute dei Tarantini, da tempo minata da un comportamento criminale dall’establishment che ha privilegiato interessi di parte e di bottega, piangendo lacrime di coccodrillo dinnanzi ai lamenti di autentico dolore delle mamme e dei padri dei bambini innocenti morti per le mefitiche esalazioni della fabbrica assassina. Questo assassinio di stato (la lettera minuscola è voluta) non può continuare, dove non interverrà la giustizia su questa Terra lo farà quella divina, ne sono certo

  • l’attuale Governo non ceda al bieco e turpe ricatto dell’Azienda, le cui ragioni sono false, strumentali e non sostenibili, e la costringa a rispettare gli impegni assunti senza accampare scuse e pretesti. La legge è uguale per tutti, si rispetti il cronoprogramma sottoscritto dalle parti, nessuno potrà accusarla di colpe pregresse, ma non può pensare di fare profitto sulla pelle dei Tarantini.

La politica deve garantire il benessere della gente che elegge propri rappresentanti, la salute è un diritto, non una gentile concessione, chi non tiene a mente questo comandamento mandatorio non è degno del ruolo che occupa e va giudicato per le nefandezze delle quali si rende protagonista, senza pietà.

E io, per tornare alle considerazioni che esprimevo in apertura di questo scritto, dovrò ripensare ai miei principi, ai quali tuttavia non intendo rinunciare: pensavo esistesse coscienza, dignità, sentimenti di comprensione rispetto ai problemi del prossimo, e invece tutto si piega alla meschina logica del mercato, dell’economia, dei numeri e della finanza.

E’ spiacevole doverlo constatare ma la storia e la cronaca sono lì a dimostrarlo con assoluta e implacabile evidenza.

Igiene istituzionale…?

Il Governo Conte-bis è operativo da circa due mesi, ed è alle prese, in questi giorni, con la definizione della manovra di bilancio, attività come sempre laboriosa e di difficilissima gestione, giacchè tutte le forze che appoggiano la compagine di turno cercano di attestarsene le misure a lor più congeniali, e di affossare quelle sulle quali non concordano.

Ciò appare ancora più evidente nel caso del Governo attualmente in carica, data l’estrema eterogeneità delle forze che lo compongono, dando vita a una sorta di quadripartito formato da M5S, PD, LeU e Italia Viva.

Come si vede, si tratta di una coalizione che poggia su tre partiti usciti sconfitti dalle ultime elezioni, di qualsiasi ordine e grado: il PD ininterrottamente dal 2014, quando vinse le Europee sull’onda dell’entusiasmo per una nuova leadership, quella di Renzi, per poi perdere sempre e ovunque, fino a una settimana fa, quando ha rovinosamente perso le Regionali in Umbria, dove governava da cinquant’anni.

Il M5S, che dopo l’innegabile successo conseguito nelle politiche del marzo 2018, ha inanellato una sequenza di batoste che ne ha di fatto più che dimezzato i consensi, fino alla clamorosa legnata delle Regionali in Umbria, dove ha ottenuto uno sconsolante 7%.

E che dire di Leu, la cui percentuale non supera nel migliore dei casi il 2-3% e che, dopo essersi scisso dal PD in aperto disaccordo con la politica di quel partito, ora fa con lo stesso un’alleanza di Governo ottenendo, guarda un pò, l’ambita poltrona del Ministero per la Salute.

Naturalmente, i tre partiti appena citati, durante il periodo del governo Lega-M5S, si sono scambiati insulti, offese, contumelie, volgarità di ogni specie più adatte a un postribolo che non alla casa delle Istituzioni, salvo poi rimangiarsi tutto pur di accaparrarsi poltrone ministeriali e non, dando prova di trasformismo e mancanza di coerenza decisamente insopportabili: altro che bene dell’Italia, non ci crede nessuno che abbia un minimo di spirito critico e di buon senso.

E poi c’è la quarta forza, ovvero quell’Italia Viva, nata poche settimane fa per via dell’iniziativa spericolata dell’ineffabile Matteo Renzi il quale, dopo essere stato il principale artefice della nascita del Governo, lanciando l’idea dell’innaturale alleanza tra M5S e PD, dopo aver negato qualsiasi possibilità che ciò accadesse solo fino a pochi giorni prima, ha deciso la strada della scissione dal partito del quale è stato a lungo Segretario, portandolo a una serie infinita di sconfitte, fino a conseguire il 4 marzo del 2018 la peggiore disfatta nella storia della sinistra italiana, a far seguito alle batoste subuite durante la sua infausta gestione, dal referendum costituzionale del 2016, alle regionali, amministrative e via così.

In un Paese  normale, nel quale i politici avessero a cuore le sorti dello Stato e non solo le proprie personali ambizioni, un personaggio del genere si sarebbe ritirato a vita privata, tenendo fede peraltro a una sua solenne promessa alla quale come sempre ha mancato, e si sarebbe trovato un lavoro, lasciando ad altri il compito di amministrare la cosa pubblica: un uomo deve tenere fede alla propria parola, se non vuole essere giudicato un quaquaraquà, per usare una definizione di Leonardo Sviascia che come tali appellò coloro i quali non hanno nessuna credibilità e dignità.

Ma il mio negativissimo giudizio complessivo su Renzi è noto a quei pochi che leggono i miei scritti, e quindi non vale la pena che mi ripeta: ciò che mi preme è commentare il comportamento del nostro eroe in questi giorni.

Renzi ha fondato il suo partito attingendo al PD, dal quale sono fuorusciti un gruppo di Deputati e Senatori in numero sufficiente perchè fosse possibile formare i gruppi parlamentari nelle due Camere, lasciando all’interno dello stesso PD altri suoi adepti, il Ministro Bellanova in primis, quasi a fare la guardia al cortile e da sentinelle in grado comunque di riferirsi a lui, in caso di necessità.

Altri, più o meno riconducibili alla sua area, come per esempio Del Rio, Marcucci, Romano, Malpezzi, Ascani, fino al mitico Lotti, sono restati nel PD, e non si sa bene quale sia lo scopo di questo strano e anomalo comportamento.

Ciò premesso, in questi giorni Renzi cannoneggia il Governo, ed erge a suo bersaglio preferito quell’altro campione di coerenza e di credibilità del Presidente del Consiglio, quel Giuseppe Conte che è passato con assoluta nonchalance dal Governo con la Lega a quello col PD, rinnegando sè stesso e la sua attività: insomma, se non siamo su Scherzi a parte, poco ci manca.

Renzi lo tiene per la collottola, e a poco servono le rassicurazioni sulla stabilità del Governo e della stessa legislatura, che lo statista toscano elargisce a piene mani: la credibilità del personaggio è tale che conviene non dare alcun credito alle sue dichiarazioni, come la cronaca dimostra, e le sue ambizioni autentiche sono certamente altre.

Il mercato delle vacche continua, e altri voltagabbana, eletti nelle rispettive liste e ora pronti a cambiare bandiera in cerca di visibilità e chissà, magari qualche futura poltrona, sono pronti ad aderire al nuovo storico progetto,

Ma quello che veramente indigna è la recentissima sua dichiarazione, cha lascia francamente senza fiato: “Questo governo è nato in emergenza per rispondere allo strappo leghista. Con le elezioni anticipate avremmo avuto l’aumento dell’Iva, i pieni poteri a Salvini, un capo dello Stato No Euro e tensioni sui mercati. Con il blitz di agosto abbiamo eliminato in un colpo solo tutti questi rischi: rivendico l’operazione di igiene istituzionale che abbiamo fatto”. E pazienza se la maggioranza degli italiani, sondaggi alla mano e come dimostrano tutte le utlime elezioni, pensa l’esatto opposto: a Renzi della Costituzione non frega nulla, e per lui il concetto di sovranità che appartiene al popolo è un inutile orpello da ignorare, quando e se non si rivela funzionale ai suoi interessi.

L’espressione che egli ha adoperato è inammissibile, sconcia, irresponsabile e ne mette in luce l’assoluta mancanza di rispetto verso chi esprime opinioni contrarie alle sue, e che sono evidentemente milioni di persone: dovrebbe rammentare che, allo stato dei fatti, nessuno gli ha conferito un mandato a portare avanti le sue posizioni, peraltro strumentali, anzi con il voto gli è stato chiaramente detto che le stesse non sono condivise.

Dovrebbe ricordare che in democrazia esiste un solo caso di igiene istituzionale, ed è quello di rimettersi al giudizio insindacabile del corpo elettorale, il quale è l’unico giudice inappellabile cui è devoluto di stabilire a chi debba essere affidato il compito di gestire la cosa pubblica: altrimenti è perfettamente inutile riempirsi la bocca di concetti altisonanti che richiamano alla libertà, agli eroi della Resistenza al nazifascismo che con il loro sacrificio ci hanno donato la possibilità di liberarci dalla tirannia.

Belle parole, ma alla fine dei conti solo retorica, tanto poi si va a votare e chi perde governa, mentre chi vince è automaticamente bollato come indegno, pericoloso per le istituzioni democratiche, naturalmente fascista, pur in assenza di fascismo, se non è quello schierato dalla parte politicamente corretta.

Renzi sarà certamente forte nei palazzi del potere, all’interno dei quali sa come muoversi, avvezzo com’è alle manovre che si sviluppano nei corridoi e nei salotti degli stessi, ma non lo è certamente tra la gente, come dimostrano i sondaggi che da un lato accreditano al suo partito percentuali tra il 4 e il 6%, e che dall’altro attestano la sua bassissima popolarità: tanto è vero che ha il timor panico di andare a nuove elezioni, conscio del fatto che non è assolutamente detto che il successo possa arridergli.

E quindi continua a perseverare nel suo atteggiamento di Ghino di Tacco dei poveri: ogni riferimento a Bettino Craxi, più volte richiamato anche dagli organi di stampa, è totalmente fuori luogo, quello era un Politico di vaglia, uno Statista, sul quale con il tempo la storia darà il suo giudizio definitivo, probabilmente rivalutandone l’attività, e al suo confronto Renzi è soltanto una scialba e scolorita controfigura, con buona pace  dei suoi fedeli e mai rassegnati seguaci.

Io credo che prima o poi Renzi cederà alla sindrome dello scorpione, da cui è affetto, e si inventerà qualche tranello per far cadere Conte, eventualità che a me non dispiacerebbe affatto, ma in quel caso la prosecuzione della legislatura, con un altro Presidente del Consiglio ma con la stessa compagine governativa dovrebbe essere assolutamente esclusa: e non se ne abbiano a male gli insigni costituzionalisti della domenica, che leggono le pagine della Carta solo nelle parti che a loro piacciono, richiamando concetti che tutti conosciamo e condividiamo ma che non sono i soli dei quali tenere conto.

La nostra è una Repubblica parlamentare, ed è certamente vero che le maggioranze si formano in Parlamento, e ciò fa sì che l’attuale Governo sia assolutamente legittimo e titolato a sviluppare la sua azione, ma non si può impunemente rimanere sordi ai richiami dei padri costituzionalisti, da Mortati a Spadaro, da La Rocca a tanti altri, che hanno argomentato che quando è evidente che la volontà popolare disegna uno scenario oggettivamente e sensibilmente differente dai rapporti di forza delle Camere parlamentari, è assolutamente plausibile lo scioglimento delle stesse e ridare la parola al popolo, perchè eserciti il proprio diritto al voto.

Lo sappia Renzi, che da quest’orecchio pare non sentirci, e voglio sperare che qualora questo Governo dovesse cadere, le forze che lo sostengono diano una pur tardiva prova di coerenza e onestà intellettuale, non cedendo alla tentazione di perpetuare una situazione imbarazzante, a dir poco, e di abbandonare la via del trasformismo e del pervicace attaccamento alle poltrone: e che lo stesso faccia il Presidente della Repubblica, prendendo atto del fatto che non vi sono più le condizioni per continuare con questo squallido spettacolo, e che votare è un esercizio di normale democrazia, non un pericolo sociale da evitare come la peste.

Renzi si presenti alle elezioni, si confronti con l’elettorato, prenda atto del risultato e faccia valere il consenso del quale sarà accreditato: la sua credibilità è sotto i livelli di guardia, nonostante la grancassa che i mass media continuano inspiegabilmente a riservargli, e il solo modo per cercare di recupararla, seppur in parte, è quello di assumere un comportamento serio, responsabile, leale, scevro da interessi personali e strumentali, funzionali soltanto alle sue oscure manovre.

Dubito che ne sia capace, visti i precedenti, ma sperare non fa mai male, chissà che non possa finalmente verificarsi un miracolo…

 

 

L’informazione è di parte

In questi giorni, il teatro della politica ci propone il consueto spettacolo della definizione della manovra finanziaria, rito al quale nessun Governo, di destra o di sinistra o del nulla, come l’attuale, non può in alcun modo sottrarsi: al momento, i dettagli delle singole iniziative non sono ancora stabiliti, e in Parlamento si assisterà, come sempre, alla battaglia con la quale ciascuna parte politica cercherà di ottenere qualche singolo e specifico vantaggio da presentare come uno storico successo.

Quindi, nessun commento nel merito dei singoli provvedimenti, sia perchè, come già accennato, non ancora noti, ma soprattutto in quanto  è praticamente certo che la manovra non conterrà alcuno spunto meritevole di essere considerato significativo e veramente utile per la crescita economica del Paese, e per il raggiungimento di un qualche risultato tangibile sulla strada di una maggiore equità e giustizia fiscale: la classe politica miserrima che in questi anni è alla ribalta non è capace di tali iniziative nè ha il coraggio di intraprenderne.

Ma allora perchè scrivere questo post?

Perchè, a mio avviso, in queste ultime settimane la deriva del sistema dei mass media, già apparsa evidente da tempo, e l’assoluta parzialità della quale sia i giornali, nella loro gran parte, sia l’informazione radio televisiva stanno dando tangibile e oggettiva prova, sta raggiungendo livelli francamente intollerabili, tanto da far ragionevolmente dubitare del fatto che gli operatori del settore, soprattutto quelli reputati più autorevoli e importanti (seppur spesso per autoattribuzione…) siano effettivamente in buona fede.

Una prova di cio?

Ecco l’elenco dei commentatori che ieri sera popolavano i vari talk show andati in onda sulle varie emittenti:

Otto e mezzo (LA7): Carlo Calenda, Chiara Geloni, Luca Telese

Piazza pulita (LA7): Carlo Cottarelli, Marco Damilano, Alessandro De Angelis e, dulcis in fundo, Richard Gere

Stasera Italia (Rete4): Maria Elena Boschi, che ha tenuto di fatto un comizio di un’ora per pubblicizzare Italia Viva e la Leopolda, Giampiero Mughini, Alessandro Lenzi e Giovanni Minoli

Diritto e rovescio (Rete4): Maurizio Belpietro, Claudia Fusani, Francesca Fagnani, Matteo Ricci, Gianluca Brambilla

Naturalmente ne avrò saltati altri, sono certamente masochista, visto che mi ostino a seguire tali trasmissioni, sia pure in parte, ma proviamo a contare quanti, su un totale di sedici, sono in qualche misura collocabili nello scenario di centro destra e quanti in quelli di centro sinistra, escludendo dal novero Brambilla in quanto imprenditore e come tale non politicamente esposto.

E’ presto fatto: il solo Maurizio Belpietro, Direttore de La Verità e di Panorama!

Gli altri quattordici sono certamente collocabili a sinistra, qualcuno come politico militante, qualcuno come giornalista “simpatizzante”, per non parlare dell’ineffabile buddista Gere, il quale pontifica sull’accoglienza in casa d’altri, ma certamente non si sogna neppure di ospitare qualche migrante nelle sue ville di Bel Air o di Hollywood: insomma, accogliamo tutti, ma non nel mio giardino.

In soldoni, quattordici a uno, in nome della pluralità e dell’imparzialità dell’informazione libera e indipendente.

C’è un aneddoto che dice che un giornalista serio e credibile, sentito dire che piove, debba aprire la finestra e verificare la veridicità della notizia, per riportarla correttamente sul suo giornale: ho l’impressione che, di questi tempi, le finestre delle redazioni dei giornali, cartacei o televisivi, siano sbarrate, e piuttosto che verificare e fornire informazioni oggettive, si preferisca perorare la causa prediletta, in barba a qualsiasi criterio di oggettività.

Si veda, per fare un esempio, il caso dell’accordo di Malta sulla redistribuzione dei migranti: quello che era, agli occhi di chiunque avesse un pò di memeoria e spirito critico, un protocollo d’intesa assolutamente interlocutorio e basato su promesse che, sulla base della storia e dei fatti, sarebbero state prontamente smentite, è stato contrabbandato dai politici del Governo dei pagliacci come soluzione definitiva e storica al problema (e fin qui nessuna meraviglia, mentire è la cosa che i nostri politici sanno fare meglio), ma ricordo benissimo l’autorevolissimo Enrico Mentana affermare, durante il suo TG, che eravamo in presenza della svolta storica che avrebbe posto fine al dramma che è sotto gli occhi di tutti.

E ora che i nodi stanno venendo al pettine, che gli sbarchi sono triplicati e di redistribuzione non se ne parla nemmeno, nessun giornalista ha sentito la necessità di smentire sè stesso ammettendo di aver preso una topica, concedendo credito a un Governo nato grazie a una bieca manovra di palazzo, con un Presidente del Consiglio che si è reso protagonista di una giravolta disinvolta e cinica, degna del più virtuoso degli acrobati da circo e da una forza politica che è stata maggioranza nel Governo precedente (M5S) ma che ora sembra essere redenta dalla taumaturgica presenza del PD, il partito che detiene il record di indagati, dati oggettivi alla mano.

Operazione pienamente legittima, a norma della Costituzione, che va rispettata anche quando gli effetti prodotti dalla sua applicazione non rientra nella nostra soddisfazione, ma non vi è dubbio sul fatto che il Governo attuale sia lontano dall’espressione e dalla tendenza della volontà popolare, almeno stando a quanto hanno detto le ultime elezioni europee e sembrano indicare e ribadire gli ultimi e ricorrenti sondaggi.

Un sistema informativo credibile, corretto, equilibrato e conscio del fatto che se milioni di elettori si esprimono in un certo modo, non saranno certamente perchè tutti analfabeti funzionali, ma perchè in cerca di soluzioni che evidentemente tardano ad arrivare, e quindi dovrebbero limitarsi a esporre i fatti con obiettività, tenendo per sè i propri legittimi convincimenti, senza spacciarli come giudizi stentorei e definitivi, a mò di Tribunale della Cassazione.

Ma ciò non accade, i nostri giornalisti, fatta salva qualche rara e sparuta eccezione, preferiscono assecondare i propri editori, adottando linee editoriali che lisciano il pelo a qualle parte politicamente corretta che ritiene di essere depositaria della verità unica e e incontrovertibile, moralmente ed eticamente superiore e intellettualmente predominante.

Buon pro gli faccia: la mia convinzione è cha la gente comune, addestrata alla gestione quotidiana della vita vera e vissuta, è molto meno stupida di quanto si pensi, e poichè è abituata a fare i conti con i fatti che vive sulla propria pelle, non si lascia facilmente abbindolare dai soloni che pongono le loro riverite terga sui comodi divani dei patinati salotti televisivi e non, e si esprime liberamente nelle urne.

Sì, perchè prima o poi ci sarà concesso il privilegio di esercitare quello strano diritto/dovere del voto, nella speranza che, per una volta, se ne rispettino gli esiti: di partiti che vanno impunemente al Governo perdendo puntualmente le elezioni, francamente non se ne può più!

Politica, democrazia e social

Il quadro politico di queste ultime settimane è radicalmente cambiato, e tra domani e dopodomani il Parlamento dovrà votare la fiducia al nuovo Governo, basato sulla surreale alleanza tra il M5S e il PD, stabilita in barba alle tremende accuse, insulti e contumelie che i due novelli sposi si sono scambiati fino a pochi giorni fa, non certo per il bene dell’Italia, come vanno dicendo i maggiorenti dei due partiti, ma per un patto di spartizione delle poltrone e del potere, senza tenere in alcun conto il volere dell’elettorato che non sembra appoggiare, in questa fase, le due forze politiche.

Una volta ottenuta la fiducia, il Governo sarà pienamente operativo e inizierà la parte seconda del mercato delle poltrone, giacchè si dovranno individuare i 44 Sottosegretari e Vice Ministri, per completare la squadra e finire di occupare poltrone e sofà.

Ciò premesso, come è naturale,  in questi giorni sui social, e in particolare su Twitter, che è l’unico che seguo e frequento, vi è grande partecipazione su questo tema, e si confrontano le varie e diverse posizioni tra chi appoggia questa nuova formazione politica e chi invece la osteggia.

Sarebbe un bene, siamo in  democrazia (o meglio, crediamo di esserlo…), e il confronto civile, serio, pacato, argomentato, basato su elementi oggettivi, servirebbe a chiarire le rispettive idee, a sostenerle e difenderle, e a cercare di comprendere le ragioni di quelle contrarie, arricchendo il proprio punto di vista e renderlo più consapevole e ragionevole.

Purtroppo vedo che non è quello che accade, perchè invece si assiste a uno scambio vivacissimo e spesso truce e volgare di offese, improperi della peggiore specie, e non vi è alcuna volontà di rispettare le opinioni altrui, ma solo quella di affermare le proprie a tutti i costi, come se ognuno di noi fosse in grado di stabilire in maniera insindacabile qual è la sola e unica verità incontrovertibile e incontestabile.

Questa è una strana idea della democrazia e della libertà d’opinione e d’espressione, visto che assegna credibilità e dignità solo a chi guarda da una parte, assegnando a tutti gli altri il ruolo di spettatori, possibilmente silenti e succubi del pensiero unico e dominante.

Ora, come i pochi che seguono questo blog sanno, io sono uno di quei milioni di italiani che, nati e cresciuti politicamente a sinistra, con il trascorrere degli anni e con l’esperienza personale si sono spostati a destra, delusi dal fatto che le forze teoricamente progressiste hanno sempre più sposato idee e posizioni che con i loro valori di riferimento non hanno nulla a che vedere, e gli elettori le hanno punite in maniera evidente e oggettiva.

Ciò ha prodotto in chi guarda a sinistra un atteggiamento di chiusura verso chiunque osi mettere in dubbio la giustezza delle proprie tesi, convinti intimamente di essere eticamente, moralmente e intellettualmente superiori, in maniera fideistica e senza accettare discussioni.

E, come se non bastasse, chiunque metta in dubbio questo dogma è automaticamente bollato come fascista, senza dubbi e senza possibilità di redenzione: non rendendosi conto che, con un siffatto atteggiamento il vero fascista è proprio colui che muove questa accusa al suo avversario di turno.

Un esempio? Ieri ho risposto su Twitter a un intervento di Gianrico Carofiglio, uno degli intellettuali più vicini alla sinistra, che vede in lui un autentico vate, e che dimostra in ogni occasione una presunzione, un ferreo convincimento nelle proprie idee e che non lascia spazio a dubbi: da ex magistrato, ora scrittore di successo, usa le proprie idee e le proprie dichiarazioni come vere e proprie armi, e guai a chi osa contraddirlo, cerca di annichilirlo con dotte citazioni, invero un pò fruste e trite, e con sicumera.

E’ certamente un uomo di cultura, in grado di esibire un linguaggio forbito e piacevole, ma come in tutte le cose della vita, un minimo di umiltà e un pò meno di autoreferenzialità non guasterebbe: dalle idee diverse si può sempre imparare qualcosa.

Nel suo post ha espresso perplessità sul quanto ha scritto il giornalista RAI Sanfilippo a proposito di Salvini, che lo ha pesantemente offeso e soprattutto auspicando che la figlia del politico possa essere aiutata a superare lo stress provocatole dallo scomodo genitore, attraverso l’affidamento a strutture di sostegno psicologico: per queste e altre affermazioni contenute nel post, lo pseudo giornalista è stato pesantemente contastato da tantissimi, e apre che la stessa RAI abbia avviato un provvedimento nei suoi confronti.

Agli occhi di chiunque sia capace di un minimo di obiettività, affermazioni di questo tenore vanno condannate, senza riserve e distinguo, almeno secondo il mio parere.

Carofiglio lo ha criticato, ma ha concluso affermando che tuttavia molti tra quelli che lo accusavano probabilmente non avevano letto e compreso tutto il post, giustificando in parte il contenuto.

Io mi sono limitato a rispondergli dicendo che lo avevo letto in ogni sua parte e che mi pareva di poter affermare che fosse da condannare senza riserve, soprattutto per il riferimento alla figlia di Salvini perchè, se si può certamente criticare un avversario politico pur senza offenderlo ma con educazione, tirare in ballo figli e congiunti è assolutamente esecrabile.

Ebbene, mi sono arrivati deliranti risposte da parte di chi mi ha accusato di non saper leggere, di essere di parte, qualcuno mi ha offeso con volgarità gratuite e senza senso: uno di questi coraggiosi esponenti di una certa parte politica mi ha bloccato, solo perchè gli ho risposto allegando un link nel quale era possibile leggere che l’autore del post in discussione aveva rettificato le sue parole, affermando che aveva sbagliato nel citare la figlia di Salvini, praticamente ciò che sostenevo io. Evidentemente a certuni non fa piacere verificare gli elementi oggettivi, ma preferiscono una verità costruita e di parte.

Ora, dico io, cari sostenitori del PD (mi rivolgo a loro perchè sono i più facinorosi e violenti in questo atteggiamento), il vostro partito è al Governo per l’ennesima volta dopo aver perso tutte le elezioni di ogni ordine e grado degli ultimi anni, non ha voluto tener fede alla stessa sua risoluzione votata quasi all’unanimità nella Direzione del Partito di poche settimane fa, che stabiliva che in caso di crisi di Governo avrebbe chiesto le elezioni, salvo poi rimangiarsi la parola non appena ha sentito odore di poltrone, ha nove Ministri, avrà qualche decina di Sottosegretari, il Presidente del Parlamento UE e il Commissario Europeo, perchè non accontentarsi e vivere sereni, fino alla prossima giravolta?

Si vuole impedire a chi non la pensa nello stesso modo di esprimere liberamente il proprio pensiero, appellandolo come illiberale, se va bene, ignorante e capra, fascista e autoritario? Attenti, per l’eterogenesi dei fini queste accuse si ritorcono fatalmente verso chi le muove, e lo rendono non credibile e autorevole.

Prima di ergersi a giudici in terra del bene e del male (De Andrè dixit…), ci si faccia un esame di coscienza, se ci si definisce democratici lo si dimostri con i fatti e i comportamenti, e non solo con le parole: la gente riflette, ricorda e elabora il proprio pensiero.

E magari si arriverà  anche ad affermare che non  si può manifestare, non si può contraddire, non si può opinare, perchè chi lo fa è fascista…

E non è offendendo, dileggiando, gridando e affibbiando patenti gratuite che si afferma la giustezza delle proprie idee, ma si ottiene esattamente l’effetto contrario, come la storia dimostra: il problema è che la storia non la studia nessuno…